Prove moto: sterrato o fettucciato, quanto sono diversi

Guidare sulla terra non è sempre la stessa cosa. Un conto è una strada, un altro una pista. Ma, durante le presentazioni, possono capitare entrambe le situazioni. Se sei un turista, il fettucciato potrebbe non fare per te.

di Mario Ciaccia


Sembra che stia prendendo piede la moda, da parte delle Case motociclistiche, di far provare le enduro stradali nei fettucciati che, di solito, sono il regno delle monocilindriche specialistiche, quelle che si usano in gara e pesano un quintale o poco più.

La motivazione ufficiale è dimostrare che la loro moto è veramente da fuoristrada, ma credo che dietro ci sia il desiderio di mantenere la prova in un contesto controllato, senza dover chiedere permessi o rischiare incidenti con trattori o cinghiali.

La cosa è successa, ultimamente, con la BMW R 12 G/S, la Kove 450 Rally, la Kove 800X Rally e la Moto Morini Alltrhike, anche se va detto che questa ce l’hanno fatta provare sia in fettucciato, sia su strade sterrate collinari.

Di solito, quando i giornalisti arrivano in loco vengono informati da una persona, spesso una bella donna, che la prova si disputerà in fettucciato (la foto si riferisce alla BMW R 12 G/S). Il tono è raggiante, della serie “sentite che bella sorpresa”.

La maggior parte dei giornalisti che provano le enduro stradali, in effetti, sono di estrazione fuoristradistica-agonistica e quindi il tono raggiante ci sta, perché esultano. Sono nel loro habitat. Il parco giochi dove possono portare al limite la moto, saltando e derapando.

A me invece cascano le palle e, per tanto tempo, pensavo che fosse solo perché la mia vocazione è viaggiare, quindi vivo il fuoristrada come un misterioso percorso accidentato che mi porta in luoghi meravigliosi (sopra, San Pedro de Atacama, in Cile). Se mi fai girare in tondo dentro una pista, mi uccidi.

In realtà la cosa è dovuta anche al fatto che io, dentro piste tipo cross o fettucciati, sono scarsissimo. Mi ritrovo a girare a passo d’uomo, senza saltare né derapare, mentre gli altri giornalisti mi passano sulle orecchie sparandomi addosso sassate con la ruota posteriore.

Il parco giochi dove portare al limite la moto

Mi sono detto: ma se vado da anni, perché in fettucciato faccio così schifo? Poi ho capito. Il mio modo di intendere il fuoristrada, comune a migliaia di persone, è quello turistico.

Senza neanche farlo apposta, chi ambisce a macinare chilometri su fondo naturale in luoghi isolati della Terra marcia al minimo della velocità umanamente ammissibile, perché deve risparmiare la moto ed evitare di cascare e farsi male (sopra, il deserto di Murzuq in Libia). È una forma mentale che assimili come il respiro, per cui non ci pensi.

Io quindi sono in grado di affrontare una HAT Extreme (850 km da fare in meno di 48 ore) ma non so impennare, né derapare o saltare. Se sono incerto, non tengo aperto.

Chi ha il mio approccio guida da decenni senza evolvere, è affidabile ed è in grado di andare più o meno dappertutto in sicurezza, ma con una tecnica che resta sempre ferma al livello base.

Al contrario, chi fa le gare in generale ha iniziato a fare fuoristrada fin da piccolo, ha una dimestichezza naturale con la velocità e la tecnica, ha sempre avuto la mentalità di uno che deve andare il più forte possibile e superare tutti, qualsiasi cosa stia guidando (in foto Jordy Manzoni durante la prova della Sherco 300 4T, quattro anni fa).

In generale le fratture non sono viste come una cosa da evitare come la peste, ma un passaporto necessario per andare sempre più forte. Mentre per un viaggiatore anche solo un pollice rotto significa la fine del sogno.

Ed è così, girando in fettucciato per provare le novità, che mi sono reso conto di quanto piano si vada nel fuoristrada turistico. Perché io quelle piste le interpreto come se fossero sterrati di montagna, quindi in seconda-terza marcia con un filo di gas. In montagna è giusto: non faccio rumore, non do fastidio ai pedoni che incontro (o almeno lo spero), non corro rischi.

Intendere il fuoristrada in senso turistico

Ma in pista, se giri così, sembri un deficiente. Allora provo ad aumentare il ritmo, a fare qualche saltino, ma il confronto con gli altri tester è impietoso. Loro derapano e saltano che è una bellezza. Ma mi domando: visto che sono moto da viaggio, ha senso provarle come fossero moto da cross? Non è più coerente come faccio io?

Una cosa è certa: un servizio fotografico viene meglio se il soggetto salta e derapa. È sempre stato così, anche se chi guarda la foto poi compra la moto e la guida come me. Per cui quando sono a quel genere di prova, cerco di far fotografare qualcun altro al posto mio.

