In prova: BMW R 12 G/S

L’ultima componente della famiglia R 12 di BMW è una moto da aperitivo, come dicono alcuni, è la nuova HP2 o è ciò che la G/S avrebbe dovuto veramente essere? L’abbiamo provata su strada e in fuoristrada e abbiamo una risposta.

di Mario Ciaccia


Questo articolo lo voglio scrivere col sangue, perché è successo ciò che aspettavo, desideravo da anni. Vale però la pena tracciare una storia veloce della BMW R 80 G/S, per capire il perché di tanto entusiasmo.

È stata prodotta a iniziare dal 1980 ed era la versione da turismo dei prototipi con cui la Casa tedesca gareggiava e vinceva alle Sei Giorni di regolarità. Il pubblico l’ha accolta con entusiasmo perché era la classica moto che non esisteva, adatta a viaggiare in coppia con i bagagli su qualsiasi terreno, dalle autostrade alle sterrate di tutto il mondo.

La chiese fortemente l’importatore statunitense, nel ’77, per contrastare il successo della Yamaha XT 500 con una bicilindrica che si prendesse uno spazio laddove la giapponese era carente, ovvero lo scarso spazio per passeggero e bagagli. La nuova G/S era più pesante e impegnativa in fuoristrada, ma più comoda, spaziosa, potente e adatta alle traversate intercontinentali.

Nacque così un mezzo leggendario, carismatico, che vide la sua fama amplificata dalle quattro vittorie conquistate alle Dakar 1981, 1983, 1984 e 1985. Trasudava avventura da ogni poro ed era facilmente modificabile per poter affrontare rally, raid o percorsi enduristici.

Nel 1984 venne prodotta la versione celebrativa Paris-Dakar e nel 1988 arrivò la nuova generazione: R 80 GS e R 100 GS (senza slash) con sospensione Paralever. La 100 c’era anche in versione Paris-Dakar.

Nel frattempo la concorrenza si faceva sotto, nei negozi e alla Dakar: iniziò Honda con la XLV 750R, poi si aggiunse Cagiva con le sue Elefant da 650 cc, destinate a crescere a 750 e 900 cc. Quindi, Honda ripartì da zero con la Transalp 600 e le Africa Twin da 650/750 cc e infine arrivò Yamaha, nel 1989, con la Super Ténéré 750.

Sono i soliti racconti del periodo d’oro delle maxienduro, che durò per tutti gli anni ’80 e poi si trasformò, durante i ’90, di pari passo con la perdita di interesse della gente per la Dakar: adesso le moto erano più potenti, stradali e meno affascinanti. Quando BMW presentò la R 1100 GS, nel 1993, era veramente finita un’era.

La nuova moto non aveva una vite in comune con le precedenti GS ma, soprattutto, portava avanti un’idea differente. Era costruita in maniera più razionale ed era più grossa, pesante, comoda, potente e veloce. Andava molto meglio su strada, ancora meglio in autostrada.

Era completamente diversa anche a livello di ciclistica ed esteticamente era stranissima, almeno quanto oggi lo è la R 1300 GS Adventure, perché BMW ha questa coraggiosa caratteristica di presentare linee talmente avanti da spiazzare, appena vengono mostrate al pubblico.

Io non ero certo l’unico ad essere affascinato dalla sua linea e dalla sua tecnica, che non aveva nulla a che vedere con qualsiasi altro motoveicolo visto prima di allora. La maggior parte di coloro che compravano le GS per usarle solo su strada erano entusiasti della novità e la preferivano alla vecchia. Del resto, lo sapete, le vendite sono andate sempre meglio.

La moto ha beneficiato di un’evoluzione costante: R 1150 GS, R 1200 GS, R 1200 GS ad acqua, poi a fasatura variabile, poi da 1250 e 1300 cc. Ma il succo della questione è che BMW aveva cambiato completamente filosofia, con la R 1100 GS. Anche i modelli Adventure non avevano quella genuina rozzezza che rendeva così affascinante la G/S.

Linee talmente avanti da spiazzare

Le nuove non emanavano un grammo del suo fascino e si sono evolute sempre più in direzione della potenza, della resa su strada e delle sofisticazioni, diventando un gioiello di tecnologia, ma facendo sentire sempre più orfani gli amanti delle prime G/S.

