Pozzis, Samarcanda: la presentazione del film a Como

Si è tenuta sabato 25 settembre presso il cinema Gloria di Como la prima lombarda del film “Pozzis, Samarcanda” che racconta il viaggio alla volta di Samarcanda del giovane regista Stefano Giacomuzzi e Alfeo “Cocco” Carnelutti, ex-pilota di speedway settantaquattrenne in sella a una moto autocostruita.

di Antonio Femia


Non si è trattato della semplice presentazione di un film negli spazi del circolo Arci Xanadù ma di una bella giornata in moto insieme ai protagonisti organizzata da LariusBikers, un gruppo di amici amanti delle motociclette e delle strade lariane che conoscono a menadito, che hanno accolto Cocco Carnelutti e Stefano Giacomuzzi come si conviene a un veterano delle due ruote e al regista che ne ha raccontato la storia.

Il circuito del Lario

Come un vero comitato d’accoglienza i centauri comaschi hanno organizzato un giro sul circuito del Lario: 36,5 chilometri tra Asso, Bellagio, Civenna e Lasnigo che furono teatro, tra il 1921 e il 1939, di una competizione motociclistica di grande popolarità, ribattezzata il Tourist Trophy d’Italia per la sua difficoltà.

Con un fondo per lo più in terra e pavé liscio come il marmo, il tracciato contava più di 300 curve e ben 550 metri di dislivello fino al suo punto più alto – la Madonna del Ghisallo a quota 754 – e veniva percorso per sei giri su un totale di circa 220 chilometri.

La prima edizione fu vinta da Amedeo Ruggeri su Harley-Davidson, che si aggiudicò il primo posto assoluto anche nel 1925. Tra i tanti piloti a parteciparvi, il più noto è sicuramente Tazio Nuvolari che si classificò primo assoluto per due volte.

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Oggi la strada è interamente asfaltata ma non ha perso il suo fascino, anche grazie al paesaggio che attraversa: il posto ideale per accogliere e celebrare un veterano delle due ruote come Cocco Carnelutti, che non manca di omaggiare targhe e monumenti lungo il percorso.

Il posto ideale per accogliere e celebrare un veterano delle due ruote

Vecchie glorie

Una celebrazione assolutamente non riservata, tantomeno esclusiva: all’appuntamento alle porte di Como ci sono decine di ammiratori su una varietà di moto imbarazzante: minacciose Harley, veloci MV Agusta, alcune dual sport, tante stradali, un nutrito gruppo di Moto Guzzi – inevitabile considerando la location – e addirittura un paio di Vespa Special. Da segnalare le due BMW F 650 GS che Alessandro Colombo e Andrea Bellini dei LariusBikers porteranno in Africa a dicembre per la Rust2Dakar.

A Cocco è stata affidata una Triumph Bonneville che ha molto gradito: «Bella, sembra una moto vecchia». È un piacere osservare la guida vecchio stile di Cocco su queste strade leggendarie: traiettorie fluide dettate dal peso del corpo che si sposta, accelerazioni e frenate progressive; non usa mai le frecce, ma indica con la mano la direzione che prenderà: un gesto che la dice lunga sul suo concetto di tecnologia motociclistica, come avrò modo di approfondire più tardi.

Pozzis, Samarcanda: una strana coppia

Terminato il giro ci si dirige allo Spazio Gloria, così chiamato dal circolo Arci Xanadù che nel 2007 ha riaperto i battenti dell’omonimo cinema per farne un centro culturale aperto al territorio, in cui la passione per la celluloide è elemento centrale ma non esclusivo. A presentare la pellicola al pubblico è Alberto Zappa, sostenitore di Pozzis, Samarcanda fin dai primi giorni del crowdfunding e membro dei LariusBikers.

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Si respira l’aria della festa a casa del nonno e lui, Cocco, non lesina sorrisi, aneddoti, pacche sulle spalle: ha una parola per tutti e tutti provano ammirazione per lui. Ugualmente socievole ma un po’ più defilato è Stefano, con il piglio dell’osservatore attento e curioso.

Si respira l’aria della festa a casa del nonno e Cocco ha una parola per tutti

Sono una strana coppia, quei due, ed è proprio lì la chiave del film: più che la storia di un viaggio in moto, sulla vita difficile di un uomo e il suo passato, il vero soggetto del film è il rapporto tra i due: un’amicizia improbabile, un legame come può essere quello tra nonno e nipote. A rendere più intenso quest’aspetto sono i dialoghi in friulano (niente paura, ci sono i sottotitoli) che danno al tutto un senso di intimità familiare.

Stefano Giacomuzzi – 22 anni nel 2018, all’epoca delle riprese – ha una laurea in Film production con specializzazione in documentari e cinematografia conseguita presso la Arts University Bournemouth.

Confessa di essersi avvicinato al mondo dei documentari perché sono un ottimo strumento per conoscere e approfondire le storie di personaggi interessanti ed è stato proprio un cortometraggio sulla figura di Cocco a far nascere l’amicizia tra i due.

