Dopo le 8 della puntata precedente, eccone altre 10 tra quelle che mi sono rimaste più impresse. L’ultima è una vera tragedia
di Mario Ciaccia
Quello che mi diverte, nello scrivere questi articoli (il primo è stato pubblicato venerdì 18 aprile), è che non seguo una logica. Quando un evento adventouring o una motocavalcata mi vengono in mente li butto qua dentro.
Ma che differenza c’è tra le due tipologie? Va subito detto che entrambe non sono gare e non ci sono cronometri.
Motocavalcate
Le prime motocavalcate, come la Valli Orobiche (BG) del 1961 o il Mototrip (TR) del 1986, nacquero come passeggiata collettiva di fine stagione per ripercorrere i tracciati delle gare di enduro senza lo stress del cronometro. Nel corso dei decenni successivi sono nate ovunque, come i funghi.
La formula è, più o meno, sempre la stessa: un anello di circa 100 km, pieno di difficoltà, da affrontare solo con enduro specialistiche. È normale che molti si piantino, che si formino code colossali (i tappi), che gli organizzatori piazzino uomini ad aiutare (la compagnia della spinta).
Ambiente e paesaggio sono omogenei, dato che il percorso è concentrato in una zona molto ristretta. Sono dure, ma c’è molta goliardia.
Adventouring
In questo caso la fonte di ispirazione non sono le gare di enduro, ma i raid sulle lunghe distanze. Pertanto questi eventi sono aperti alle enduro da viaggio (dual sport, maxienduro), hanno percorsi più scorrevoli e sono spalmati su territori più ampi, con tappe di 200/300 km.
Molti si svolgono a tappe, comprese generalmente tra le due e le cinque.
La CR, seguita dalle due ultime cifre dell’anno in corso, è un giro organizzato dal MC Mistostretto due volte all’anno, nelle campagne intorno a Crema che, per me, sono tra le più belle della Pianura Padana.
Il percorso si svolge tra torrenti e canali, attraversa boschetti, sfiora cascine abbandonate, saluta alberi isolati che muoiono di solitudine. E, soprattutto, fa tanti guadi.
La versione autunnale si chiama CR e casca in ottobre, quella invernale CRW ed è a marzo. Io preferisco la CR, perché si svolge quando l’autunno inizia a dare il meglio di sé (nebbie, foliage), mentre la CRW va in scena nel limbo insipido tra inverno e primavera.
Questa me la ricorderò per sempre. La Otto Ore del Platani, un anello di 230 km di fuoristrada tosto con partenza e ritorno ad Agrigento in Sicilia.
Ho partecipato soltanto all’edizione del 2005: a Milano nevicava, qui fiorivano i mandorli. Molti tratti erano di puro fuoripista, senza vedere paesi per chilometri ma la vera sorpresa furono i tagliafuoco che vedete sopra, sul Monte Sara.
Erano montagne russe ripidissime, su e giù, su un fango che sembrava pongo. Che esperienza…
Forse, la motocavalcata più strana cui abbia mai partecipato è stato il Rally della Laguna, che s’è disputato una volta sola, nel marzo del 2010, tutto intorno a Venezia.
Si svolse durante un colpo di coda dell’inverno, con nebbia fitta e neve sulla spiaggia della prova speciale, rendendo ancora più allucinanti le sensazioni di un percorso già anomalo di suo.
La 1000 Sassi è organizzata da Motolampeggio di Daniele Alessandrini e l’edizione 2025 si terrà dal 22 al 25 maggio. I percorsi e la stessa formula cambiano spesso; quest’anno, come nel 2024, si baserà su tre tappe a margherita intorno a Orvieto.
La mia edizione preferita è stata quella del 2022, in cui si partì da Arezzo e si fecero tre tappe in linea, dormendo ogni volta in un paese diverso, fino a tornare ad Arezzo. Mi piacque perché fu un vero viaggio attraverso tutta la Toscana.
La formula delle tappe a margherita ha preso il sopravvento per permettere di partecipare anche solo a una o due tappe, allargando la rosa dei partecipanti, ma la magia del percorso in linea è inarrivabile.
Intorno al Lago di Garda (a ovest, a sud, a est) c’è un gran fiorire di eventi adventouring: Valli Bresciane Audax, Morenica, Zuk Marathon, Rally del Garda, Magnifica del Garda e Classic Franco Picco.
Il mio ricordo più vivido va alla Valli Bresciane, che è nata nel 2016 come notturna e si chiamava Valsabbia Classic.
L’edizione 2017 si rivelò molto dura, per essere un evento dedicato alle bicilindriche, perché aveva delle salite lunghe, ripide e a scarsa aderenza.
In particolare quella in foto si rivelò la peggiore: erano le tre di notte e ricordo moto piantate, cadute, abbandonate, perse. Il MC che l’organizzava, il Leonessa d’Italia 1903, disse che volevano farne “la Gilles Lalay Classic delle maxienduro”.