Ogni tanto, però, ci siamo illusi che la “barra” stesse tornando. Nel biennio 2000-2001, BMW ha corso la Dakar con la R 900 RR, derivata dalla R 1150 GS ma con i carburatori e una ciclistica tradizionale (telaio, forcella telescopica). Era più complessa rispetto alle GS dakariane anni 80, ma andava forte: ha debuttato con un terzo posto (Jimmy Lewis).

Nel 2001 venne ingaggiato addirittura Nani Roma per portarla alla vittoria, ma la gara andò male e quella moto venne mandata in pensione, senza ricadute commerciali, per lo meno non dirette e non dell’immediato.

Già, perché quattro anni dopo, a sorpresa, BMW ha presentato la HP2, equipaggiata anche lei con un “vero” telaio e con una forcella telescopica (da ben 270 mm di corsa, tra l’altro). Quando è uscita, i nostalgici delle G/S hanno esultato, anche se il prezzo richiesto li ha gelati quasi tutti: 18.000 euro.

Però era un mezzo pazzesco, concepito per correre, con pezzi realizzati solo per lei, un peso dichiarato strepitoso per una bicilindrica da 1200 cc (175 kg ma, di fatto, era un dato troppo ottimistico) e un’estetica tra le più belle mai viste. Non è durata: il fascino era altissimo, ma presentava i difetti delle mono e delle bicilindriche insieme, senza i loro pregi e un prezzo, come detto, stellare. Non era un mezzo da grandi numeri.

Oggi, la nuova BMW R 12 G/S

Siamo di fronte a una moto che riporta la slash nella sigla e che ha espliciti richiami alla mitica R 80, in più ricorda la HP2. Costa sempre tantissimo, ma in proporzione è molto più abbordabile: in 19 anni il prezzo è rimasto lo stesso, 17.900 euro, che diventano 18.680 con il kit Enduro Pro, altamente consigliabile se con questa moto volete andare in fuoristrada. Tanto che mi viene da ribaltare la questione: questa è una moto da fuoristrada da 18.680 euro. Se vuoi andare solo su asfalto, allora c’è una sorella meno costosa.

La cosa interessante è com’è stata accolta. Direi che ci sono tre correnti di pensiero. Quelli come me ci vedono la ripresa del discorso interrotto con l’arrivo della R 1100 GS, quindi sono stracontenti che sia arrivata e dicono: “Meglio tardi che mai”. Invece gli amanti delle adventure pure criticano mancanze come la protezione aerodinamica e lo scarso spazio riservato per il passeggero, quindi: “Costa un sacco ma offre poco, a cosa serve?”

Poi ci sono quelli che si lasciano influenzare dal fatto che la nuova moto sfrutta la piattaforma delle R 12, le moto d’impostazione classica destinate a un utilizzo urbano, per gli aperitivi al bar, che riciclano il vecchio boxer raffreddato ad aria e olio. Belle da vedere e da guidare, ma poco evocative se sei uno che sogna grandi viaggi in terre misteriose.

Oltretutto la versione Urban G/S, uscita di produzione, sembrava quasi una presa in giro: hai nostalgia per la vecchia R 80? Eccotene la versione da bar. Per quest’ultima categoria di commentatori, anche la nuova R 12 G/S “è una moto da aperitivo”. Ma lo è davvero?

Pochi giorni prima di provarla abbiamo parlato con il suo designer e gli abbiamo chiesto: è la nuova HP2? Ha detto di no, ma era la risposta di un progettista. Quella era una moto da corsa con pezzi pregiati concepiti appositamente per lei, questa sfrutta una piattaforma comune ad altre moto ed è meno agguerrita sul piano racing.

In sostanza, pesa di più e ha sospensioni con meno corsa. Ma, alla resa dei fatti, e tenendo conto che io non guido una HP2 da 17 anni, il percepito è altrettanto piacevole. Se prendi questa moto solo per andarci al bar, sei uno sprecone.

