Quale moto usare per il giro del mondo

In teoria quella che ami. In pratica, alcune sono più adatte delle altre, ma dipende anche da come viaggi. E con questo pezzo si conclude il mio trittico sul viaggio che non farò mai.

di Mario Ciaccia


Nella prima puntata ho parlato delle filosofie con cui si può intendere e affrontare un giro del mondo. Nella seconda per dove mi piacerebbe passare.

Adesso parlo della moto per fare un viaggio simile e inizio subito dicendo che non può esserci un mezzo ideale. Sicuramente deve essere comodo, resistente e in grado di caricare i bagagli. Inoltre dev’essere in grado di affrontare le strade che affronteremo… e non è una cosa da poco.

Se, però, ci mettessimo a guardare i mezzi usati da alcuni tra i più famosi giramondo, noteremmo che non sono propriamente l’ideale.

Ted Simon aveva una Triumph Tiger 100 da 500 cc, stradale, che bucava i pistoni ogni 15.000 km. Per lui era normale fermarsi ogni tanto, aprire il motore in mezzo alla strada, cambiare i pezzi e ripartire, ma oggi una cosa così viene considerata demenziale.

Inoltre negli anni Settanta molte vie di grande comunicazione erano sterrate e lui doveva farle con una ciclistica prettamente stradale: andava piano, prendeva colpi, soffriva, cadeva. Pativa gli sterrati, quando per molti viaggiatori moderni sono la parte più divertente dell’avventura.

Ma il timore per le strade non asfaltate era comune a tutti i viaggiatori transcontinentali di quegli anni, per via del paradosso che ce n’erano più di oggi, ma non esistevano moto da fuoristrada adatte ai viaggi.

Questa è Elspeth Beard, una che il fuoristrada non se lo andava a cercare. Ma era lui che trovava lei.

Fa però impressione che, quando Ted ha rifatto il giro del mondo, trent’anni dopo la prima volta, abbia usato una moto apparentemente più adatta – la BMW R 80 GS, quella senza la “slash” ma col paralever – ma non ci si è trovato bene e ha rimpianto la Triumph.

Questo perché non è mai stato un fuoristradista, in più aveva 70 anni e il fatto che la moto fosse più alta e pesante gli ha procurato più grattacapi che gioie. Tant’è che si è rotto pure una gamba, in una strada sterrata africana.

Anne-France Dautheville il suo giro lo ha fatto con una Kawasaki GA5, da 100 cc a due tempi: piccola, lenta e incline al grippaggio.

Insomma: qualsiasi moto va bene

L’articolo finisce qui? No, magari: perché comunque è bello parlare delle moto da viaggio.

Se il vostro giro del mondo è improntato alla massima fretta, non sceglierete le strade o le mete più suggestive, ma solo quelle più veloci e scorrevoli. Quindi ha senso usare una moto comoda e potente.

Marcello Anglana viaggia con la Honda Gold Wing, per esempio. Nick Sanders ha usato la Yamaha YZF-R1, che è scomodissima e in sterrato è da panico, ma quello è un caso estremo: vuole battere record di velocità, ama quella moto e ha capito che fare i viaggi con la moto “inadatta” lo ha reso un personaggio.

Lorenzo Piolini, però, per il suo giro del mondo in 79 giorni ha usato una Honda Transalp 600.

Questa moto è molto considerata dai giramondo (in testa a tutti Gionata Nencini) perché la si trova usata a prezzi molto bassi, è comoda, è robustissima, è facile da riparare in molti Paesi. La puoi bagagliare facilmente e va bene anche in sterrato. Poca spesa, tanta resa.

In effetti, per un viaggio simile le enduro stradali sono il compromesso migliore, perché ancora oggi molte strade di grande comunicazione sono sterrate… e persino male in arnese.

Qui sopra siamo in Monferrato, ma in Siberia è così anche su strade importanti come autostrade.

La BMW R 80 G/S è stata la prima maxienduro della storia ed è sempre stata apprezzata dai giramondo per il comfort, la robustezza delle termiche, la capacità di adattarsi a qualsiasi strada, l’erogazione, la trasmissione finale cardanica. Ha però sofferto sempre di problemi all’impianto elettrico e, per farci viaggi lunghi, era necessario essere dei bravi elettrauto.

Oggi le moto hanno impianti migliori ma, se questi si rompono e sei per strada, molto difficilmente potrai rimediare da solo e ripartire. La stessa R 80 G/S si è evoluta e, a partire dalla R 1100 GS del 1994, è diventata affidabile anche per quanto riguarda la parte elettrica.

