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Sardegna Gran Tour: un’isola per due

Un viaggio in coppia nella terra dei nuraghi, due modi di vivere e vedere il Sardegna Gran Tour. Ecco i racconti di Massimo e Cristina sulla loro esperienza.

di Massimo Cau e Cristina Scolletta


Questo è il racconto di un viaggio a due voci, vissuto da Massimo Cau e Cristina Scolletta durante i quattro giorni del Sardegna Gran Tour. Abbiamo raccolto le impressioni, le suggestioni e il vissuto dei due protagonisti, alternandone l’esposizione per dare così al lettore l’opportunità di vivere in “simultanea” un’esperienza, piena e gratificante, tra le bellezze dell’isola al centro del Mediterraneo. Da non perdere il loro simpatico video, disponibile premendo il pulsante play in alto.

Massimo: «Ho un problema, mi piace andare in moto, e un’aggravante: mi piace mettere le ruote anche dove l’asfalto finisce. Io e Cristina viaggiamo sempre in coppia, anche quando si sterra. Già, perché abbiamo constatato che i luoghi più belli e caratteristici spesso si raggiungono dopo aver respirato e mangiato un po’ di polvere. Quindi abbiamo deciso di iscriverci al Sardegna Gran Tour 2019, scegliendo l’opzione del percorso in fuoristrada, per vivere un’avventura ancora più entusiasmante».

Cristina: «Vedere Max apporre sulla nostra Africa Twin l’adesivo assegnatoci dallo staff è stato emozionante, sapendo quanto fosse emblematico quel momento per lui, da sempre appassionato dei grandi raid. Ritrovarsi, insieme ad altri motociclisti, nel parco chiuso di Milano per partecipare al briefing, accresce in lui l’eccitazione, che manifesta con un continuo sorriso. E anche io, ormai, non desidero altro che salire in sella e cominciare l’avventura».

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Massimo: «Sapevo che la prima tappa sarebbe stata quella più faticosa, visti i 380 chilometri da percorrere, quindi mi sono impegnato a fondo per studiarne le caratteristiche. Ricordo il primo quarto percorso su asfalto, poi ci siamo sbizzarriti con la guida in off. Dopo i primi rilievi dell’Appennino piacentino l’asfalto lascia spazio a carrarecce in pietrisco, bagnato dalla pioggia che, come le previsioni meteo avevano vaticinato, non si è fatta attendere».

Cristina: «Mi piace troneggiare sul sellino posteriore, mi sento a mio agio, perché ho imparato a rilassarmi e ad assaporare il paesaggio circostante, anche quando lasciamo l’asfalto e il fondo diventa sconnesso. Devo dire, però, che l’Alta Via Monti Liguri mette a dura prova la mia calma: davvero una scarica di adrenalina!».

L’Alta Via Monti Liguri è una scarica di adrenalina

Massimo: «Il respiro affannoso di Cristina, amplificato dall’interfono, mi fa realizzare che in effetti guidare sulle sterrate con il passeggero a volte mette in difficoltà; inoltre la pioggia che cade di certo non aiuta. Resto concentrato per cercare la traiettoria migliore, per evitare le rocce più esposte e le pozze fangose, ben piantato sulla sella e con la mappatura “Gravel” inserita, proseguiamo verso il traghetto, direzione Livorno».

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Cristina: «Sostare nel piazzale di un porto, con altri motociclisti, attendendo l’arrivo di una nave, ci fa rendere conto che quella che stiamo vivendo è una bella avventura. Anche quando, dopo qualche ora di sonno, ci ritroviamo tutti nel ventre del traghetto, intenti a liberare le nostre cavalcature dalle corde che le hanno tenute imbrigliate tutta la notte, smaniosi di uscire e cominciare a respirare l’aria della Sardegna».