Tecnicamente parlando è semplice: il telaio a traliccio in tubi di acciaio e il motore sono gli stessi delle altre R 12. Quindi mentre la R 1300 GS ha 145 CV dichiarati, è raffreddata ad acqua, ha l’iniezione sopra, lo scarico sotto e la frizione multidisco in bagno d’olio, questa G/S eroga 109 CV, funziona ad aria e olio, ha l’aspirazione dietro, lo scarico davanti e la frizione monodisco a secco. Tuttavia, per poter montare la forcella da 210 mm di corsa e la ruota da 21”, è stato necessario montare il cannotto di sterzo più inclinato.

Se prendi questa moto per andare al bar sei uno sprecone

Ma queste cose le avevamo già dette quando siamo andati alla festa mondana in cui l’hanno presentata. E poi anche nell’articolo di presentazione. Parliamo di come va e del perché mi sia piaciuta così tanto, perché potrebbe piacere anche a parecchi di voi.

Esteticamente, con me ha funzionato così: quando, nella primavera 2005, ci arrivarono le cartelle stampa della HP2 io pensai “Non è possibile, non può esistere una moto così bella”. Quando è arrivata quella della R 12 G/S, non mi sono scombussolato più di tanto.

Ho pensato che fosse troppo lunga e bassa per essere una vera enduro e non così dissimile dalla Urban G/S, per essere una moto nuova. Se notate differenze tra lo stile delle foto, si vede che sono passati 19 anni: nel 2005 non esisteva l’intelligenza artificiale.

Dal vivo, però, la moto appare decisamente più slanciata e ha volumi gradevoli, ben proporzionati e che ricordano, in versione post heritage, proprio lei, la R 80 G/S e non solo perché è nuda, essenziale e ha il faro tondo, ma con la X in mezzo che ci ricorda che è sorella della R 1300 GS. Continuo a emozionarmi di più di fronte alla capostipite e anche alla HP2 e ci sta, sono due miti intoccabili, però anche la R 12 G/S è bella.

Sovrapponendo le due G/S, si nota l’interasse più lungo (1.580 mm contro 1.465), ma altezza sella e distanza dal manubrio sono le stesse. Non ho però capito se il confronto è stato fatto con la versione con il 17” posteriore o il 18”. C’è anche la versione con la colorazione originale: sella arancione, serbatoio bianco con motivi blu e celeste. I serbatoi sono simili: 16 litri il vecchio, 15,5 quello di 45 anni dopo.

Allo 04 Park di Monte Coralli, dove s’è svolta la prova, il PR and Communication di BMW Motorrad Alessandro Toffanin ha portato la sua personale BMW R 80 G/S Paris-Dakar, che abbiamo usato insieme alla nuova arrivata al momento di fare i video esplicativi.

Non so se mi piace di più quella con la livrea evocativa oppure la beige che si vede sopra. Questa colorazione mi colpisce emotivamente, perché ricorda quella della Moto Guzzi V85 TT Travel che guidai nel 2020, all’inizio della pandemia da Covid-19.

Incredibile, son passati appena cinque anni, eppure ho rimosso questa cosa assurda che dovevamo indossare la mascherina persino quando guidavamo le moto sui passi di montagna.

Comunque confesso la mia ignoranza e ammetto di non sapere cosa ci sia dietro la colorazione sabbia con i filetti rossi che sfoggiano queste due moto accomunate anche dall’essere equipaggiate entrambe con un motore bicilindrico ad aria, un albero motore longitudinale e una trasmissione finale cardanica.

Purtroppo, nel caso della BMW R 12 G/S questa livrea costa la bellezza di duemila euro in più, perché è dedicata alla sola versione lusso, la Option 719 Aragonite, dotata di particolari più pregiati (basta dare un occhio alle pedane del passeggero).

BMW R 12 G/S, il cerchio lo scegli tu

La versione base, quella da 17.900 euro, esce di serie con un cerchio posteriore da 17″ e una luce a terra già ottima (240 mm).

Il kit Enduro Pro costa 780 euro e consiste nell’adozione di un cerchio posteriore da 18”, di riser che alzano il manubrio di 20 mm, di pedane larghe e artigliate e della mappatura dedicata al fuoristrada.

