Appunti – Un’ambigua ospitalità

di Donato Nicoletti


Durante un viaggio si possono visitare siti storici, ma anche attraversare inconsapevolmente luoghi dove la storia deve essere ancora scritta. Viaggiare in moto offre l’opportunità di conoscere in modo diretto la storia di un luogo, di un popolo o di un passato glorioso magari sepolto dalla polvere del tempo e dall’oblio.

Per chi nutre interesse verso il cammino dell’uomo attraverso i secoli, quello di solcare terre lontane alla ricerca di conferme reali, dopo averne studiato i rudimenti nozionistici sui banchi di scuola, aggiunge sicuramente valore alla propria esperienza motociclistica e umana.

Fin dalla sua nascita il Pakistan si è sempre palesato sul palcoscenico internazionale avvolto da un fosco alone di ambiguità politica. In un Paese che fa del nazionalismo esasperato un vessillo a cui il popolo è votato per induzione, propagandata dall’ingerente ottusità del clero, l’unica etica accettata è quella del predominio culturale religioso, fortemente supportato dal potere costituito e dalle primitive logiche tribali che immobilizzano la popolazione in un claustrofobico recinto mentale.

Nel 2010, entrando in Pakistan dalla Cina, sperimentai direttamente sulla mia pelle quanto di vero ci fosse nella presunta ambiguità del Paese agli occhi dell’opinione internazionale, e quanto di buono invece il popolo pakistano è capace di offrire, soprattutto in termini di umanità. Durante le tre settimane seguenti ebbi modo di apprezzarlo anche nelle aree più remote, per cui tutto potrei dire dei pakistani tranne che non siano cortesi e accoglienti con chi si trova nella loro terra.

L’11 settembre 2010 mi trovavo ad Abottabad, al termine della Karakorum Highway – la strada che collega il Pakistan alla Cina – e non potei fare a meno di pensare a cosa rappresenta per l’Occidente questa data. Provavo a immaginare come e dove le sinistre figure dei leader talebani potessero nascondersi, magari poche centinaia di chilometri più a ovest tra le montagne dell’Afghanistan.

Il 2 maggio 2011 mi trovavo invece a Sumatra, in Indonesia, e la sera vagando in rete venni a sapere della dipartita di Osama Bin Laden, il leader di Al Qaeda, scovato e giustiziato in quella stessa Abbottabad che mi vide ospite a non più di due chilometri dal compound dove era nascosto lo sceicco del terrore, vanamente ricercato tra le montagne afghane.

Viaggiare in moto offre l’opportunità di conoscere in modo diretto la storia

Questo conferma ancora una volta la teoria che vuole la base sociale, pur nella sua indigente arretratezza, perlopiù gentile e disponibile con chiunque, mentre chi governa si vota spesso a una viscida e opportunistica ambiguità, intessendo in questo caso accordi con l’Occidente e tendendo al contempo la mano a chi l’Occidente ha deciso di combatterlo perseguendo una visione delle cose obsoleta, retrograda e moralmente inaccettabile.

Insomma, una ennesima dimostrazione di quanto sia labile il confine tra bene e male e di come quest’ultimo sia spesso generato da chi dovrebbe fare il bene della collettività, invece di alimentare gli interessi del proprio ego. Chi era che diceva che il pesce puzza dalla testa?

Cose Che Capitano pubblicato su RoadBook 35