Era un po’ un azzardo, perché i possessori di bicilindriche raramente amano affrontare percorsi dove si bloccano e cascano. In seguito l’hanno resa più facile, scorrevole e diurna; e l’hanno chiamata Valli Bresciane Audax.
Ma io ricorderò sempre con masochistico piacere quella salita alle tre di notte. La prossima edizione è prevista per sabato 10 maggio.
Malle Mutor è un gioco di parole che ci dice che questo evento giovanissimo è ispirato alla Dakar, ma si svolge in Romagna.
Esattamente come le prime Valsabbia Classic offre percorsi molto impegnativi per le bicilindriche, però sembra che abbiano trovato degli estimatori che non soffrono troppo a sdraiare la loro motovacca. Io ho affrontato l’edizione 2024 e sono molto fiero per essere riuscito a superare certi passaggi ma, lì per lì, me la facevo sotto.
E credo che sia così che vogliano farci sentire gli organizzatori che, cosa molto rara in questo ambiente, sono giovani.
Tre tappe: una aveva le rocce, una le dune di argilla, una il fango. E tutte e tre iniziavano con 7 km sulla spiaggia di Rimini.
L’edizione 2025 si terrà dal 23 al 26 ottobre.
La Terre Nere si svolge ai primi di aprile di ogni anno (c’è appena stata) a Sant’Agata di Puglia (FG) e oggi è organizzata dal MC 6 cilindri, ma un tempo non si chiamava così.
Quando vi partecipai, nell’autunno del 2006, si chiamava Motocavalcata dell’Appennino Dauno ma io rimasi colpito dal colore scuro che avevano i campi e così pubblicai un articolo avente per titolo Terre Nere. E quello diventò il nome ufficiale.
Ricordo un percorso eccezionale, come divertimento di guida e fascino del paesaggio.
Una di quelle che ho amato di più in assoluto è stata la Harditaroad Trento-Trieste, che si disputava a inizio estate.
Venne inventata da due amici veneti che, dopo avere partecipato alla Hardalpitour, erano tornati a casa talmente esaltati da decidere di farne una versione “dalle loro parti”, ovvero da Trento a Trieste.
Vennero ad Eicma a parlarmene e pensai “poveri illusi, figurati se in Trentino lasciano fare una cosa simile”. E invece successe.
Il percorso misurava qualcosa come 900 km, da percorrere in botta unica passando per l’altopiano di Lavarone, per quello dei Sette Comuni, per il Monte Grappa, per il Monte Cesen, per il Cansiglio, per il Cadore, per gli sterratoni intorno ad Aviano, per i magredi del Friuli, per la Carnia e per la Slovenia.
Un capolavoro, un’altra tappa della Dakar in Italia
Rispetto alla Hat era più dura, per un solo motivo: faceva molto più caldo e questa cosa rendeva una tortura il ritorno a casa da Trieste, dopo 900 km no stop, su quella palla che è l’autostrada. Per questo motivo, nel 2019 il percorso è stato trasformato in un anello con partenza e arrivo a Marostica.
Meno stancante, più pratico, ma il fascino è venuto a crollare e dal 2021 non si disputa più. Del resto la Dakar piace perché è dura, no?
Lo Sterrare è Umano Trophy, che si disputa in Abruzzo, mi ha folgorato.
Ho partecipato soltanto all’edizione del 2024, che s’è svolta a fine aprile, dopo che una serie di nevicate avevano imbiancato gli Appennini, mentre sulla costa la primavera stava esplodendo.
Quindi stavi su queste colline con gli alberi in fiore, il mare celeste da un lato e la neve fresca dall’altro. Forse i paesaggi più belli mai goduti, ma è chiaro che non succederà molto spesso che nevichi a fine aprile. Anzi, quest’anno l’edizione sarà in maggio, dall’1 al 4.
Comunque, oltre al paesaggio mi aveva colpito la qualità dei percorsi, con hard davvero divertenti se fatti con una bicilindrica, anche se piuttosto difficili.
Chiudo con la motocavalcata per me più tragica, la Motovigna del 2016, un percorso molto tecnico che si disputa sulle colline di Dogliani (CN).
Successe che mi svegliai con febbre alta e una diarrea spaventosa, della serie che dovevo fermarmi ogni due per tre per concimare cespugli. Ma stavo sempre peggio, tanto che abbandonai il tracciato per tornare a Milano. Appena deciso ciò, mi è arrivato un attacco violentissimo di fuggitiva, con dolori lancinanti.
Un gruppo di lettori mi ha riconosciuto e mi ha chiesto di fare la foto insieme, mentre me la stavo praticamente facendo addosso. Loro non si resero conto di nulla. Salvo, immagino, domandarsi come mai fossi venuto con quella faccia.