Site icon RoadBook

BMW GS, i perché di un Grande Successo

Un report rigoroso su questa fortunatissima serie a due ruote lo lasciamo a qualche “precisetti” che snocciolerebbe date, modelli, sottomodelli, diversità e caratteristiche. Qui invece celebriamo il GS con l’entusiasmo e l’emozione che ancora oggi queste incredibili moto riescono a trasmettere.

di Roberto Parodi – foto Antonio Femia e Marco Manzoni


Ho sempre creduto che la pancia e l’innamoramento istintivo dovessero prevalere sulla logica, specialmente nella scelta di una moto. È quello che mi è successo parecchi anni fa, quando sono stato colpito al cuore dalle linee eleganti e aggressive di una R80 G/S Paris Dakar e questo è strano, perché di solito la scelta di una BMW viene pilotata molto da valutazioni tecniche, specie negli ultimi modelli, imbattibili per prestazioni, consumi, telaio, versatilità.

Eppure mi sarei comprato una R80 anche se fosse stata la peggior moto del mondo; ma il bello era che era “anche” la migliore. La conoscevo bene: essendo un ragazzo degli anni Settanta, l’ho vista guidata dai miei amici più grandi durante l’università, ma il colpo di fulmine è arrivato dopo, per colpa di una foto vista su Internet. Che equilibrio di linee!

E poi, dopo anni passati a fare sterrati con una Harley, quella moto sembrava unire tutti gli aspetti che avevo sempre cercato, anche come viaggiatore: aveva i tasselli ma un serbatoio da 32 litri che prometteva lunghe percorrenze, la sella singola ma anche un bel portapacchi, linea da enduro ma culo basso e parafango dal look vintage.

E poi quella livrea, così bianca, così elegante, così anni Ottanta ma ancora oggi così attuale da far girare la testa a chiunque la vedesse passare per strada.

Sembrava unire tutti gli aspetti che avevo sempre cercato come viaggiatore

La caratteristica di quella G/S (e successivamente di tutte le GS) era il fatto di essere la moto che più da vicino si avvicinava alla moto totale, quella che avrei preso per fuggire dalla metropoli in una apocalisse zombi, quella che avrei scelto per il viaggio della vita e certamente l’ultima che venderei se fossi ridotto sul lastrico.

Torna ancora la passione intima, paradossale e inaspettata per una moto tedesca che non era nata per far innamorare, ma per coprire un vuoto di mercato e per unire caratteristiche strettamente logiche e razionali: la GS non partiva con ambizioni di fascino, ma di efficienza.

Eppure guardate cos’hanno combinato quei geniali ingegneri tedeschi. Un mezzo che oggi è un culto indiscusso, ricercatissimo dai collezionisti, costoso, spesso rubato e raramente ritrovato. La GS, acronimo di Gelände/Straße, fuoristrada-strada, ha aperto una strada che ha fatto la fortuna della BMW.

La preistoria delle BMW GS

Tra le antenate della GS ci sono due prototipi che erano già stupendi, chiamate poi “Ecuador” perché proprio laggiù in America Latina furono testate duramente. Bianche, una con banda azzurra sul serbatoio e l’altra con banda rossa, se ne trovano poche immagini in Rete.

Ne è scaturita la prima R80 G/S (1980-87) disponibile in vendita con due livree, bianca o blu. Lineare, equilibrata, nuovissima e con caratteristiche di enorme versatilità, grazie specialmente alla formidabile trasmissione cardanica Monolever, solida, silenziosa e affidabile.

La cilindrata 800 era perfetta e resterà a mio modo di vedere la migliore in rapporto alle prestazioni. La cilindrata negli anni è cresciuta fino agli attuali 1.300 cc, ma non tutti sanno che nell’85 ne uscì una anche più piccola, la R 65 GS.

Il maggior pregio di questo modello fu certamente il fatto di essere davvero la prima vera multiuso: ottima per i fine settimana con la fidanzata su una strada bianca, ma che può evolversi anche in qualcosa di più impegnativo.

BMW infatti ci si cimenta subito con i grandi Gaston Rahier e Hubert Auriol che vincono diversi rally Dakar negli anni ‘80 con un modello che, pur essendo trasformato per motivi di competizione, parte proprio dalla G/S.

La GS fu davvero la prima vera multiuso

Portando a casa gli allori delle competizioni venivano zittite le malelingue che già la davano come una moto da turismo autostradale. A onor del vero con il passare degli anni l’aspetto stradale ha finito col prevalere, ma ancora oggi, a bordo di un’imponente R 1250 GS Adventure, c’è sempre un angolo del nostro cervello che ci dice che se volessimo potremmo portare questa moto attraverso deserti e savane.