Si è poi sviluppata una corrente di pensiero tale per cui le versioni Adventure delle BMW GS, dai 1100 cc in su, sarebbero le moto ideali per i viaggi intorno al mondo: comodissime anche col passeggero, veloci senza fare fatica, capaci di portare tanti bagagli, robuste e con 30 litri di serbatoio. Io però le trovo troppo grosse e pesanti.

In foto vediamo Ewan McGregor e Charley Boorman durante la loro traversata africana del 2007, con le R 1200 GS Adventure.

La mia Yamaha Ténéré 700 potrebbe essere la moto ideale. La trovo molto gustosa da guidare sia su asfalto sia in sterrato, è robustissima, consuma poco, può essere caricata di bagagli e pesa molto meno delle BMW Adventure. In due è scomoda, ma il mio viaggio ideale non prevede passeggeri: tutti e tutte devono guidare la propria moto.

Dal mio punto di vista, però, anche la Ténéré pesa troppo. È lo stesso difetto che hanno tutte le sue concorrenti dirette, tra le quali iniziano a trovarsi diverse moto cinesi, che costano poco, vanno bene ma delle quali – per ora – non sappiamo quanti km possano fare prima di andare arrosto.

Tra le cinesi che ho provato finora la Kove 800X Pro è l’unica che mi abbia veramente stupito in senso positivo, pur con un’erogazione grezza ai regimi più bassi.

Quanto conta il peso della moto per fare il giro del mondo

Volendo fare tanto fuoristrada, preferirei una monocilindrica leggera perché supera meglio gli ostacoli senza piantarsi, stanca meno quando i terreni si fanno tosti, è più difficile cadere ed è più facile rialzarla, è riparabile con maggiore facilità, è agevole sollevarla, spostarla e infilarla se capita di doverla caricare da qualche parte o nascondere nel sottoscala di una bettola.

Io non concepisco un viaggio a lungo raggio su mulattiere estreme, sarebbe follia. Ma so bene che, quando tracci un percorso su strade sterrate, le puoi trovare così deteriorate da diventare robe da enduro specialistiche.

Queste due foto ne sono un esempio: è il luglio del 2024 e un amico principiante mi ha chiesto un giro facile da fare con la sua Benelli TRK 502 equipaggiata con gomme stradali. Lo porto in una zona dove non giro dal 2020, sopra la val Nure (PC).

Quella in foto, quattro anni prima, era una sterrata scorrevole, facilissima. Adesso era diventata davvero tosta.

Inoltre le monocilindriche consumano meno le gomme e io dovrei usare delle tassellate di compromesso, tipo le Metzeler Karoo 4 o le Michelin Anakee Wild, sperando di farci almeno 10.000 km, se non 15.000, per ogni treno. Non mi porterei dietro le gomme di ricambio, ma dovrei trovare il modo di reperirle in giro: venditori diretti oppure online.

Chiaramente una moto così piccola e leggera è meno comoda e veloce nei trasferimenti autostradali, ma… il giro del mondo che sogno cerca di farne a meno il più possibile.

E se proprio non potessi farne a meno, mi basterebbe viaggiare a 110 km/h, velocità che permette di macinare tanti km in poche ore. Penso sempre ai TIR che non possono superare i 90 orari, ma che attraversano l’Europa in un paio di giorni.

Nel 2024 mi ero convinto che la Royal Enfield Himalayan (monocilindrica) e la CFMoto 450MT (bicilindrica) fossero le mie moto da viaggio avventuroso ideali e ho sbavato per mesi prima di riuscire a provarle come si deve, ma sono rimasto deluso: il risparmio di peso nei confronti della mia T7 è di appena 9 e 11 kg, rispettivamente, al prezzo di tanta coppia in meno.

La ricetta della KTM LC4 640 Adventure (uscita di produzione da anni), è quella della mia moto ideale, anche se vibra più della media delle monocilindriche e so che non è il massimo dell’affidabilità.

Ogni volta che ne vedo una, però, vado in calore. La volta più struggente è stata nel 2005, in Patagonia, quando incontrai questo inglese che era partito tutto solo da Londra.

La sua erede, la potentissima 700 cc commercializzata con i marchi KTM, Husqvarna e GASGAS, per me è un mistero. KTM l’ha sempre proposta in una versione nuda, che non è né carne né pesce: troppo grossa e pesante per essere una specialistica, troppo scomoda e povera per essere una turistica.

Alle richieste di farne la versione Adventure ha sempre risposto che interesserebbe un mercato troppo di nicchia (però la 390 e le 790/890 esistono, in versione Adv).

La cosa ha permesso il fiorire di diversi kit aftermarket che completano le lacune turistiche: protezione aerodinamica, autonomia, bagagli. Anche questa moto, però, non gode di una gran fama dal punto di vista dell’affidabilità.

