Si è svolto sabato 24 febbraio l’incontro “Viaggio nella Dakar”, ospitato nella suggestiva cornice del Museo Fisogni a Tradate (VA). La tavola rotonda, diretta dal conduttore Franco Iannone, ha visto confrontarsi due generazioni di piloti del rally riconosciuto come tra i più duri al mondo.
di Antonio Femia – foto Dario Tortora
Nella sala riunioni allestita con centinaia di oggetti storici legati al mondo dei distributori di carburante, le vecchie glorie della Parigi-Dakar hanno snocciolato numerosi aneddoti riguardanti l’epoca pionieristica della competizione. Oltre a Ciro De Petri, sicuramente il più prodigo di storie divertenti e curiosi retroscena, erano presenti altri veterani come Roberto Mandelli, Ermanno Bonacini, Luciano Carcheri, Giuseppe Macchion e Diocleziano Toia che più volte hanno affrontato le sabbie dei deserti africani in sella a due ruote dalla potenza spropositata, come previsto dal regolamento dell’epoca.
Ieri e oggi
Sicuramente affascinanti i racconti dei veterani sui tempi d’oro, quegli anni Ottanta in cui la competizione era conosciuta da tutti e molto seguita grazie alle sponsorizzazioni dell’industria del tabacco che, oltre a finanziare i team, aveva molto a cuore per ovvi motivi la comunicazione dello spettacolo motoristico.
L’immaginario da “uomini che non chiedono mai” era alimentato anche dalle poche norme sulla sicurezza, affidata a mezzi altrettanto aleatori che spesso mettevano a repentaglio la vita stessa dei piloti. Sono stati citati non a caso Aldo Winkler, disperso per cinque giorni nel deserto del Niger e sopravvissuto grazie all’aiuto di una famiglia Tuareg, e l’arrivo al traguardo con le caviglie spezzate di Hubert Auriol.
A testimoniare l’evoluzione dei sistemi di sicurezza ci hanno pensato le nuove leve, rappresentate dai piloti Maurizio Gerini e Fausto Vignola che hanno partecipato alla competizione sudamericana di quest’anno, oltre a Silvia Giannetti, con all’attivo la partecipazione a dodici rally tra cui le Dakar 2010 e 2011.
Nonostante le cilindrate ridotte, i limiti di velocità, l’evoluzione dei sistemi GPS e l’obbligo di rispetto del corridoio di sicurezza di sei chilometri intorno al tracciato (uscendone, il pilota viene penalizzato in classifica e punito con ammenda monetaria) la Dakar ambientata in Sud America non ha certo perso in fascino né in durezza. Più semplicemente è stata ridotta la probabilità di lasciarci le penne e la cosa non può che farci piacere.
Domani
Il simpatico dibattito si è chiuso con la valutazione dei possibili scenari per il futuro della manifestazione, per la quale si prospetta un trasloco in Asia in seguito alla proposta, economicamente allettante, del governo cinese. Tutto il tavolo ha concordato sul fatto che, al di là del nome, il rally che eredita lo spirito dei tempi andati non può essere che l’Africa Eco Race, competizione che dal 2009 si svolge sulle stesse piste che hanno visto la gloria della Parigi-Dakar.
Oltre all’interessante e divertente dibattito, l’evento organizzato da PowerBike e da Off Road Passion è stato un momento di festa per gli appassionati delle due ruote all’avventura: nel cortile del museo Fisogni si sono potute ammirare le splendide repliche di alcune storiche Marathon della scuderia del rental Only Helmet, tutte noleggiabili per un’uscita sulle Alpi o per un viaggio nel loro habitat naturale.
Da non perdere, per tutti gli appassionati dei rally in terre esotiche, il report dalla Dakar 2018 sulle pagine del quarto numero di RoadBook a opera del nostro Michnus Olivier, che ha seguito alcune tappe della competizione raccontandoci l’aria che si respira dagli spalti e il piccolo rally privato che ogni spettatore deve compiere per riuscire ad assistere alla competizione.