Ed è effettivamente così, anche se le dimensioni importanti di oggi si fanno sentire ed è sempre più questione di manico, ma è un fatto che viaggiando in giro per il mondo si incontrano GS su tutte le mulattiere e stradine più assurde.

Con la mia R80 G/S Paris Dakar (prodotta dal 1984 al 1987 con serbatoio maggiorato da 32 litri e possibilità di sella corta arancione) ho raggiunto appena possibile la città di Dakar; da lì Timbuctù, Bamako, Ouagadougou, il deserto del Wadi Rum in Giordania e tutto senza che mai quella moto mi abbandonasse.

È una meccanica semplice, basta portarsi dietro una manciata di pezzi di ricambio che davvero chiunque è in grado di sostituire senza troppa tecnica alle spalle.

La storia delle BMW GS

Ma il mio amore per le G/S non si è fermato qui e mi sono innamorato anche del modello successivo, dove la scomparsa della barra nella sigla (passata da G/S a GS) corrisponde ad alcuni dettagli che rendono la R100 GS (1986-1994) una delle più riuscite tra le evoluzioni della R80.

Con la trasmissione sempre cardanica ma Paralever a doppio snodo, il telaio più lungo di 5 cm, forcella Marzocchi, ruota posteriore da 17 e serbatoio da 24 litri, è una moto perfetta per lunghe percorrenze e per il fuoristrada.

Fu prodotta inizialmente con faro tondo, bianca-azzurra, giallo-nera e rosso-nera e dal ‘90 anche a faro quadrato con il tipico “carenino” e ancora con livrea giallo-nera e rosso-nera ma con carburatori Bing migliorati e più funzionali rispetto alla faro tondo.

La GS iniziava a diventare più grande. Lo si vede bene nella nuova R100 GS Paris Dakar (88-96) classica nella sua bella livrea rossa e bianca, che con il grosso serbatoio e il cruscotto fisso è decisamente più imponente del modello precedente.

Compaiono anche le R80 ST e R80 RT, più stradali e ugualmente agili e filanti, da molti considerate tra le moto più innovative degli anni Ottanta. Nel 1991 si aggiungono alla famiglia le R80 R e R100 R, e nel ‘93 la R100 Mystic. Queste ultime scontano una tendenza più stradale, trend che si impadronirà delle GS e che in futuro finirà per prevalere.

Dal ‘93 fanno capolino le “beccute” R1100 GS e R850 GS con notevoli miglioramenti tecnici. Moto enormi per l’epoca e anche un enorme successo: oltre 45.000 esemplari venduti.

Tutto cambia, appare il Telelever, i colori sono diversi (ne ricordiamo il tipico giallo paglierino) ma le prestazioni sono eccezionali. Con una R1150 ADV il mio amico Andrea Maestri ha affrontato con me la Transafrica, da Milano a Città del Capo in Sudafrica, senza alcun problema.

In giro per il mondo si incontrano GS sulle mulattiere e stradine più assurde

Concludo questa carrellata storica ed emozionale con il colpo di coda della Basic, prodotta nel 1996-1997 in soli 2.995 esemplari. Si trattava di una riedizione delle vecchie due valvole, che univano le migliori caratteristiche della G/S e della GS.

Questo elegante quanto costoso modello era dedicato ai nostalgici degli anni ‘80: solo bianca, con il tipico telaio azzurro (quello della GS, di cui montava anche il Paralever) e il serbatoio della G/S, tanto come i riuscitissimi carburatori Bing della prima serie e il mono posteriore bianco.

La Basic fu anche disponibile con il serbatoio maggiorato da 32 litri, paramani e cupolino in plastica bianca. Questo allestimento, detto Kalahari, era di fatto un accessorio della Basic – il nome Kalahari non è citato da nessuna parte, né come telaio né sul libretto – ed era stato pensato inizialmente per il Sudafrica, dove non ebbe successo e ne furono vendute solo 50.

Questo fatto spinse i commerciali BMW a rendere disponibile l’allestimento Kalahari sulla Basic anche per il resto del mondo, con il serbatoio più grande e loghino Kalahari.

Le BMW GS dal 2000 in avanti

Dagli anni 2000 in poi i modelli diventano una corsa alla miglioria tecnica e all’elettronica, che li rende sempre più efficienti, funzionali ma forse un filo meno romantici. Iniezione, ABS, freni super, mappature che danno un aiuto enorme.

