Suzuki V-Strom 800DE, nata per l’esplorazione

Si è svolta nel sud della Sardegna la prova stampa della nuova Suzuki V-Strom 800DE, un anello di congiunzione tra la 650 e la 1050 che strizza l’occhio agli sterrati, senza perdere la sua vocazione da viaggiatrice.

di Marco Manzoni


Nella sala conferenze dell’albergo ci accoglie una dozzina di ingegneri giapponesi, giunti appositamente per la presentazione stampa della nuova Suzuki V-Strom 800DE. Ci spiegano che il team dall’Estremo Oriente tiene particolarmente a questo modello e hanno voluto presenziare in prima persona per raccontare il lavoro svolto, le caratteristiche della moto e rispondere a tutti i dubbi dei giornalisti.

Le specifiche tecniche le abbiamo sentite alla presentazione dello scorso novembre in occasione di EICMA. Si tratta di una moto completamente nuova, spinta da un propulsore inedito: un bicilindrico parallelo da 776 cc capace di erogare 84,3 CV e 78 Nm. Monta ruote da 21 pollici all’anteriore con pneumatico 90/90 e 17 pollici al posteriore con pneumatico 150/70.

Le sospensioni Showa regolabili hanno un’escursione di 220 mm, che è anche la medesima misura della luce da terra. Il serbatoio accoglie 20 litri di carburante e il peso complessivo in ordine di marcia ferma l’asticella della bilancia a 230 kg.

I numeri già li conoscevamo (compreso il prezzo di listino di 11.500 euro), quello che invece ci preme sapere è come si traducono in sensazioni di guida ed emozioni.

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La Suzuki V-Strom 800DE su strada

Iniziamo la nostra prova sotto una leggera pioggerella con l’ottimo asfalto sardo in condizioni di “bagnasciutto”, non le migliori condizioni per divertirsi tra le curve; ma l’ottima ciclistica, il bilanciamento dei pesi e le sorprendenti Dunlop Trailmax Mixtour di primo equipaggiamento ci permettono di pennellare delle divertenti pieghe sulla strada costiera che da Chia ci porta in direzione ovest.

Nonostante il 21” anteriore, tra le curve la V-Strom 800DE risulta agile e ben piantata a terra, si destreggia nei cambi di direzione rapidi e offre un bell’appoggio in percorrenza, tanto che nei pochi tratti asciutti arriviamo facilmente a sfregare a terra con le pedane.

Il motore è forse la componente che sorprende di più. Ai bassi regimi, spalancando il gas si agita col vigore di un bicilindrico a V per poi attaccare già dai 3.000 giri con la sua bella schiena e una spinta corposa che continua a crescere fin quasi alla zona rossa a 9.500 giri. È una spinta piacevole e divertente, mai spaventosa e sempre pronta.

Le marce entrano rapide una via l’altra grazie alla precisione del cambio quick shift bidirezionale molto rigoroso negli innesti. Forse è leggermente pesante nell’attivazione, ma non ne sbaglia una ed è probabile che la durezza sia dovuta ai pochi chilometri percorsi dalle moto in prova; siamo convinti che diventerà ancora più fluido dopo il primo tagliando.

È una spinta piacevole e divertente, mai spaventosa e sempre pronta

Data la presenza di alberi controrotanti appositamente studiati per ridurre le vibrazioni del bicilindrico ci aspettavamo una quasi totale assenza delle stesse, ma sono ancora leggermente presenti sulle pedane a partire dai 5.500 giri. Nulla di fastidioso, ma percepibili anche con i gommini installati.

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La protezione aerodinamica è stato un altro elemento di grande attenzione da parte dei tecnici giapponesi, nonostante il cupolino sia veramente piccolo e regolabile di pochi centimetri solamente agendo su quattro brugole. L’aria viene deviata sia verso l’alto, sia lateralmente in direzione dei paramani che a loro volta la spingono al di sopra delle spalle. Si ha quindi una buona zona di protezione che lascia esclusa solo la parte di testa al di sopra del naso, anche con l’impostazione più alta (lo scrivente è alto 187 cm).

La bolla d’aria che si crea è piuttosto stabile e le turbolenze sono ridotte al minimo anche per la parte di casco esposta. Il catalogo accessori però è ben fornito e per i viaggiatori offre, tra le altre cose, un cupolino maggiorato oltre che le barre laterali, un paramotore in alluminio (quello di serie è di plastica) i faretti aggiuntivi, il cavalletto centrale, la base allargata per il cavalletto laterale e il tris di valigie in alluminio.

