Appunti – A caval donato…

di Antonio Femia


Maggio 2018: mi trovo nel nord del Marocco in un punto imprecisato della trafficata N2. Ho finito il giorno prima gli scatti per il servizio sul Rif marocchino previsto sul numero 7 e me ne sto tornando tranquillo in sella alla KTM 1090 Adventure R.

Ho la coscienza pulita di chi ha fatto il proprio lavoro e la panza piena del più buon pesce alla brace mai gustato, consumato al tavolo zozzissimo di un bugigattolo a bordo strada. Cosa piuttosto inusuale per il sottoscritto, ho anche la pace di chi è abbondantemente in anticipo sui tempi: mi manca meno di un’ora per raggiungere il porto di Tangeri Med e il traghetto di Grandi Navi Veloci chiude l’imbarco fra tre.

A un certo punto la kappona inizia a tossire: chiudo il gas, lo riapro e tossisce di nuovo. Spia del motore accesa, strane indicazioni sul display LCD. La benzina c’è, ma non va giù. Penso subito al carburante sporco e mi viene in mente che già qualche giorno prima era successo qualcosa del genere.

Arrivo a spinta davanti a una casupola con l’insegna Coca-Cola e parcheggio grondante di sudore. Insieme a una bibita ghiacciata chiedo al giovane gestore se può portarmi a prendere qualche litro di benzina in modo da smuovere la morchia e far funzionare la pompa.

Mi dice che sì, tra un po’ arriva un suo amico che deve fare una commissione per lui e andrà a prendere la benzina. Il tempo passa una sigaretta dietro l’altra, comincio ad agitarmi e a chiedere con insistenza, mi si risponde di aspettare che tutto si risolve.

Finalmente l’amico arriva: si siede e ordina da bere, poi da mangiare. Vorrei prenderli a calci entrambi, ma rappresentano l’unica possibilità di far partire quella benedetta moto e raggiungere il porto. «Ma perché non va? Io così perdo la nave! Señor, pago il servizio con una buona mancia, non pretendo che sia gratis!»

Mi si risponde di aspettare che tutto si risolve

Con fare quasi mistico il tipo mi risponde che dobbiamo aspettare, mentre l’amico mi guarda fisso ispezionandosi attentamente la dentatura con la forchetta di plastica e le mani unte. Insisto ancora e solo quando alzo la voce che mi viene svelato l’arcano: «El amigo deve portare per me un carico di marijuana a un altro amigo, ma c’è un posto di blocco sulla strada. Appena ci dicono che la polizia se n’è andata, facciamo tutto».

Il massiccio del Rif è l’unica zona del Marocco i cui membri delle tribù (e solo loro) sono autorizzati a produrre e consumare cannabis per motivi culturali. Alcuni locali, con l’intraprendenza che li distingue, si sono dati a una forma grezza quanto efficace di turismo esperienziale, altri rimangono affezionati al buon vecchio narcotraffico, asciutto e senza salamelecchi. Ho passato una settimana a schivare gente che voleva rifilarmi erba a chili, mi ritrovo a dipendere dall’esito di un movimento.

Alla fine tutto si risolve: arriva un fusto di olio per friggere pieno di benzina e residui oleosi che non mi fa sperare bene, ma funziona. Riparto e mi fiondo a 160 in autostrada, arrivando al porto con soli otto minuti di ritardo. Niente da fare: la nave partirà dopo cinque ore ma a me toccherà comunque prendere quella successiva. Grazie all’intercessione oltremodo gentile degli uffici centrali di GNV mi viene mantenuta la prenotazione senza rimetterci nulla.

«Ecco, lo vedi? Le KTM sono inaffidabili, tutte le moto moderne sono inaffidabili!» No, caro amico luddista. Ho ovviamente avvisato i meccanici KTM di pulire il serbatoio informandoli dell’inconveniente. Vengo poi a sapere che il problema erano i due rubinetti in fondo al serbatoio chiusi per metà.

Mi sono illuminato: anche se sorvegliata dal guardiano dell’hotel, a Meknès qualcuno deve aver smanettato sulla moto; magari quei ragazzini che ci gironzolavano intorno.

Non è per l’iniezione o la pompa non funzionante che sono rimasto a piedi ma per un semplice rubinetto troppo avvitato. Morale: date sempre una mancia extra al parcheggiatore dell’hotel. E quando vi dicono di aspettare, voi aspettate e non fate domande.

Cose Che Capitano pubblicato su RoadBook 31