Le cilindrate aumentano, anche se vengono affiancate dalle sorelline R 850 GS e F 650 GS. Ogni tanto ricompare anche il nome Dakar (F 650 GS Dakar, dal ‘99), ma solo come tributo, visto che il modello era ben diverso da quello dei tempi di Rahier.

Le livree sono sempre più moderne ma non per questo meno riuscite, come la possente R 1150 GS Adventure (prodotta dal 2001), metallizzata con dettagli rossi, ammortizzatore anteriore a braccio longitudinale e ammortizzatore centrale Telelever e posteriore Paralever. Una moto da 253 kg che però quasi non si sentono grazie all’eccellente telaio e all’equilibrio dei pesi.

Da qui in poi le GS hanno sempre seguito questo stile e anche con questa filosofia costruttiva sono riuscite in un piccolo miracolo: essere delle eccellenti moto da strada (e da autostrada), comode, veloci, modernissime, ma mantenere uno spirito selvaggio e delle caratteristiche che consentono a chi le guida di affrontare anche qualche mulattiera.

Ancora una volta la GS è riuscita nell’impossibile e a chi dice “non si possono fare sterrati con questa moto”, io dico: provateci, vi stupirete.

Purtroppo chi guida BMW sconta spesso una trita quanto ingiustificata nomea: fighetti dotati di mezzi superaccessoriati che poi finiscono per usarli solo per l’aperitivo in centro. Beh, sapete una cosa? Può essere vero, ma solo per un limitato numero di persone, che si stufano presto e poi passano ad altri status symbol, più di moda o più eclatanti.

Chi ha il simbolo dell’elica tatuato nel cuore è fatto in modo molto diverso e i soldi, credetemi, sono l’ultimo aspetto di questa grande passione.

Fatevi un giro su qualche forum BMW e scoprirete la trasversalità di chi lo frequenta: gente di ogni livello ed estrazione sociale e motociclistica, meccanici, precisetti, collezionisti, cercatori di relitti nei fondi di garage, topi di mercatino, viaggiatori, velocisti, radunisti e certo, anche i fighetti e i benestanti, ma sono una minoranza.

E poi tutti appassionati di lunga data, perché chi inizia ad appassionarsi davvero a queste moto, non le molla.

Una dozzina di BMW GS, una per tipo

Eccoci quindi all’appuntamento organizzato da RoadBook per celebrare il GS: un giorno in campagna, tutto dedicato a noi e alle nostre moto. Prevalgono i “due valvole”, ma non manca una R 1250 GS Adventure nuova di pacca e la 1150 GS di Andrea Maestri.

È bellissimo vedere una dozzina di vecchie e nuove moto snodarsi per le strette viuzze della campagna a sud di Milano, tra le risaie e i fossi, tutti in fila indiana. Ci sono delle R80, R100 con e senza il carenino, alcune Dakar vecchie e meno vecchie, una eccezionale HPN, una Basic normale e una con allestimento Kalahari, fino alla 1250 GS Adventure del 2020, che sembra grossa il doppio della prima piccola G/S del 1980.

Sono tutte insieme, con piloti diversi tra loro come età e stile: chi la tiene perfetta al bullone, chi l’ha mezza trasformata ma senza snaturarla, perché la caratteristica del vero “giessista” è il rispetto del marchio.

Ci si limita ai dettagli: nelle G/S in fila, molte hanno l’ammortizzatore Öhlins in sostituzione dell’originale, altre hanno il cavo aeronautico per il freno anteriore, che altrimenti risulterebbe spugnoso e poco pronto.

Altre ancora hanno qualche particolare estetico che le contraddistingue: la mia Dakar per esempio ha il piccolo parabrezza nero invece che bianco, la R100 di Andrea Host mischia il bianco e il rosso in un insieme originale.

Chi l’ha mezza trasformata, ma senza snaturarla

Raggiungiamo il ponte di barche di Bereguardo, dove ci aspettano Paolo Bergamaschi e Corrado Pessina con due BMW molto particolari.

Si tratta di due repliche della Six Days, una delle primissime versioni competitive della G/S, con il tipico serbatoio bianco tagliato per far posto alla borsetta porta attrezzi, il telaio azzurro chiaro, la mascherina anteriore gialla come le tabelle porta numero, il parafango posteriore che scende modellando la ruota e le gomme artigliate.

È senza dubbio una delle moto da competizione più eleganti mai costruite e benché non possa essere considerata veramente una “GS” è certamente il punto di partenza di questa grande famiglia.