Il giramondo più famoso con la KTM 690 è stato senz’altro l’inglese Lyndon Poskitt, un rallista-ingegnere che aveva preso una 690 Rally e l’aveva modificata per renderla bagagliabile e più affidabile. Credo che le abbia tirato via l’iniezione, soppiantandola con un carburatore.

Ho avuto a lungo una cotta per le dual sport Husqvarna fatte da Cagiva, soprattutto per la TE610 a iniezione del 2008 e per la SWM RS 650 R del 2016, che è derivata dalla Husqvarna TE630.

Entrambe avevano una ciclistica con cui mi trovavo benissimo in fuoristrada e un motore meraviglioso, elastico, parco nei consumi, che faceva pum pum ai bassi, con la prima corta e la sesta lunga. Ero tentato dal farmi un’adventure modificando la RS 650 R, ma poi SWM ha presentato la Superdual.

Questa moto potrebbe essere l’ideale per fare il giro del mondo: è comoda e bella da guidare su asfalto, mentre in fuoristrada è più leggera e facile rispetto a una bicilindrica. Ma io l’ho presa male, perché non si tratta di una RS 650 R con la sella comoda e il serbatoio grosso, bensì di una moto diversa, più pesante di 35 kg, con poca luce a terra e sospensioni molto più stradali.

C’è poi l’incognita della durata, perché un giro del mondo dura decine di migliaia di km e io non so quanto siano affidabili le SWM, essendo poco diffuse. Con quel meraviglioso motore, poi, ci sono le portoghesi AJP PR-7.

Sulla carta appartiene alla giusta categoria: motore bello da usare con rapporti giusti del cambio, ciclistica da fuoristrada impegnativo, serbatoio da 20 litri e persino un tablet con navigatore come strumentazione (è stata la prima moto ad averlo a bordo di serie: la prima versione è del 2009 e montava il motore della Yamaha Ténéré 660).

Purtroppo, per una serie di motivi assurdi non sono mai riuscito a provarne una, quindi non so se va come promette. E non so neanche quanto sia affidabile, perché non conosco nessuno che se la sia comprata.

A febbraio avevo raccontato la curiosa storia della CCM GP 450 che, sulla carta, è la mia moto da viaggio da sogno, ma io non avrei mai il coraggio di fare il giro del mondo con un motore da enduro racing. Erano però girate voci che le avrebbero impiantato il motore della SWM Superdual, ma non è successo. Peccato.

Altra moto dal potenziale immenso: la KTM 390 Adventure R, appena uscita e non ancora data in pasto alla stampa. Per cui la cito, ma non posso commentarla. Anzi, sì: perché ha lo scarico anti-guado?

Comunque provare le moto, e a lungo, è importantissimo per poter capire se fanno al caso nostro o meno: ed io ho un terreno di prova ideale, anche se faticoso.

Considero infatti la Hardalpitour Extreme – quella che parte da Sanremo e arriva a Sestriere dopo 850/970 km (dipende dalle annate) – un banco di prova ideale per valutare una moto in ottica “viaggio totale”.

Ho partecipato a tutte e 16 le edizioni, sempre con la stessa ricetta: autostrada da Milano, HAT (un’impressionante sfilata di sterrate di montagna consecutive, intervallate da stradine asfaltate divertenti), autostrada da Oulx per tornare.

C’è tutto: la distanza, il trasferimento, la strada asfaltata divertente, gli sterrati di qualsiasi livello di difficoltà.

In tutto ho usato quindici moto, con cilindrate comprese tra i 300 e i 900 cc e ho deciso che quella con cui farei il giro del mondo, tra di loro, è la Honda CRF 300 Rally o, forse persino meglio, la sorellina L col serbatoio Acerbis da 13,5 litri.

Ogni volta che lo dico chiunque mi ascolti risponde «Ma no, dai, non va un kzz» però io dopo quei 1.500 km di fila me ne ero innamorato. Facilissima in fuoristrada, prima corta e sesta lunga, coppia sorprendente per un 290 cc, divertente su asfalto e in grado di tenere i 110 all’ora senza fatica, percorrendo oltre 30 km/litro.

In realtà una moto ideale – per il mio modo di viaggiare – l’avrei già in casa, ed è la Suzuki DR-Z 400E che ho equipaggiato con serbatoio da 28 litri, telaietti per le borse, faro più potente, porta GPS collegato alla batteria. È una moto perfetta per affrontare il fuoristrada molto difficile con tenda, sacco a pelo e fornello caricati a bordo.

Ma il giro che ho in mente nel cassetto dei sogni probabilmente durerebbe sui 100.000 km. Ho già avuto tre DR-Z e tutte sono arrivate ai 50.000 km conciate piuttosto male: problemi al motore, alla carburazione e all’impianto elettrico. Mi piange il cuore dirlo, ma sebbene per me questa sia la ricetta ideale, non è la moto giusta per cucinare.

