Sam Sunderland si è aggiudicato la vittoria alla Dakar 2022 in sella alla GasGas e indossando un casco Airoh. L’azienda bergamasca ha quindi organizzato presso la sua sede una giornata di festeggiamenti insieme al campione britannico: l’occasione giusta per fargli due domande.
di Dario Tortora
«Voglio ringraziare tutto il team e i partner ma vi invito a fare un applauso a tutti i piloti della Malle Moto, loro sono sempre i veri eroi della Dakar a cui bisogna portare un enorme rispetto». Inizia così la giornata di festeggiamenti di Sam Sunderland i primi di febbraio presso la sede di Airoh, poco fuori Bergamo.
Il vincitore dell’edizione 2022 fa capire subito di che pasta è fatto: tanta simpatia, molto understatement tipicamente britannico, aneddoti pazzeschi dalla gara raccontati con disinvoltura.
Come quando fa l’elenco delle sventure sanitarie che gli sono occorse negli anni – l’ultima, una rognosa tendinite, operata due settimane prima della partenza – oppure quando cerca di trasmettere la difficoltà a interpretare il road book: «Leggerlo a 150-160 all’ora è come fare una partita a scacchi a velocità folli. Però è importantissimo riuscire a cogliere anche i particolari più piccoli, sopratutto le note; è lì che si fa la differenza nella giornata».
RB: Quella di quest’anno è stata un’edizione particolare: fino all’ultimo i piloti in lizza per il gradino più alto del podio erano almeno 5-6. Come hai vissuto la tua corsa per la vittoria?
SS: Per come è strutturata la Dakar parti prima dell’alba, dai il massimo per centinaia di chilometri e quando arrivi non sai neanche se sei ancora in gara, a che punto della classifica ecc. È molto stancante fisicamente, ma anche stressante psicologicamente. Allenarsi tutto l’anno come una bestia con qualsiasi condizione climatica e anche quando non si ha voglia è fondamentale per arrivare in Arabia Saudita con lo spirito giusto, per non mollare nei momenti difficili.
Arrivato al traguardo ho impiegato un po’ a realizzare e nessuno sembrava avere notizie certe: poi è arrivata la comunicazione ufficiale e sono esploso di gioia.
RB: La tua precedente vittoria risale al 2017, in America del Sud. Com’è cambiata la gara spostandosi nella penisola arabica?
SS: L’Arabia Saudita offre dei paesaggi surreali e la navigazione è più difficile perché il deserto certamente non scarseggia, ma mi manca il calore del pubblico sudamericano, che era incredibile. Anche un po’ gli estremi: nella stessa giornata si poteva passare dai 5 gradi sotto zero in Bolivia ai 45 in Argentina. Sarebbe bello se nei prossimi anni la Dakar si espandesse ai Paesi vicini, come l’Oman e gli Emirati Arabi Uniti.
Sam si è prestato al gioco per tutta la giornata, prima con la visita allo stabilimento Airoh, dove gli è stato donato un casco con livrea celebrativa che ha assemblato di persona, seguita da un brindisi con il fondatore Antonio Locatelli e poi con l’immancabile conclusione a suon di, burnout, derapate e impennate in cortile a bordo della sua GasGas.