La luce a terra passa a ben 255 mm, una delle più alte tra le pluricilindriche. Per equilibrare l’innalzamento del posteriore, la forcella Marzocchi pluriregolabile da 45 mm e 210 mm di corsa viene sfilata di 3 mm, contro i 15 mm della versione base. Il manubrio può essere ruotato o spostato in senso longitudinale.

Sulla versione base, la sella è abbastanza alta da terra (860 mm), ma è stretta. L’imbottitura è soda e, dopo appena 80 km di asfalto, ho iniziato a provare i primi fastidi. Sono allenato e, sulla mia Ténéré che notoriamente non è comodissima, reggo 200 km di fila prima di voler cambiare posizione.

La versione base esce di serie con il posteriore da 17″

Notate che T7 e R 12 G/S dichiarano la stessa corsa alla ruota per le sospensioni (210 mm davanti, 200 dietro) ma la Yamaha ha un motore molto più sviluppato in altezza, per cui, per avere una luce a terra di 240 mm, tutto si sposta verso l’alto: nonostante sia poco imbottita, la sella si trova comunque a 875 mm da terra.

Ho fatto questo confronto perché ero lì con la mia, ma serve per capire quanto la BMW, grazie al suo particolare motore a cilindri contrapposti, abbia il baricentro più basso anche rispetto ad altre moto.

La BMW R 12 G/S è per i lupi solitari

Il passeggero è isolato su una sella stretta, cortissima e dura, con le pedane molto vicine. Non è la moto ideale per una coppia che vuole andare in vacanza, specie se lei passa il metro e settanta. C’è una versione Pillion della sella che è più comoda, ma non sembrerebbe fare miracoli. Se invece sei da solo, allora questa moto potrebbe piacerti molto.

Anche nella versione base il manubrio è alto e largo e le pedane sono arretrate per impedire che gli stinchi sbattano contro gli iniettori. Rispetto alla HP2, il manubrio è più avanzato e io lo preferisco molto. La triangolazione per guidare seduti su asfalto è perfetta. Con tale termine intendo dire che mette a proprio agio per guidare sportivi nei tornanti, con la sensazione di un ottimo controllo, che le gambe non sono troppo piegate, ma c’è di più.

Non è la moto ideale per una coppia

Oltre a essere una postura comoda e che mi permette di guidare in scioltezza, ha anche quel qualcosa che rende l’esperienza esaltante, che fa aumentare la felicità curva dopo curva. Piace molto a chi ama le moto semplici, strette, col manubrio alto e largo e che fanno godere nelle curve a corto raggio: è l’essenza delle scrambler, la sensazione di onnipotenza derivata dal maneggiare un veicolo che va dove volete voi, senza fatica e senza pensieri.

Un po’ quello che le GS, a partire dalla 1100, non sono più state, essendo diventate belle grosse e imponenti. Si è cercato di tornare indietro con la R 1300 GS, ma la R 12 G/S, a confronto, è una bella boccata d’aria fresca.

La BMW R 12 G/S è la nuova Urban G/S

La prima generazione di R nineT è stata disegnata dallo svedese Ola Stenegärd (che poi è passato a Indian) e comprendeva la stradale base, la scrambler e la Urban G/S, che era una sorta di scrambler travestita da versione post heritage della G/S. Quindi l’estetica ammiccava al fuoristrada, la ciclistica no.

Poi, la gamma è stata rifatta da capo per mano dell’olandese Bart Janssen Groesbeek e si chiama R 12: comprendeva una naked e una custom, ma mancava la Urban G/S. Adesso che è arrivata questa, c’è chi, con una certa superficialità, ha fatto confusione. Ma la nuova arrivata è molto, molto meglio.

A maggio ho passato 10 giorni in Sicilia, percorrendo 2.200 km proprio con una BMW R nineT Urban G/S e divertendomi molto, perché è un mezzo agile e pieno di coppia. Il motore è lo stesso della G/S: il “vecchio” boxer ad aria e olio che equipaggiava la R 1200 GS prima che arrivasse la rivoluzione del raffreddamento ad acqua. Alesaggio e corsa 101×73 mm, 1.170 cc, 109 CV a 7.000 giri/min, 115 Nm a 6.500 giri/min.

