Marocco in moto, una giornata tra piste e sterrati

Attraversare il Marocco in moto vuol dire viaggiare tra paesaggi duri che offrono non poche sorprese e tante situazioni memorabili. Il racconto di una giornata emozionante sulle sterrate che collegano le gole del Dades a quelle del Todra.

di Margherita Onofrio


La prima volta in Marocco è stata nel 2008 in sella a una Suzuki Freewind 650, una moto a cui sono molto legata perché la ritengo un mezzo ideale per una donna che fa lunghi viaggi sia su asfalto che in fuori strada.

Nel 2013 decido che un cilindro non è più sufficiente per le lunghe percorrenze in cui sono solita cimentarmi insieme a mio marito, perciò compro una BMW F 800 GS. E quale miglior modo di testare e prendere confidenza con la nuova cavalcatura, se non tornare in Marocco? Insieme a una coppia di amici siamo quindi partiti per un viaggio di tre settimane e più di 5.000 chilometri, con partenza da Trento e imbarco a Genova alla volta di Tangeri.

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Ricordo ancora con piacere il meraviglioso albergo e la medina ricca di fascino di quella che chiamano la città bianca, il cui porto fa da cerniera tra l’Atlantico e il Mediterraneo. È qui che il nostro viaggio inizia e finisce: tra parchi naturali, montagne brulle, vette altissime, oscure gole e romantiche qasba in rovina.

In questo Paese ogni chilometro regala scorci unici in cui la moto permette di immergersi senza filtri. È un’emozione indescrivibile raggiungere la città fortificata di Ait-Ben-Haddou percorrendo le vie del commercio, un tempo battute dalle carovane che facevano la spola tra il Mali e Marrakech.

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E che dire del sole che morde sul viso dietro la visiera, sempre più forte man mano che si prosegue verso sud? Un viaggio in moto in Marocco è sicuramente un’esperienza importante ma una delle cose più intense che vi si possono vivere è percorrere la rete di sterrate, piste e letti di fiume prosciugati che unisce le gole del Dades a quelle del Todra.

Marocco in moto: la fatica e il silenzio

La giornata inizia sulla strada che attraversa le gole del Dades, nel cuore dell’Atlante, e che ogni motociclista dovrebbe percorrere una volta nella vita. Dopo i tornanti da capogiro di questa strada ci addentriamo nel nulla, seguendo quella che ci sembra la direzione giusta: non ci sono indicazioni precise da seguire perché, ogni anno, pioggia e neve ridisegnano i sentieri.

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Dopo una quindicina di chilometri la pista battuta lascia il posto al fondo pietroso del letto di un fiume che percorriamo per almeno un paio d’ore e diversi chilometri, non senza fatica ma con tanta soddisfazione.

In alcuni punti dobbiamo fermarci a perlustrare il fondo prima di far passare avanti una a una le moto della nostra piccola carovana; il momento peggiore arriva quando le pietre del fondo si fanno più sottili fino a diventare sabbia. Fatica sì, ma le soste per bere un sorso d’acqua, nel silenzio più assoluto rotto solo dal nostro respiro affannato, sono un ricordo indelebile.

Non ci sono indicazioni perché, ogni anno, pioggia e neve ridisegnano i sentieri

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Gli inevitabili intoppi

Lentamente lasciamo le pareti ripide e scoscese che chiudono il letto del fiume per iniziare ad arrampicarci sulle montagne, ansiosi di raggiungere il passo e ridiscendere verso la valle successiva. La conferma che la strada è quella giusta arriva, dopo ore di silenzio e di nulla, quando incontriamo dei pastori berberi col loro gregge di pecore.

Ci fermiamo per salutarlo e a gesti, senza parole, ci conferma che quello è il passo giusto. Da lì in poi è tutta una lunga, ripida e impervia discesa dentro un paesaggio che di nuovo sfuma in tutte le tonalità del rosso; dopo qualche ora ritroviamo una pista battuta ma non tutto può filare liscio.

Il silenzio assoluto rotto dal nostro respiro affannato è un ricordo indelebile

A una ventina di chilometri dal villaggio a cui siamo diretti, uno dei nostri compagni di viaggio si accorge di aver forato la ruota posteriore: non avendo come rimediare, parte a razzo diretto verso la destinazione in cerca di un mecanique per riparare la foratura.

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La giornata si chiude alle 23.00 in un riad che troviamo dopo aver sbagliato strada al buio. Una splendida giornata finita male? Tutt’altro: è proprio alla fine delle nostre fatiche che incontriamo una coppia di motociclisti veneti conosciuti all’imbarco.

È con loro che troveremo il riad dove passeremo la gran serata che segna l’inizio di una bella e duratura amicizia. È proprio vero che il sacrificio ripaga sempre e noi motociclisti mettiamo in pratica questa regola a ogni viaggio.