È sempre difficile spiegare cosa renda il Travellers Camp un evento così speciale per chi nutre la passione dei viaggi in moto. Giunto alla quarta edizione, è ormai riconosciuto dai viaggiatori a due ruote a corto e lungo raggio come un meeting imperdibile, che ha fatto registrare quest’anno circa duecento partecipanti giunti da ogni regione d’Italia.
di Antonio Femia – foto Roberta Pastore, Antonio Femia
L’aria che vi si respira trasuda di quella tensione positiva tipica dei grandi eventi, quelli a cui si arriva con la certezza di passare due giorni tra persone speciali, per tornare poi a casa con qualcosa in più da qualche parte nel cuore. Se fosse un piatto sarebbe una di quelle ricette fusion di respiro internazionale che a ogni boccone riporta alla mente sapori di altre latitudini insieme ai profumi dell’infanzia, servita in un piatto di coccio in quantità considerevole.
La formula messa a punto negli anni dall’organizzatore Donato Nicoletti, viaggiatore di lunga percorrenza in Asia e Africa, si basa sulla convivialità e sul desiderio dei viaggiatori (o aspiranti tali) di condividere esperienze, dubbi, impressioni e facezie di avventure piccole e grandi in giro per il mondo.
Si arriva con la certezza di passare due giorni tra persone speciali per tornare poi a casa con qualcosa in più
La location è il villaggio ecologico di Granara, una manciata di fabbricati rurali poco distante dal fiume Taro, ai confini tra Emilia, Toscana e Liguria; un posto lontano dai rumori della civiltà che, una volta raggiunto, ripaga l’ospite dal brivido di essersi perso tra i vari sentieri sterrati che vi conducono. Un antico casolare ospita le cucine e le camerate per chi non ha voglia di montare una tenda, mentre l’area conviviale dell’evento è lo spazio Obelix che, non a caso, ricorda il posto in cui si tenevano i banchetti del noto fumetto francese: due ali semicircolari di panche rustiche in legno, riparate dal sole con una tettoia, con al centro lo spazio per il fuoco e, a pochi metri, il bar.
Fin qui tutto normale, più o meno. La cosa che spiazza è trovarsi davanti a un tendone da circo, piazzato come un oggetto metafisico alla de Chirico nel mezzo della campagna, con di fronte uno stuolo di moto parcheggiate e, poco più in là, i gruppetti di tende dei partecipanti.
Ma chi sono questi partecipanti? Niente più che appassionati di viaggi in moto giunti da un po’ tutta Italia col pretesto di ascoltare i relatori, viaggiatori anch’essi, che raccontano le loro esperienze in giro per il pianeta. Non aspettatevi però conferenze pompose e infinite: lo spazio per i racconti è il tendone da circo di cui sopra e la differenza tra relatori e pubblico è più fittizia che reale: lo scambio di informazioni ed esperienze avviene in maniera orizzontale e spontanea. Davanti al fuoco della sera o sorseggiando una birra ci si racconta di esperienze e progetti, ci si scambiano dritte e suggerimenti, si sogna a occhi aperti e si pianifica la prossima avventura.
Davanti al fuoco della sera o sorseggiando una birra si pianifica la prossima avventura
Nell’atmosfera che aleggia si ravvisa la determinazione di Donato nella creazione di un evento dove non ci siano star o supereroi vaneggianti di imprese impossibili. In un panorama di eventi esclusivi, questo si distingue per la sua inclusività: qui abbiamo tutti da dire e tutti possiamo imparare qualcosa.
Gli ospiti della quarta edizione
Il primo a intrattenere il pubblico nel tendone la sera del venerdì è Salvatore “Sasaplanet” Di Benedetto, la cui passione per la scoperta del mondo è ben riassunta dallo pseudonimo. Salvatore ha raccontato della sua esperienza in moto tra Etiopia, Sudan ed Egitto, parte di un attraversamento “a puntate” del continente nero che sta compiendo insieme ad alcuni storici amici, proprio quelli che una decina d’anni fa lo iniziarono alla dimensione del viaggio su due ruote nel sud-est asiatico.