È una meraviglia, riprende senza sussulti dai 1.500 giri come se fosse un aereo, lo adoro, è perfetto per divertirsi in montagna senza fare fatica. La moto è molto maneggevole, però avevo le gambe piegatissime, per cui dopo un po’ mi venivano i crampi e, sullo sconnesso, la forcella era troppo molle e il mono era troppo rigido. Pensavo: che peccato, sarebbe una gran moto se avessi le gambe più distese e sospensioni che lavorano bene sullo sconnesso.

Ecco, la R 12 G/S è la Urban G/S che sognavo. Risolve i pregi e non aggiunge difetti, a parte uno che può essere importante: l’altezza da terra della sella. Io sono alto e penso di non essermi mai divertito così tanto a guidare una moto su asfalto. La prova s’è svolta sugli Appennini alle spalle di Faenza, su passi di collina secondari come il Trebbio e il monte Fortino. C’erano tratti fatti bene, con curve a largo raggio ben asfaltate e altri terribili per una moto da strada, con tornanti strettissimi e fondo stradale malmesso.

Stranamente, non erano previsti shooting fotografici in questa fase, allora noi giornalisti abbiamo approfittato di un momento di sosta per farci le foto a vicenda con una compattina che porto sempre in tasca, della serie “non si sa mai”.

Questi bei panning in rettilineo però sono dei fotografi ufficiali. Ma è in curva che ci si diverte, con la G/S 1200: è la classica moto con cui viene facile stringere il tornante dall’inizio alla fine, senza che l’avantreno allarghi e con le sospensioni che copiano tutto. Dove invece le curve sono più larghe e il fondo è liscio si avvertono i tipici trasferimenti di carico delle sospensioni morbide a lunga escursione, ma non è niente di drammatico.

C’è anche l’ammortizzatore di sterzo, che smorza le sbacchettate tipiche di quando si arriva forte su un tratto sconnesso. Tra l’altro non ho ancora elogiato BMW per aver montato un vero parafango alto, quindi adatto alle fangaie.

L’unico appunto nella guida su strada è che i freni da 310 mm, molto potenti e modulabili (con pinze a 4 pistoncini, curiosamente non radiali), se usati come su una moto sportiva fanno affondare parecchio la forcella, il retrotreno si alleggerisce e dietro l’ABS si attiva a sproposito.

Quindi, le soluzioni sono tre: o freni morbido, o lo fai solo davanti, o metti la modalità Enduro Pro che esclude l’ABS sulla ruota motrice. Il sistema antibloccaggio appartiene all’ultima generazione, quindi è sensibile all’angolo di piega.

La strumentazione tonda (rimpiazzabile, a richiesta, con una interamente digitale, piccola e rettangolare) aumenta la sensazione che la moto sia spartana, ma in realtà siamo in piena epoca moderna. Non fatevi distrarre da quella obsoleta serratura al centro: serve solo per il bloccasterzo. L’avviamento è keyless, con due pulsanti sul blocchetto di destra: uno avvia l’impianto elettrico, l’altro il motore.

Il pulsante Mode regola i pacchetti: Road, Rain, Enduro. Poi, chiaramente, nel kit comprendente la ruota da 18” c’è anche l’Enduro Pro, che esclude l’ABS dietro e il controllo di trazione. BMW lo chiama Controllo Dinamico della Trazione (DTC) ed è di serie, insieme al sistema di regolazione della coppia del motore in fase di rilascio (MSR).

la R 12 G/S è la Urban G/S che sognavo

Abbiamo anche due prese elettriche: la USB-C per ricaricare il telefono e quella a 12V per collegare l’abbigliamento riscaldato, il compressore o qualcosa d’altro. Occhio però che BMW monta sempre la 12V “stretta”, mentre la concorrenza preferisce quella “larga”.

A richiesta si possono avere il quickshifter Shift Assistant Pro, le manopole riscaldate, l’assistenza per le partenze in salita, il cruise control, il ConnectedRide Control per far dialogare lo smartphone con la strumentazione, un faro più potente, il controllo della pressione delle gomme, il paracilindri.