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La Suzuki V-Strom 800DE in fuoristrada

Dopo una sosta caffè attacchiamo l’off road abbastanza bruscamente con un tratto di una decina di chilometri discretamente impegnativo: troviamo subito sassi smossi, canali scavati dall’acqua piovana e rocce appuntite.

In un primo momento avanziamo cauti perché non sappiamo cosa aspettarci dalla nuova V-Strom, ma vediamo la guida che ci precede passare sopra ogni asperità senza alcuna esitazione. Gli andiamo dietro e scopriamo subito che la moto riesce ad assecondare in maniera decisamente fluida sassi e avvallamenti.

Una parte del merito va alle Dunlop Trailmax Mixtour di primo equipaggiamento che dimostrano un’aderenza su fondo naturale inaspettata, ma si tratta comunque di gomme prevalentemente stradali e senza tasselli. È quindi deducibile che gran parte del lavoro lo faccia la ciclistica della Suzuki. Le sospensioni copiano egregiamente le asperità e il 21” anteriore mangia le piccole rocce senza lamentarsi. Anche il posteriore lavora bene con il cerchio da 17” offrendo buona trazione sulle salite con sasso smosso.

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Non sembra affatto di guidare una moto da 230 kg, la direzionalità dell’anteriore è molto ben gestibile e le reazioni della ciclistica alle asperità sono sempre prevedibili e ben controllabili.

La moto asseconda in maniera decisamente fluida sassi e avvallamenti

L’elettronica ha poi un ruolo di rilievo; tramite il blocchetto di sinistra è infatti possibile scegliere tra quattro impostazioni del traction control: tre livelli di intervento progressivi (oltre che disattivato) e una modalità “Gravel” dedicata all’off road che consente di far slittare la ruota posteriore per brevi tratti prima di intervenire.

L’ABS ha due livelli di intervento e la possibilità di essere disattivato alla ruota posteriore mentre le mappe motore sono tre: A, B e C che corrispondono a quelle che potremmo chiamare “sport” “touring” e “rain”.

Il tutto è configurabile a piacimento miscelando le diverse combinazioni per assecondare ogni situazione e i gusti personali di ogni pilota. Noi ad esempio abbiamo preferito la mappatura A in fuoristrada che restituisce una risposta dell’acceleratore sempre modulabile ma più reattiva e che aiuta quando si ha la necessità di far pattinare il posteriore. Su strada la mappa B ci ha invece soddisfatto per la quasi assenza di effetto on/off e la rotondità dell’erogazione.

Condividiamo appieno l’approccio che Suzuki ha voluto portare avanti con il progetto della nuova V-Storm 800DE perché ha trovato un ottimo compromesso tra utilizzo stradale e fuoristradistico, collocando la moto nella zona che più prediligiamo: quella del turismo d’avventura.

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Non è infatti una moto da enduro spinto (nonostante la scelta di utilizzare cerchi con camere d’aria che non ci fa impazzire), ma offre piuttosto delle soluzioni che restituiscono un comportamento di guida semplice e sincero, e che consentono di sentirsi a proprio agio in quasi tutte le situazioni, anche quando il fuoristrada diventa impegnativo. Il tutto mantenendo il comfort di una moto pensata per viaggiare con la sella comoda e un’attitudine a macinare chilometri su chilometri.

In quest’ottica molte delle scelte strutturali che potrebbero aver fatto storcere il naso ai maniaci del tassello duro e puro – vedi la configurazione 21”-17” anziché un più specialistico 21”-18” – assumono una logica ineccepibile. La Suzuki V-Strom 800DE non finge di essere ciò che non è. È una moto molto sincera che mantiene lo spirito della serie V-Strom: quello da ottima viaggiatrice che saprà portarvi senza battere ciglio ovunque vorrete andare.

Suzuki V-Strom 800DE
Motore
8.5
Ciclistica
9
Comfort (migliorabile con cupolino alto)
7.5
Versatilità
9.5
Pro
Ciclistica
Motore
Versatilità
Contro
Camere d’aria
Protezione aerodinamica
Cruise control non disponibile
8.6
Totale