Suzuki ha appena presentato alla stampa la sua erede, la DR-Z4S che, ovviamente, mi attira come il miele, anche se mantiene uno dei difetti principali della sua antenata: il cambio a 5 marce. Inoltre ne aggiunge uno nuovo, ovvero misure delle gomme ostiche per il mercato italiano. Spero però che abbia risolto i problemi di affidabilità di cui hanno sempre sofferto le mie.

Essendo appena uscita, al momento non esistono accessori dedicati per viaggiare, come un serbatoio più capace, portapacchi e telaietti per le borse. Inoltre qualcosa mi dice che se quel minuscolo faretto anteriore è imparentato con i due della V-Strom 800, allora di notte siamo messi male.

Un giro del mondo da 100.000 km

Non volendo cambiare moto o motore lungo la strada, dovrei puntare su qualcosa in grado di affrontare quella distanza. Chiaramente usarne una vergine sarebbe meglio di una usata. Io amo i monocilindrici e mi piacerebbe che la CRF300 fosse in grado di affrontare questa distanza, ma sono afflitto da pregiudizi.

Tra gli anni Ottanta e Novanta, ma anche fino a tempi recenti, io e i miei amici usavamo solo monocilindrici e abbiamo tutti sofferto di gravi guasti tra i 40.000 e i 75.000 km. Parlo di sbiellate, grippaggi, perdite dei riporti di cementificazione della distribuzione, crepe nelle teste e negli alberi motore.

Le moto interessate sono state: Honda XL 250R, XL 600R, XR 400R, XR 600R; Kawasaki KLR 600 ES; Suzuki DR 350S, DR-Z 400S, DR-Z 400E, DR 600S, DR 800S Big; Yamaha XT/TT 350, XT 500, XT 550, XT 600 base e Z, Ténéré; Aprilia ETX 350, Cagiva 350 Ala Rossa e 350 T4 sia R sia E; Husqvarna TE 610 E.

Praticamente non si salva nessuna, anzi, sì: pare che la Yamaha Ténéré 660 a 5 valvole fosse in grado di passare i 100.000 km senza problemi. E conosco un membro del Club Ténéré Italia che era arrivato a 270.000 km e, probabilmente, adesso dovrebbe avere passato i 300.000, senza mai cambiare motore. Anche la successiva 660 a iniezione e 4 valvole era molto robusta.

Quando Totò e Peppina partirono per il giro del mondo, 12 anni fa, la loro 660 aveva già 70.000 km e io feci il gufo: «Troppo vecchia, vi lascerà a piedi, è un monocilindrico…». La moto invece andò benissimo. Non vorrei sbagliare ma, quando tornarono, andava verso i 130.000 km e beveva olio, ma girava bene.

Qualcuno ricorda la Harditaroad Trento-Trieste, messa su da appassionati di enduro anni Ottanta? Uno dei due organizzatori aveva una Yamaha XT 600Z Ténéré (la prima, la più bella) che pare avesse superato i 250.000 km con un solo motore. Mi sembra incredibile.

Tutte queste, però, sono bazzecole di fronte ai 434.000 km che Paolo Pastore ha percorso nel suo giro del mondo durato 15 anni, che sembra non sia ancora finito. Lui afferma di avere percorso quella distanza incredibile con una sola moto e un unico motore: la BMW F 650 Dakar monocilindrica. Possibile?

I bagagli per il giro del mondo

Questione drammatica. Se già io ne porto troppi per un week-end, qua combinerei disastri. Attrezzi e antipioggia non varierebbero. Non porterei troppi vestiti – farei tanti bucati – e come intrattenimento avrei musica e libri da leggere nello smartphone o in un piccolo tablet tipo Kindle.

Porterei il solito kit da campeggio – tenda autoportante a due posti, materassino gonfiabile quattro stagioni, poltroncina, fornello, stoviglie – ma i sacchi a pelo sarebbero due, uno estivo e uno invernale, perché in un viaggio simile si affronta qualsiasi stagione e qualsiasi clima.

Per cui anche l’abbigliamento dovrà essere adeguato a questi sbalzi e non è facile, perché io di solito uso tre completi per i miei giri: invernale, estivo, tre stagioni. Dovrei quindi trovare un tre stagioni molto versatile.

Questa era la foto che avevo pubblicato nella Ciacciastoria che parlava dei bagagli e, in questo caso, era per un giro invernale: probabilmente, per un giro del mondo toglierei le scarpe da tundra artica e aggiungerei un sacco a pelo estivo.

Ma è tutto scritto al condizionale. Dai, con le chiacchiere da bar sul super giro del mondo la finisco qui.