Il racconto, condito di buoni contributi foto e video, è stato un ottimo spunto di riflessione su come un’apparente disavventura si possa trasformare in una liberazione dalle tappe programmate, oltre che nell’occasione della vera scoperta. La serata è proseguita allo spazio Obelix, tra chiacchiere e brindisi a non si sa cosa; ma tutto va bene quando si brinda, soprattutto se poi si va a nanna senza accendere un motore.
I workshop
Novità di questa quarta edizione sono stati i workshop, tenuti subito dopo il pranzo del sabato nella frescura dello spazio Obelix. Più che di lezioni – ché la panza piena è nemica dell’apprendimento – si è trattato di discussioni informali su diversi aspetti del viaggio tenute da chi ha approfondito gli argomenti con l’esperienza o per professione.
Si inizia con Alessandro “Wizz” Ciceri, che ci parla di come attrezzare moto e pilota per i raid invernali. La materia in questione è ben conosciuta dal relatore, che ama trovarsi nei posti giusti alle temperature sbagliate. Una passione nata per caso e scandita dal ritmo delle ferie, che hanno portato Alessandro a viaggiare più volte in periodo natalizio sotto lo zero, diretto a Mosca o Capo Nord. Da quest’ultima esperienza ha tratto il suo primo libro in cui, oltre al viaggio e alle sue difficoltà, descrive le modifiche tecniche da lui stesso apportate alla moto. La sua esposizione si è concentrata sui fattori che contribuiscono a un buon assetto e al comfort generale del pilota, non ultimo l’abbigliamento intimo.
Di pari interesse è stato il workshop tenuto da Gero Cacciatore, fotografo professionista di stanza a Berlino, che ha trattato il tema della fotografia in viaggio. Dopo aver illustrato le caratteristiche delle tre tipologie più diffuse di apparecchiature fotografiche (reflex, compatte, mirrorless), Gero ha introdotto i fattori problematici per chi ha necessità di utilizzare l’attrezzatura al di fuori di uno studio fotografico: peso, ingombro e discrezione. Molto interessanti le sue riflessioni sull’etica della fotografia, la distanza tra soggetto e fotografo, sul perché accorciarla e come. Ne è seguito un interessante dibattito col pubblico, dimostrazione di come il racconto fotografico sia un tema fortemente sentito nell’epoca storica di maggior produzione di immagini.
Tra le novità di quest’anno va segnalata anche la partnership con Clover. Grazie al supporto dell’azienda di abbigliamento tecnico, l’organizzatore ha selezionato un interessante progetto di viaggio a cui il brand vicentino ha fornito i suoi prodotti per un vero e probante test on the road. Per il 2017 la scelta è caduta su Fabrizio Cedrati ed Elisa Montagnini, prossimi alla partenza per Sudafrica, Botswana e Zimbabwe.
Donne in viaggio
Gli ultimi ritardatari arrivati nel cuore del placido pomeriggio tarderanno a montare la tenda: è l’ora dei racconti di viaggio e tocca trasferirsi tutti nel tendone la cui temperatura, a pomeriggio ormai inoltrato, è diventata sostenibile. Apre le danze Arianna “La Bionda sulla Honda” Lenzi con il suo reportage di stampo giornalistico dalla Bosnia, che ha esplorato a più riprese negli ultimi anni. Il suo interesse per i Balcani nasce dal desiderio di comprendere la vita quotidiana di quella terra che ventiquattro anni fa, mentre Arianna veniva al mondo nella vicina e tranquilla Italia, era funestata da uno dei più sanguinosi conflitti civili della storia europea.
Il racconto della giovane reporter parte da Zavidovići, sulle tracce di una delegazione di volontari italiani trucidati durante le infinite operazioni di guerriglia, per giungere a Sarajevo seguendo un percorso fatto di volti e gesti animati dalla determinazione di costruire un futuro e un’identità, personale e collettiva.