Come va la BMW R 12 G/S in fuoristrada

La prova in fuoristrada s’è svolta nello 04 Park Monte Coralli, il centro polifunzionale progettato dalla società di Andrea Dovizioso, inaugurato cinque giorni prima della nostra prova e che ha, come epicentro, la famosa pista da cross teatro di sfide mondiali, che è stata rimessa a posto.

Ma qui ci sono anche una pista da enduro lunga un chilometro e mezzo e la nuova sede del Centro Tecnico Federale, che un tempo era a Polcanto. Vi verranno tenuti corsi di formazione per gli istruttori della Federazione, allenamenti collegiali, corsi di guida sicura e lezioni di fuoristrada a tutti i livelli.

La pista da enduro ha il fondo di terra e un tracciato con salite e discese ripide, oltre a curve molto strette, dove imparare a gestire la posizione di guida e il bilanciamento dei pesi. Purtroppo – o per fortuna – non ci sono le pietraie, che è il tipo di fondo più facile da trovare quando fai enduro con una bicilindrica. E non c’era neanche il fango, cosa che ci ha reso la vita molto facile.

Gli edifici in legno e vetro ricordano l’architettura scandinava. Questa è la palazzina dedicata al Centro Tecnico Federale: aula per conferenze e lezioni, spogliatoio, rimessa moto.

Abbiamo avuto l’onore di girare con Alex Zanni (al centro), ex crossista di alto livello, che guidava una maxi per la prima volta ed era stupito, perché pensava che fosse impossibile fare enduro con moto pesanti più del doppio delle racing monocilindriche.

Meno male che non aveva esperienza con le “vaccone”… Sapete com’è, no? Vi sentite tranquilli, il percorso non è impegnativo, vi sembra di sopravvivere dignitosamente, ma questo ha vinto due europei e un italiano, ha un livello di guida inimmaginabile, per cui vi guarda disgustato e vi dà dritte preziose su come distribuire i pesi sulla moto, che spero di mettere a frutto le prossime volte.

In fuoristrada abbiamo usato soltanto la G/S dotata di kit Enduro Pro, con cerchi 21-18” gommati Michelin Anakee Wild. La moto è più alta di sella: arriva a 875 mm, ma sembra meno della mia T7 che dichiara la stessa quota.

A richiesta c’è la sella Rally, più alta di 2 cm. Si arriva così a 895 mm, inferiori ai 915 della Ténéré Rally 2025 o ai 913 dell’Aprilia Tuareg 660 Rally, cioè le enduro stradali più alte in circolazione, che però vantano sospensioni con maggiore escursione.

I riser rialzati fanno sì che il manubrio stia più in alto, rispetto alla base e personalmente la postura rialzata mi piace pure su asfalto. La moto dichiara un peso importante (218 kg senza benzina, 229 con il pieno), ma sembra molto leggera, per via del baricentro basso.

Ciò che mi ha colpito di più, della nuova G/S, è il bilanciamento. La sorella F 900 GS, quando è stata presentata, non spiccava rispetto alla concorrenza, avendo, sulla carta, le stesse caratteristiche di molte altre.

Ma guidandola mi aveva stupito per il bilanciamento (per la foto devo ringraziare Massimo Di Trapani), ovvero quella capacità di mantenersi neutra mentre la guidi in piedi, per cui vai dove vuoi tu e non dove vuole la moto. La G/S le somiglia pure come posizione di guida: è come se, in BMW, ci sia un ingegnere che ha trovato la ricetta per il bilanciamento perfetto e l’ha applicata a questi due modelli (e la F 900 GS non è neanche boxer!).

La sensazione, però, è che questa R 12 non sia solo ben calibrata come distribuzione dei pesi, ma anche che abbia un angolo di sterzo molto aperto, che le dà stabilità e che infonde sicurezza al pilota. Me ne sono reso conto quando sono entrato a girare nella stessa pista con la mia Ténéré e la sensazione era quella di uno sterzo più verticale e nervoso.

Ci sono rimasto male, visto che sto parlando del mio mezzo personale. Immaginate, poi, quando sono andato a vedere i dati ed entrambe le moto dichiarano 63°… Quindi faccio bene a usare la parola sensazioni ma si sa che, parlando di geometria, entrano in gioco tanti fattori: avancorsa, interasse, distribuzione pesi, ecc.

