Appunti – Unire i puntini

di Dario Tortora


Fino a che ora possiamo cenare? «Fin quando volete». Occorre prenotare? «Cosa?». La spiaggia è libera? «Certo, prendete il primo ombrellone che trovate disponibile». Sono stralci di conversazioni vissute in prima persona durante il nostro viaggio dell’estate scorsa nei Balcani, in varie località fra Bosnia, Serbia, Montenegro e Albania.

A differenza di quegli scaldaselle dei miei colleghi che hanno lo spazio del controeditoriale in fondo alla rivista, io sono sempre costretto a parlare dei massimi sistemi e invece stavolta uso queste righe per esternare il mio amore personale e senza riserve per questo pezzo d’Europa martoriato dalle vicende degli uomini, eppure strabordante di energie vitali, verso cui vi invito a dirigere quanto prima i manubri.

A solo una notte di navigazione dalle nostre coste troverete l’ultimo lembo di Vecchio Continente in cui poter esercitare liberamente alcune attività tanto care a noi motoviaggiatori.

Percorrerete strade ben asfaltate, panoramiche, con poco traffico, così da dare soddisfazione al desiderio di ruotare la manopola del gas, e anche stradine secondarie devastate per mettere alla prova le vostre capacità di guida.

Nella stessa giornata vi potrete infilare per sterrate a perdita d’occhio, senza dovervi intruppare in fila indiana nel contesto di un evento organizzato, ma godendo appieno del senso di spaesamento derivante dall’andare fuori dai sentieri battuti; quando si ha un po’ paura, ma ci si sente vivi proprio perché non si sa bene dove si andrà a parare.

Passerete giocoforza per Sarajevo, se ci si pensa la città più importante del XX secolo: lì ha avuto inizio il Novecento con l’attentato a Francesco Ferdinando d’Austria e lì è terminato con il vile assedio di 1.425 giorni da parte delle forze serbe.

Ma tutti i Balcani sono un fiorire ininterrotto di kitsch postcomunista, mescolanze etniche, sovrapposizioni storiche, intersecamenti di religioni, nomi rubati per saghe fantasy, forme architettoniche elementari e arcaiche oppure brutaliste e di propaganda.

Ci si sente vivi proprio perché non si sa bene dove si andrà a parare

In questo mare magnum caotico sguazzerà felice chi apprezza le differenze e le ama in quanto occasioni di cui inebriarsi. Di villaggio in villaggio avrete il privilegio di percorrere il tortuoso confine fra l’ospitalità ottomana e la schiettezza slava, passando per isole culturali latine, veneziane, greche.

Nella stessa cittadina troverete a pochi passi affollati bazar levantini ed eleganti viali austroungarici; cenerete alternando birra, vino, tè, caffè turco, grappa, anice, stando solo attenti a non sbagliare la comanda a seconda del locale.

Sono sfumature spesso sfuggenti da percepire e luoghi in cui non è per forza necessario capire tutto subito, ma proprio per questo di incommensurabile valore quando si coglierà poi l’opportunità di unire un po’ i puntini delle vicende umane su questo pianeta.

Editoriale pubblicato su RoadBook 39