di Dario Tortora
Tempo fa il lettore Giacomo ci scrisse suggerendo di inserire, all’interno dei nostri articoli che prevedono tratti sterrati, una sorta di tabellina per indicare in maniera chiara e inequivocabile se il percorso è fattibile per un neofita o se richiede un minimo di esperienza; diceva che in un paio di episodi aveva preferito tornare all’asfalto dato che si era trovato in impiccio a percorrere certe strade con una Ténéré 700.
Gli risposi che indicare la presunta difficoltà di un tratto sterrato è sostanzialmente impossibile poiché si tratta di una valutazione molto soggettiva: conosco in effetti persone che saltano sulle pietre ma si spaventano di fronte al fango, così come insospettabili su moto pesantissime che fanno dei numeri da circo.
Gli itinerari di cui parliamo su RoadBook, in ogni caso, non sono mai “difficili” e nel testo dell’articolo cerchiamo sempre di segnalare eventuali criticità. Bisogna anche ricordare che si tratta pur sempre di strade normalmente aperte al traffico, non percorsi da enduro, e poi, insomma, fa parte del gioco anche un po’ sfidarsi.
È un episodio che mi è tornato in mente perché nei giorni scorsi sono incappato in una discussione online in cui c’era chi si lamentava del fatto che l’Alta Via del Sale, essendo previsto il pagamento di un pedaggio, dovrebbe rimanere sì un percorso sterrato, ma presentare un fondo ben manutenuto, livellato, così da non dover incontrare tratti più difficili di altri. Non nego che l’istanza mi ha fatto un po’ sorridere.
In questa sede non mi azzardo certo a parlare di tecniche di guida, perché sarei l’ultima persona titolata a farlo: fuori dal bitume mi diverto come
un ragazzino, ma il mio stile è palesemente quello di chi punta a sopravvivere.
Però sono ben consapevole che andare per sterrate mi ha insegnato diverse cose, i cui effetti si riverberano ben oltre l’ambito motociclistico: uscire dalle strade asfaltate significa affrontare ogni volta una sfida personale che prevede di imparare a calibrare le forze, ad aver ben chiare le proprie capacità e ad accettare l’imprevisto. È un esercizio mentale, prima che fisico.
Il mio stile è palesemente quello di chi punta a sopravvivere
Non bisogna mai pensare di non farcela, di non riuscire ad arrivare in cima a una salita; è necessario ricordarsi di non fissare un masso troppo grosso o una buca troppo profonda perché altrimenti, sicuro come l’oro, li si prende in pieno. Aiuta fare esercizi di respirazione per mantenere la mente lucida, così da avere sempre ben chiaro che in fuoristrada ogni metro è diverso dal precedente.
Si assume un atteggiamento per cui conviene accettare di buon grado tutto ciò che man mano si palesa di fronte alla ruota, senza preoccuparsi a priori perché l’imprevedibilità è parte integrante dell’attività.
Non trovate anche voi che tutto ciò sia un insegnamento utilissimo per la vita di tutti i giorni?
Editoriale pubblicato su RoadBook 37