Carnelutti è l’unico abitante di Pozzis, paesino abbandonato tra le montagne del Friuli, in cui negli anni 80 si è rifugiato a vivere da eremita in seguito a un incidente in gara e una lunga ospedalizzazione, durante la quale ha contratto il morbo di Crohn.

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A segnare il passato di Cocco c’è la torbida storia dell’omicidio di una donna, di cui si dichiarò subito colpevole. Non è chiaro se lo fosse davvero, ma questo gli è valso la condanna a dieci anni di carcere, ridotti poi a otto per buona condotta. È questo l’argomento su cui più volte Stefano prova a tornare durante il film in cerca di un modo per riabilitare la figura dell’amico, riluttante perché «il passato è passato e chi mi conosce sa come sono davvero andate le cose».

Come nasce un film di viaggio

«Quando Stefano mi ha proposto il viaggio ho accettato subito. Gli ho detto “Guarda, io ho settantaquattro anni e ho passato di tutto, non mi importa di nulla. Ma tu sei giovane, guarda che rischiamo la vita”. Alla fine mi ha convinto e ho deciso di fare questa cosa per aiutare Stefano, che ha una vita e una carriera davanti».

Il passato è passato e chi mi conosce sa come sono davvero andate le cose

Le chiacchiere con Cocco scorrono leggere. Dimenticate lo stereotipo dell’eremita schivo e misantropo; immaginate piuttosto un anziano arzillo contento di attaccare bottone anche con chi non parla la sua lingua: «In ogni Paese in cui vado cerco di vivere come loro, mi adatto e cerco di farmi capire come posso. In qualsiasi parte del mondo, se sei rispettoso e ti sai comportare, ti portano in palmo di mano».

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Cocco Carnelutti è arrivato a Samarcanda in sella a una moto con motore Harley-Davidson da 1.200 cc del 1939 con cambio Triumph e trasmissione a cinghia, il tutto installato su un telaio autocostruito.

Alla domanda sulla possibilità di compiere questo viaggio con un’altra moto, la risposta è categorica quanto prevedibile: «Sì, con una vecchia Guzzi o BMW, magari una GS 80 a carburatori. Niente elettronica: un po’ perché non mi appassionano le moto recenti, un po’ perché se si rompono sei finito. Devi avere la benzina sotto il naso, un pistone che va su e giù e due valvole che si muovono: così non può rompersi niente perché quei motori non hanno compressione».

Viene da chiedersi come sia venuta a Stefano l’idea del film: «In realtà l’idea è anche un po’ di Cocco, nel senso che lui voleva fare un viaggio sulla sua vecchia Harley verso l’Oriente; io ho identificato la meta con Samarcanda, forse in modo un po’ superficiale ma per noi è un nome emblematico. La destinazione è stata solo un pretesto: più che il viaggio mi interessava girare un lungometraggio su Cocco. Siamo stati incoscienti perché non sapevamo a cosa andavamo incontro ma era necessario perché, a saperlo, forse non saremmo neanche partiti».

Devi avere la benzina sotto il naso, un pistone che va su e giù e due valvole che si muovono

Il documentario, distribuito da Rodaggio Film, è partito grazie a un crowdfunding che ha riscosso molto successo nella comunità motociclistica ma sta incontrando il favore del pubblico anche fuori da quest’ambito: «Pozzis, Samarcanda è soprattutto un film su un’amicizia bizzarra e questo lo rende in qualche modo universale nella sua semplicità» afferma il regista. «Spero che una produzione così piccola riesca a farsi conoscere e a vincere la diffidenza del pubblico italiano verso i film sottotitolati. Mi piacerebbe che arrivasse nei cinema e per questo motivo sono contento della giornata di oggi: un film è davvero finito solo quando incontra il pubblico».

Un film è davvero finito solo quando incontra il pubblico

«Penso che il film è bello perché per la gente normale questa cosa è impossibile: un vecchio in moto, dove mai potrà arrivare?» ribatte Cocco. «è vero: siamo stati degli incoscienti ma io lo sono sempre stato, mai fatto un progetto. Per il pubblico è bello sapere che è possibile fare una cosa del genere, come anche vedere la nostra amicizia. La prima volta che ho visto il film mi sono imbarazzato perché gliene dico davvero tante e mi sono sentito un po’ in colpa. Ma gli voglio un bene che mai e quello che faccio è tutto per lui. Neanche mi interessa di essere riuscito nell’impresa».

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Calano le luci, parte la pellicola: sullo sfondo di paesaggi mediorientali un vecchio che ritorna ragazzo, un giovane obbligato a decisioni da adulto. Entrambi si cimentano in qualcosa di più grande di loro di cui vengono a capo grazie alla loro amicizia. Se pensate sia banale, vi sfido a guardarlo tutto senza il groppo in gola e gli occhi umidi.