Fin da giovane sono sempre stato un grande appassionato della Parigi-Dakar e in qualche modo avrei voluto prendervi parte. Purtroppo non ne ho mai avuto l’occasione, ma posso dire di aver trovato un evento non competitivo che porta i partecipanti a vivere almeno una parte quelle emozioni: la Transitalia Marathon.
di Walter Di Maio
Questa magnifica manifestazione è figlia del leggendario rally degli anni ’80, ora rivisitato e ammodernato da Mirco Urbinati e dal suo staff. Questa avventura, rigorosamente a due ruote, percorre circa mille chilometri in quattro giorni (la manifestazione ne dura sei) attraversando i bellissimi territori che la nostra Italia ci offre in tappe variabili di anno in anno.
Si tratta di una manifestazione dura, per la qualità dei percorsi (su asfalto e off road) e per la natura stessa dell’evento, che in più di un’occasione porta allo stremo la volontà dei partecipanti, i quali, in alcuni casi, sottovalutano l’entità del tracciato: per prestanza fisica, le tappe impiegano diverse ore; per scarsità nell’equipaggiamento, io stesso mi sono trovato a soccorrere dei partecipanti privi dell’attrezzatura necessaria per un primo intervento; il terreno particolarmente impervio, una buona parte del tracciato segue percorsi intensi che permettono di mettersi alla prova con una soglia di difficoltà alta.
L’evento in più di un’occasione porta allo stremo la volontà dei partecipanti
Mi sento in dovere di elogiare tutto lo staff che fa l’impossibile per rendere la manifestazione accessibile a tutti; ogni sera si teneva un briefing in cui veniva spiegata la tappa del giorno successivo, elencando nel dettaglio il percorso in chilometri, il suo livello di difficoltà in una scala da uno a dieci e i punti di approvvigionamento per il carburante e di ristoro. Sul finire veniva resa nota la presenza di un percorso alternativo chiamato “soft” atto a permettere la percorrenza a maxienduro con un peso complessivo superiore ai duecento chili: non vuol dire però che il percorso fosse privo di emozioni, anzi!
È possibile prendere un percorso alternativo più semplice, adatto alle maxienduro
Personalmente la Transitalia Marathon mi ha regalato moltissime emozioni e, nonostante le difficoltà, alla fine di ogni tappa mi bastava una doccia e un’ottima cena per sentirmi pronto a ripartire. La preparazione e la partenza da casa le ho affrontate con l’unica compagnia della mia KTM 990 Adventure R, ma una volta arrivato a Rimini, in piazza Fellini dove si sarebbero aperte le danze, ho fatto la conoscenza dello staff e ho avuto il privilegio di essere il primo a effettuare il controllo del mezzo e dell’equipaggiamento da parte loro.
Durante l’evento ho fatto la conoscenza di altri solitari come me con i quali ho condiviso l’intera avventura e posso dire che si è creato un gruppo ben affiatato. Il percorso mi ha permesso di mettere a frutto le capacità di guida in fuoristrada che ho acquisito nel corso degli anni.
Non posso fare a meno di pensare al mio idolo Fabrizio Meoni e in maniera del tutto inaspettata ho avuto il grande onore di conoscere il figlio Gioele nell’ultima tappa a Castiglion Fiorentino: è stata un’enorme sorpresa arrivare in paese e trovare la moto di Fabrizio esposta per noi appassionati e incontrare Gioele alla sera, con il quale ho potuto scambiare qualche ricordo e rivedere suo padre nei suoi occhi mentre parlava e ancor più quando gli è stato chiesto di accendere la moto.
Sentirne il rombo ha avuto per tutti noi un forte impatto emotivo, soprattutto quando Gioele ha tentato di nascondere le lacrime.