Massimo: «Fin dai primi metri, la Sardegna cattura e rapisce con i suoi profumi e con i suoi colori, e noi siamo pronti a cominciare. L’organizzazione ci ha fornito le tracce da seguire, relative alle quattro tappe: è un modo diverso di viaggiare, più comodo per tutti coloro ai quali, come me, piace la modalità orientamento, e più pratico, in quanto ci si può organizzare in autonomia, creando un gruppo o viaggiando liberamente».

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Cristina: «Ho conosciuto la Sardegna come una turista tradizionale, in cerca di sole, mare e belle spiagge. Questa volta, invece, mi appresto a scoprirla da dietro una visiera, con un’altra prospettiva: e mi rendo conto che è molto di più di un classico paesaggio da cartolina. L’entroterra ci inghiotte subito, facendoci conoscere un’isola verde e rigogliosa, con tanto di guadi per il divertimento di Max, e una miriade di paesaggi, ognuno diverso dall’altro, come se, a ogni chilometro, entrassimo in un quadro diverso».

Massimo: «Dopo la prima giornata trascorsa in terra sarda, mi ritrovo con un sorriso stampato in faccia che va da un orecchio all’altro. Mi sento come chi è appena sceso da un’attrazione mozzafiato in un luna park. Abbiamo percorso trecento chilometri, su asfalto e su sterrato, come se fossimo nel nostro parco divertimenti, fatto di strade invitanti e scenari da sogno».

Fin dai primi metri la Sardegna cattura e rapisce

Cristina: «A sera, durante la cena, ci si ritrova tutti insieme a scambiarci pareri sulla giornata trascorsa, sui luoghi attraversati durante la marcia, su qualche bivio inforcato nella direzione sbagliata: perché il Sardegna Gran Tour è anche questo».

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Massimo: «La terza tappa ci vede impegnati ad attraversare l’isola, da Arbatax sino ad Alghero. Decidiamo di seguire la traccia off road meno impegnativa, vista la presenza di passaggi più tecnici e con fondi di sassi smossi che invece caratterizzano il tracciato standard. Così il nostro incedere si fa più rilassato, tra alberi di sughero, fiori profumatissimi, di quelli che ti inebriano, su antiche stradine di acciottolato».

Cristina: «Lungo la strada capita frequentemente di incrociare greggi di pecore che ti circondano e tu non sai bene se restare fermo, per non scatenare l’ira dei cani da guardia, oppure se proseguire la marcia per cercare di uscire da quella calca belante. Ancora più semplice è imbattersi in mucche che pascolano libere, come quelle che incontriamo davanti all’antico nuraghe di Loelle, le quali ci guardano stranite per cotanta invadenza».

Massimo: «La quarta tappa è un’altra di quelle cartoline che ricorderò a lungo. Il Sardegna Gran Tour ci porta, infatti, a percorrere le alture che sovrastano il mare increspato dalle onde del maestrale, con il sole che accende ogni colore, ogni cosa su cui posiamo lo sguardo. L’acqua blu cobalto da un lato e il verde intenso delle dolci colline dall’altro, ci regalano paesaggi indimenticabili».

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Cristina: «Non poteva mancare una piccola sosta alla spiaggia de “La Pelosa” a Stintino. Grazie alle condizioni meteo anomale, si presenta insolitamente deserta, il che accresce ancor più la magia di questo luogo: il vento trasporta la salsedine sui nostri visi, il blu del mare spicca sul bianco della sabbia finissima e il cielo azzurro è puntellato da soffici nuvole di panna montata».

Stintino si presenta insolitamente deserta

Massimo: «Decidiamo di percorrere l’ultima tappa seguendo l’asfalto. Il manto stradale è perfetto, con brevi rettilinei raccordati da curve e controcurve che trasformano il tortuoso biscione in una pista quasi infinita. Non so dire dove mi sono divertito di più, se sul bitume o nella polvere delle sterrate, so solo che, una volta rientrato a casa, mi sono reso conto di essere stato in un luogo che molto si avvicina al paradiso dei motociclisti».