La pista non aveva pietre, buche e salti, per cui non mi sono fatto un’idea di come vadano le sospensioni quando servono veramente, posso solo dire che lì lavoravano molto bene. Sicuramente il mono è migliore di quello ad aria della HP2, che venne molto criticato all’epoca, ma se la gioca con le migliori bicilindriche.

Chiaramente, vista la natura spartana della moto, le sospensioni Marzocchi sono completamente meccaniche, davanti e dietro; e sono regolabili in compressione, estensione e precarico.

Il motore è fantastico anche in fuoristrada perché, pur essendo potentissimo a qualsiasi regime, consente di viaggiare con un filo di gas ad andatura tranquilla, senza timore che ti scaravanti via; però mi sono trovato in difficoltà con la frizione.

Per carità, è morbida e progressiva. E la trasmissione cardanica non dà fastidio. Il problema sta nelle marce, che sono molto lunghe. Non sembrerebbe grave, perché il motore riprende pulito e generoso da 1.500 giri/min. Solo che, dopo tre giri fatti tenendo sempre la seconda, la frizione puzzava di bruciato.

Non mi pare proprio di avere fatto chissà quali sfrizionate, però a quel punto ho preferito mettere la prima e usare solo quella. Gli altri tester erano divisi tra chi faceva tutto in prima e chi tutto in seconda senza puzza di frizione, per cui dovrei farmi qualche domanda. Sempre per metterla a confronto con l’unica moto diversa presente, con la T7 ho usato la seconda e la terza senza problemi di frizione.

Il cardano, dicevo, non dà fastidio, quando fai i discesoni e scali le marce non senti colpi o strattoni, ma la Casa indica in 40.000 km la sua durata prima di cambiarlo: questo perché non c’è la frizione antisaltellamento. Non è una bella notizia, sposta il verdetto finale più su “giocattolo per ricchi” quando ha  in realtà un potenziale di “moto totale che può soddisfare anche chi la moto la vive profondamente”.

Il giudizio sulla BMW R 12 G/S

In conclusione, questa non è una moto da bar anche se, in quel contesto, ti fa fare una gran bella figura. Questa è una moto che va molto bene, che emoziona e dà gusto. Per me è come la G/S avrebbe dovuto evolversi, per cui non penso che sia la seconda o terza moto per ricchi annoiati, come dicono in tanti.

Io la vorrei possedere per usarla a fondo, facendoci qualsiasi cosa. Per cui mi servirebbe con la protezione aerodinamica, la sella più comoda, il motore e gli scarichi più protetti, telaietti e portapacchi per le borse… e la frizione antisaltellamento, per non dover cambiare il cardano ogni 18 mesi.

Tra gli optional esiste una protezione aerodinamica minimalista (che magari fa miracoli? Finché non la si prova, non la si può giudicare) mentre non sarà facilissimo proteggere motore e scarichi dalle sassate e le spanciate.

Ne ho parlato agli uomini BMW e mi hanno risposto che come la vorrei io sarebbe un’altra moto. In un certo senso hanno ragione: così com’è, nuda e spartana, ha un fascino micidiale.

Sembrerebbe avere solo due concorrenti, ovvero altre due post-heritage che vanno bene in fuoristrada: la Ducati Desert Sled (uscita prematuramente di produzione) e la Triumph Scrambler 1200 XE, che ha 90 CV e, di base, viene sui 15.000 euro, con ottime sospensioni Öhlins.

Ma, allargando lo sguardo, questa nuova BMW ha un potenziale micidiale e non so quanto a Monaco se ne stiano rendendo conto. È la G/S che tanti avrebbero voluto, fin dal 1994.

E allora ci starebbe, un modo non invasivo di renderla più comoda e fruibile per i viaggi e l’uso nella vita reale.

BMW R 12 G/S
Doti fuoristradistiche
8.5
Versatilità
6
Ciclistica
9
Motore
9.5
Piacere di guida
9.5
Pro
Gusto di guida
Erogazione
Ciclistica
Contro
Prezzo
Versatilità
Frizione
8.5
Totale