di Donato Nicoletti
Agosto 1988: la prima moto, il primo viaggio. Destinazione penisola iberica. Eccitazione e apprensione si mischiano in un’alternanza di stati d’animo contrastanti. Sono gasato all’idea di partire in moto, ma preoccupato per la mia inesperienza. La Moto Guzzi V 65C di terza mano è pronta, e noi con lei. Due amici sul bicilindrico di Mandello e altri due in auto.
Dopo aver attraversato la Francia entriamo in Spagna; siamo fermi per una sosta quando una folata di vento abbatte la Guzzi disintegrandone il parabrezza. A Malaga la moto finisce in officina per un guasto al cardano. In campeggio mi svuotano il portafoglio, costringendomi a chiedere aiuto a casa.
Ritirata la moto entriamo in Portogallo, ma perdiamo la coppia in macchina che trasporta i nostri bagagli, i documenti della moto e quelli del mio passeggero. A Lisbona veniamo tamponati da un’auto, poi in ambasciata otteniamo un lasciapassare per Paolo, l’amico passeggero, e partiamo per rientrare subito a Milano. Tra Madrid e Zaragoza prendiamo una lavata mitologica vestendo giubbotto di jeans, pantaloni leggeri ed espadrillas.
A Barcellona si rompe il cavo della frizione, che recuperiamo grazie all’aiuto di un guzzista locale. Sistemato il cavo, la moto gira a un solo cilindro. Cerchiamo di affrontare il problema ma invece veniamo derubati di quel poco che abbiamo in tasca. I miei sono già partiti per le vacanze, così devo rivolgermi a un amico per mendicare altra pecunia.
Fatta riparare la Guzzi ripartiamo facendo statali per contenere le spese. Arriviamo a Mentone alle quattro del mattino finendo la benzina giusto davanti a un distributore, il quale funziona solo con carte di credito. Nello scendere dalla moto perdo l’equilibrio e, vinto dalla stanchezza, accompagno la Guzzi per terra con il collettore rovente che si appoggia sulla caviglia sinistra – sempre con le espadrillas ai piedi.
Aspettiamo che apra il benzinaio, facciamo il pieno e rientriamo a Milano dopo 19 giorni e 6.000 chilometri percorsi comunque col sorriso sulle labbra. Quando qualcuno mi chiede se non ho paura a viaggiare da solo in Paesi lontani, o cosa farei se mi capitasse un problema, rispondo sempre che, secondo me, è più rischioso viaggiare in Spagna e Portogallo.
Battute a parte, da quella prima esperienza ho imparato che bisogna avere il coraggio di accettare l’imprevedibilità delle cose perché alla lunga si rivelano preziose lezioni di vita, perché possono darci la misura della nostra capacità di reggere ai rovesci della sorte.
Avere il coraggio di accettare l’imprevedibilità delle cose
Non possiamo controllare o prevedere tutto e tutti, men che meno farci soverchiare dalla paura di non essere all’altezza, senza sapere se ne sarebbe davvero valsa la pena. Si dice che la strada sia maestra di vita; nel mio caso è sempre stato così, perché preferisco il rimorso per una cosa fatta e andata male al rimpianto per aver avuto paura di vivere.
Cose Che Capitano pubblicato su RoadBook 29