Fu creata negli anni Settanta per partecipare alla Six Days, appunto, una gara durissima e affascinante. Paolo e Corrado sono entrambi meccanici e costruiscono repliche di questi modelli iconici che possono gareggiare nelle gare gruppo 5, contribuendo così a mantenere vivo questo mito della BMW.

I nonnetti arzilli

Il giro continua e passiamo dalla strada al fuoristrada, infilandoci nei boschi e nelle stradine carraie che costeggiano i campi già mietuti. La giornata è bellissima e il serpentone di GS si snoda tranquillamente nel sole di settembre.

Il vero piacere della moto è racchiuso in giornate come questa: gli amici, bei mezzi e un pranzo di cucina lombarda in trattoria con risotto e arrosti.

Gli argini, i fossi, i piccoli sentieri per i mezzi agricoli: diciamolo, la GS è costruita per questi percorsi, con buona pace del vecchio Gaston Rahier. Sentire questi due cilindri boxer che affrontano tranquilli una salita in seconda piena a tremila giri, seguire la fila tenendosi lontani dalla nuvola di polvere di chi ti precede; ecco, il gusto di possedere una moto è che ti sa far divertire a qualsiasi età.

Una moto ti fa divertire a qualsiasi età

Scopriamo una vecchia cascina abbandonata nella cui aia ci divertiamo a fare qualche drifting e qualche foto, ma all’improvviso un tipo esce da dietro un muro e si palesa tra di noi.

Ci irrigidiamo, un po’ con la coda di paglia consapevoli di aver commesso qualche piccola infrazione, ma dalla sua faccia capiamo che la faccenda non sembra essere così grave: «Ragazzi, sono le tre del pomeriggio, ho 75 anni e sono venuto da Milano con la mia signora, che detto tra noi mi sta aspettando là dietro. Certe occasioni bisogna coglierle al volo, no? E allora me la lasciate cogliere o no?», ci dice strizzandoci l’occhio.

Che dire… un grande! Mentre sgombriamo velocemente per lasciargli campo libero, vedo che ci saluta e il primo pensiero che viene in mente è che uno così, con quell’entusiasmo e quello spirito senza tempo, lo vedrei bene su una R100 GS. Anzi, su una Dakar!

I proprietari

ROBERTO PARODI – BMW R80 G/S PARIS DAKAR (1987)

Perché GS? Perché puoi prendere l’aperitivo con una moto che sul telaio porta ancora tracce della terra rossa del Sahel.

Il colpo di fulmine, l’innamoramento prima estetico e poi motoristico: la moto totale e la compagna fedele di tanti viaggi africani, dalle prime uscite a Ksar Ghilane, alle discese a Dakar e fino a Timbuctù, Lomé, il Mali e il Burkina Faso.

VITTORIO PARODI – BMW R80 GS BASIC/KALAHARI (1997)

Perché GS? Per mettermi allo stesso livello di mio padre; altrimenti in fuoristrada con la mia Honda XL lo lasciavo sempre indietro.

Sono hondista da anni, ma ho scoperto questa bestiona tra le moto di famiglia. È bellissima e molto elegante e, nonostante tutto, pure divertente in fuoristrada.

FRANCESCO VENEZIANI – BMW R100 GS, CARENINO, GIALLA NERA (1994)

Perché GS? Perché, citando Vittorio, è più “gelande” che strasse.

Dopo averla provata in un viaggio in Marocco, mentre seguivamo l’Africa Eco Race, ogni tanto la rubo al mio amico Vittorio Veggetti (il proprietario di questo esemplare) e mi faccio un giro. Da quando ho scoperto che riesco a infilare i miei immensi scarponi sotto quei due cilindri boxer, mi si è aperto un mondo.

LUCA CECCHINI – BMW R80 GS BASIC (1997)

Perché GS? Perché è “il viaggio”: strada, fuoristrada, sabbia e asfalto.

La Basic è un classico per i veri amanti delle GS e unisce classe e prestazioni; la mia è totalmente originale ed è una delle pochissime immatricolate con targa con la provincia (in quegli anni uscivano le nuove targhe alfanumeriche, meno belle).

DOMENICO ZAPPIERI – BMW R100 HPN (1991)

Perché GS? Sono un collezionista di moto ma le GS riescono sempre a darmi emozioni e piacere di guida come poche altre.

Ogni HPN è unica, costruita da una piccola famosa officina austriaca il cui titolare è un ex capo-ingegnere della BMW. Le caratteristiche delle HPN sono cucite su misura, diventando macchine da rally o perfette compagne di fine settimana sugli sterrati. La mia è certamente da competizione e avventura: adoro il serbatoio maggiorato in alluminio, le grafiche e la sella corta e mi sento come se guidassi una vera moto da rally.