Chi invece doveva partire in gruppo e ha finito per scoprire una terra lontana in solitaria è Stefania Gnoato. La sua è una storia di coraggio, determinazione e, lasciatemelo dire, riscatto di genere al di là di ogni retorica. Stefania doveva partire con un gruppo organizzato – unica donna tra una manciata di uomini – per un mese tra Perù e Bolivia. Poco prima della partenza è stata scaricata dagli avventurosi gentiluomini col pretesto che, a loro avviso, una donna non avrebbe potuto completare il percorso.
La Veneta di Ferro ne ha fatto una questione di principio e ha deciso di partire ugualmente e in solitaria, mettendosi in gioco in prima persona e superando le inevitabili difficoltà di quelle terre con la sfrontatezza e l’allegria di chi non ha niente da perdere se non la propria autostima. Il suo racconto schietto e senza fronzoli ha appassionato e divertito la platea e dato spunti di riflessione su quanto spesso la fattibilità delle cose sia offuscata dalle abitudini consolidate. Per la cronaca: Stefania ha terminato il percorso, i gentiluomini di cui sopra no.
Viaggiatori allo sbaraglio
Per chi pensa che un viaggio in terre lontane o estreme sia fattibile solo da gente iperattrezzata e dopo una meticolosa preparazione, gli ultimi due ospiti sono la chiara dimostrazione che il mondo e bello perché è vario. Il “Late Night Show” del sabato sera è stato all’insegna del cabaret con Luigi De Santis che ha raccontato le sue tragicomiche avventure insieme allo storico compagno di viaggio Andrea Buitoni. Entrambi innamorati dell’Iran, che già avevano attraversato, una sera decisero di andare nel Dasht-e Lut, il deserto ai confini con l’Afghanistan dove è stata registrata la temperatura più alta sul pianeta. Così, solo perché esiste.
Il racconto è stato un susseguirsi di veri atti d’incoscienza, tra tentativi di attraversamento di posti dove non esiste la vita e sabbie mobili di laghi salati a chilometri dalle strade principali. Sempre soccorsi e amorevolmente derisi dall’umanità persiana, che mai delude le aspettative di ospitalità e amicizia. Una storia che altri avrebbero raccontato come fossero novelli Indiana Jones, magari omettendo le proprie debolezze e i propri errori. Luigi, invece, tra una risata e l’altra, ci fa capire che l’autoironia è la chiave migliore per sopravvivere ai propri errori. Soprattutto quando si è viaggiatori esperti come lui.
Un altro a cui in apparenza non si darebbero due lire è Maurizio “Momi” Zanni, che ha tenuto il “sermone della domenica”. Maurizio è uno dei miti di chi sta scrivendo. Il report del suo primo viaggio fatto in moto quasi dieci anni fa fino a Samarcanda con un 350 e attrezzatura da due soldi dimostrò che, se hai voglia di fare, arrivi lontano anche con pochi mezzi.
Maurizio negli anni è diventato un esperto di viaggi economici e stavolta racconta del suo giro del Vietnam a bordo di una piccola moto da enduro affittata sul posto. Costo totale 1.300 euro per quasi un mese dall’altra parte del mondo e decine di storie e aneddoti raccontati con ironia e umiltà.
L’evento sia avvia alla conclusione con l’ultimo pranzo insieme, tra scambi di numeri e indirizzi, pacche sulle spalle e un generale “Oh, ci vediamo l’anno prossimo!” Non sono saluti formali o di circostanza: ogni anno arriva qualcuno di nuovo che immancabilmente si ripresenta all’edizione successiva.
È qualcosa che ha a che fare con la voglia di condivisione che ha bisogno di spazi e tempo per essere approfondita
Mentre vado via lungo il corso del Taro mi sembra di lasciare casa dopo Natale o Pasqua, dopo aver passato pochi giorni intensi con persone affini che di certo ritroverò l’anno prossimo. Non è la solita storia della fratellanza tra motociclisti: è qualcosa che ha a che fare con la voglia di condivisione che ha bisogno di spazi e tempo per essere approfondita.
Ecco, se proprio un difetto bisogna trovarlo, è che il Travellers Camp dura troppo poco. In attesa della prossima edizione consoliamoci con il video dell’evento premendo il pulsante play in alto, mentre la galleria con le foto dell’arrivo di tutti i partecipanti è disponibile a questa pagina.