A maggio si è svolta la prima data della RoadBook Academy e per farcela raccontare abbiamo lasciato la parola a uno dei partecipanti: due giorni per riscoprire il piacere di guidare all’avventura, con la testa sulle ruote e il sorriso sulle labbra.
di Pier Francesco Verlato – foto Michael Minelli
Ci sono momenti in cui sei talmente immerso in ciò che stai facendo che il mondo potrebbe crollarti intorno e nemmeno te ne accorgeresti. Quando il flusso è così naturale che la matita sembra disegnare da sola, le parole si scrivono senza bisogno di toccare la tastiera. O la moto supera una salita senza che tu debba fare il minimo sforzo.
È uno stato di meditazione e l’ho vissuto durante la prima edizione della RoadBook Academy, organizzata in collaborazione con Di Traverso Adventouring. Dopo anni lontano da sterrati, guadi e single track, grazie ai consigli di Alessandro Pagani e Filippo Pandin, entrambi istruttori federali, ho sostituito il dubbio «starò facendo la cosa giusta?» con un semplice «lasciati andare, sorriso sulle labbra, testa sulle ruote».
Da quel momento, il monologo interiore ha lasciato spazio all’ascolto attento degli istruttori, all’osservazione dei loro gesti precisi, al desiderio – quasi istintivo – di assorbirne l’esperienza e imitarne, per quanto possibile, la padronanza tecnica.
Il fine settimana è stato fondamentale per scrollarmi di dosso i tanti chilometri di asfalto ben poco contemplativo accumulati negli ultimi anni. Ho ritrovato la postura corretta, imparato a dosare la frenata e affrontato cunette con decisione, evitando di sollevare la ruota per non rischiare di dover offrire da bere all’intera comitiva, si intende una volta terminata la giornata.
Dopo un’ora tra birilli e frenate d’emergenza su terra, il severo (ma giusto) Alessandro mi ha dichiarato “abile e arruolato”.
Cosa succede alla RoadBook Academy
Il primo giorno ci ha portato ad affrontare un percorso di settanta chilometri attraverso ogni tipo di fondo che un viaggiatore adventouring possa incontrare: fango, erba alta, pietre smosse, mulattiere. Il battesimo del guado, se non lo affronti da tempo, mette sempre un po’ di tensione. Ma poi scopri che i guadi non sono uno, ma cinque o sei: la ripetizione aiuta ad acquisire sicurezza e a scacciare quella fastidiosa sensazione di inadeguatezza.
La pausa pranzo, tra le mura suggestive di un vecchio mulino, è stata un momento di ristoro non solo fisico ma anche mentale. Il sole ci accompagnava, il torrente scorreva accanto e ognuno fissava la memoria come poteva: chi con lo smartphone, chi – come il sottoscritto – con la cara vecchia macchina fotografica.
Il monologo interiore ha lasciato spazio all’ascolto attento degli istruttori
Il pomeriggio è scivolato via tra nuove meraviglie dell’Appennino Reggiano e soste dedicate alle spiegazioni tecniche, calate direttamente nella realtà del percorso. Ogni terreno ha le sue regole, e saper dosare il peso, gestire il gas e usare correttamente i comandi fa la differenza tra affrontare un ostacolo con sicurezza o lasciarsi sorprendere dall’imprevisto.
Una volta rientrati alla base, la lezione di navigazione GPS a cura di Antonio Femia si è trasformata in un prezioso approfondimento. Anche chi pensava di “saperla lunga” ha scoperto funzionalità e trucchi che rendono ogni viaggio più sicuro e consapevole. Si è spaziato dall’hardware ai software desktop e mobile, dalla costruzione delle tracce GPX all’attivazione delle procedure di emergenza.
La giornata si è chiusa con una cena che è stata un trionfo di sapori locali e racconti condivisi. L’euforia era palpabile: poche ore prima certe sfide sembravano impossibili, ora erano solo storie da raccontare attorno a un tavolo.
RoadBook Academy: flusso senza sforzo
La domenica è partita nel fettucciato, perfetto per rimettere in moto riflessi e tecnica, spingendo un po’ più in là i limiti del giorno prima. Ci si è divertiti, si è presa confidenza, si è sperimentato.
Poi via verso una meta speciale: la Pietra di Bismantova, spettacolare altopiano dell’Appennino reggiano con pareti verticali, un eremo incastonato nella roccia e una biodiversità protetta. Per raggiungerla, però, ci attendevano guadi, pietraie, mulattiere e carrarecce immerse in faggete secolari.
Le nostre bicilindriche, vigorose ai bassi e frizzanti agli alti, ci hanno cavato d’impaccio anche nelle situazioni più critiche: bastava un filo di gas e una corretta distribuzione dei pesi tra anteriore e posteriore.
La mattinata è stata un continuo alternarsi di asfalto, sterrato e mulattiera, con paesaggi da cartolina che spaziavano dai borghi in pietra ai colli pieni di castagni e tigli. 90-100 chilometri intensi, impegnativi e allo stesso tempo gratificanti, coronati da una sosta con lasagne che, a quel punto del percorso, avevano il sapore delle grandi occasioni.
È stato proprio dopo pranzo che è avvenuta la svolta. Ci siamo infilati in una lunga sterrata, percorribile in auto ma segnata da insidiosi avvallamenti in cui si accumulava di tutto: fango, pietre, ramaglie, acqua stagnante. L’energia del pasto è stata progressivamente consumata da concentrazione e tecnica, ma mai dalla tensione: ci si divertiva troppo per sentirne il peso.
Mi sono reso conto, quasi all’improvviso, di non fare più fatica. La moto “navigava” fluida e io la guidavo più con le ginocchia che con le braccia. Le spalle, al contrario delle uscite in solitaria o con amici avari di consigli, erano fresche.
Ci si divertiva troppo per sentire il peso della tensione
La Ténéré 700 si faceva condurre con naturalezza, permettendomi persino qualche momento di contemplazione nel paradiso silenzioso di querce, faggi e castagni. Un’avanzata rispettosa, che non disturbava gli abitanti del bosco, perché – se condotte con coscienza – anche le moto dovrebbero poter viaggiare ovunque.
Al rientro, la giornata si è conclusa con una lezione tanto pratica quanto spesso sottovalutata: la gestione del bagaglio in viaggio. Perché in moto ogni chilo conta, ogni ingombro influisce sulla guida e ogni scelta – dai materiali al modo in cui si fissano i carichi – può fare la differenza tra una tappa fluida e una giornata da dimenticare.
È lì che si impara a viaggiare davvero: quando capisci che saper dosare lo spazio e il peso è parte integrante della sicurezza, dell’equilibrio e del piacere di guida. A seguire, la consegna dei diplomi ha suggellato due giorni intensi, da portare via con orgoglio nel cuore… e nelle borse laterali.
A quel punto, cuori e teste erano già altrove: su future tracce, nuovi percorsi, magari un po’ più impegnativi, magari un po’ più lontani. Questa prima edizione della RoadBook Academy ha lasciato ai partecipanti molto più di nozioni tecniche e di qualche ora di applicazione pratica: ha acceso un modo diverso di stare in moto, di leggere il terreno, di viaggiare. E da qui, si riparte.
La RoadBook Academy vuole essere un momento di formazione e aggregazione per prepararsi insieme ad altri appassionati a vivere al meglio le proprie avventure. I prossimi appuntamenti saranno il 19-20 luglio sull’Altopiano di Asiago (VI) e il 13-14 settembre sulle strade militari della Valle di Susa.