Prova della Kove 450 Rally in fettucciato. Mi sforzo di saltare, mi sento ridicolo, allora fotografo il crossista Emanuele Alberio, che usa quella moto come una vera cross. E forse ci sta, perché la Kove in questione strizza parecchio l’occhio all’agonismo, mentre io pensavo che fosse una dual sport.

BMW R 12 G/S. Una delle moto più gustose che abbia mai guidato. Vorrei provarla dove conta davvero, in mulattiera, sulle montagne, nelle fangaie, invece devo accontentarmi del circuito permanente dei corsi di enduro della Federazione, al Gioiella di Faenza. Per fortuna che per gli scatti dinamici ci mettono a disposizione Alex Zanni, uno che correva nel mondiale cross.

Kove 800X Rally. A fare quel saltino mi diverto pure, ma è imbarazzante girare con tutti quei manici. In testa a tutti Niccolò Pietribiasi, un tempo endurista di livello mondiale, poi rallista.

Anche in questo caso il girare in fettucciato con quel gioiello di moto mi deprime: è talmente leggera e messa così bene a livello sospensioni che vorrei usarla per giri lunghi e impegnativi, tipo i percorsi di Sterrare è Umano Trophy o Malle Mutór.

E pensare che, un anno prima, quando era toccato alla prova della Kove 800X Pro, ci era stato detto questo: “Tenete la moto per un giorno. Andate dove volete. Fate quello che vi pare”. Anche in questo caso però mi ero reso conto che non ero il più dinamico tra i fotomodelli, così eravamo andati in due e l’altro, Marco Gualdani, era un ex crossista e aveva una guida molto spettacolare.

Questa è la prova più recente, la Moto Morini Alltrhike. Qui ci hanno fatto girare sia in sterrato sia in fettucciato. La mia velocità era sempre la stessa, ma in una situazione avevo un minimo di dignità, nell’altra ero semplicemente troppo lento.

Anche in questo caso avrei voluto tenermi la moto per una settimana e affrontare percorsi a scarsa aderenza, perché la Alltrhike ha una forte vocazione fuoristradistica e può montare gomme da enduro spinto.

Una delle prove più interessanti è stata quella della CRF1100L Africa Twin ES, perché Honda l’ha coraggiosamente organizzata nel mese di febbraio 2024 sull’Appennino piacentino, una zona dove in quel periodo era inverno pieno e avrebbe potuto nevicare.

Faceva comunque un freddo becco, ma lo spirito era quello di un’endurata tra amici, che girano tutto l’anno, incuranti del clima. Anche in questo caso la spedizione vedeva me insieme a Gualdani.

Una delle migliori prove che mi sia mai capitata: Royal Enfield Bear 650 nell’entroterra savonese, su un percorso tracciato da uno che di sterrati se ne intende, Salvatore “Sasaplanet” Di Benedetto.

La moto non era brutalmente da fuoristrada e i tester non erano crossisti con elevatissimi livelli di testosterone, per cui andavamo tutti a 30 orari, con un filo di gas, senza sentirci pesci fuor d’acqua.

Ma nulla è meglio di quando ti danno la moto e ti dicono “provala dove vuoi, per i fatti tuoi” come, per esempio, è successo con la Beta Alp 4.0. Quel giorno ho avuto l’opportunità di portarla in un percorso che conoscevo bene e che mi piaceva parecchio, a ovest del Lago Maggiore.

Si noti che per una rivista è normale avere una moto nuova in prova per un certo periodo, andando dove si vuole. Ciò che è raro è quando questo succede subito, al posto della presentazione ufficiale. Di solito una Casa sceglie una location spettacolare, con un percorso che esalti le qualità della sua moto.

Arrivi in aereo, ti accolgono in un super albergo (in foto il Miryad di Lisbona in occasione di un viaggio stampa Honda), c’è il cocktail di benvenuto, ti fanno una conferenza dove spiegano il chi-cosa-quando della nuova moto, poi si va a cena, e non è mai una bettola urfida, anzi.

Il giorno dopo, affronti un percorso meraviglioso, dove è dura trovare difetti alla moto. Oppure ti fanno girare in fettucciato… Comunque sia, sono presentazioni dove volano via un sacco di soldi.

Ma negli ultimi tempi, con le sempre maggiori difficoltà economiche che stiamo incontrando un po’ tutti, alcune Case hanno deciso per la formula “Vieni in sede, prendi la moto e facci il giro che preferisci”.

È successo con Beta, KTM, Moto Morini con la X-Cape 1200, Kove, Morbidelli. Non c’è l’albergo a 5 stelle e non mangio la tartare al lime, ma posso veramente andare in un percorso che conosco bene, per provare la moto come si deve.

Direi che la prima presa di contatto più clamorosa degli ultimi anni, per quel che mi riguarda, è stata quando il “prendi la moto e facci quello che vuoi”, nel caso della KTM 390 Adventure R, è sfumato da un’iniziale giornata in zona Cirimilla a una HAT Master Challenge da oltre 900 km. Altro che fettucciato…