PAOLO BERGAMASCHI – BMW SIX DAYS REPLICA

Perché GS? Perché unisce tutto quello che c’è di bello nella filosofia della moto: competizione, viaggio, tradizione, prestazioni e stile. Serve altro?

Endurista da sempre e biemmevuista irriducibile. La mia passione per questo brand collima con il mio stile anni ‘70-‘80, i tempi d’oro delle competizioni. Ancora oggi corro con queste moto nel gruppo 5, dando filo da torcere a piloti giovani e agguerriti. Costruisco le repliche della Six Days da diversi anni e mi innamoro di ogni esemplare che esce dalla mia officina.

ANDREA HOST – BMW R100 GS, ROSSA FARO TONDO (1989)

Perché GS? Perché quando parti, sei sicuro di tornare. E senza guai.

Per gli amici è “il viaggiatore” e va in moto praticamente da sempre su moltissimi modelli, dalle Harley (sua passione condivisa con l’amico Carlo Talamo) alle G/S due valvole. Sulla R100 GS bianca e rossa ha un ammortizzatore Öhlins montato al contrario che gli consente di fare enduro senza mai alzarsi sulle pedane e arrivando sempre in cima alle mulattiere più bastarde.

THOMAS MANTERO – BMW R100 GS PARIS DAKAR (1992)

Perché GS? Perché il problema non è la moto.

Un grande amore per le Honda Four e per le Harley d’epoca, Thomas si è presentato con una Paris Dakar dalla tipica livrea bianco rossa, adornata da un ulteriore motivo grafico di non meglio precisati sassolini o “mucillagine” come diciamo noi per prenderlo bonariamente in giro. Modello robusto e comodo, in notevole aumento di valore sul mercato.

ANDREA MAESTRI – BMW R1150 GS ADV (2001)

Perché GS? Da una vita guido moto tedesche e mi trovo bene: non so se sono io che assomiglio a loro o loro che hanno finito con l’assomigliare a me.

Questa moto ha una lunga storia di viaggi, avendo accompagnato il proprietario in molti viaggi overland, tra cui da Milano a Tehran e nella Trans-Africa da Milano a Città del Capo. Andrea, ingegnere avventuroso e instancabile, nonostante possegga una bella collezione di BMW vintage, tiene sotto un telo anche questa formidabile compagna di viaggio, per tirarla fuori quando le cose diventano difficili.

GABRIELE BEDOLO – BMW R100 GS (1992)

Perché GS? Perché nella vita di ogni motociclista prima o poi bisogna fare i conti con una GS.

Nonostante la giovane età, è innamorato da sempre delle moto con qualche anno in più di lui, che usa sia nel quotidiano sia per viaggiare alla ricerca delle strade più belle. Appassionato del marchio BMW, accanto alla sua bella K75 S ha recentemente acquistato questa BMW R100 GS rossa fiammante, detta “il carenino”.

ENRICO MOTTOLA – BMW R800 GS (1989)

Perché GS? Perché GS sta per “grande stile”. Con una GS vai ovunque in strada e sterrati, sapendo che stai guidando la più bella moto del mondo.

Enrico è venuto a fare il giro con la sua bella R800 GS, chiamata “la refurtiva”, perché gli era stata rubata da un gruppo di ladri dei quartieri periferici di Milano. Il ritrovamento è avvenuto grazie alla costanza del proprietario nello smanettare su siti e forum di moto usate, sui quali ha finalmente riconosciuto il suo ammortizzatore posteriore rosso (e quindi abbastanza unico). La moto fu recuperata e trovata mezza smontata, ed è stata personalizzata con l’aiuto delle abili mani di Luca Turata.

DANIELE DONIN – BMW R 1200 GS ADVENTURE (2008)

Perché GS? Perché è versatile, perfetta per i viaggi e mi consente di andare praticamente ovunque: può passare dall’autostrada allo sterrato in un attimo. Poi perché garantisce oltre 500 km di autonomia con un pieno.

Con la sua “Kammella” è arrivato ovunque, sperimentando dalla neve al sole bruciante. La moto ne porta i segni come una spada porta le tacche dei duelli combattuti e vinti. Ci si perde a osservarla tra adesivi, scalfitture della carrozzeria, portapacchi e piccoli ciondoli portafortuna da tutto il mondo. Daniele unisce il rigore e la disciplina del soldato con la sensibilità e il romanticismo del viaggiatore letterario, che affronta con serenità la strada e le difficoltà che essa gli porta, come una parte della vita e della sua crescita personale.

Exit mobile version