Viaggiare con una moto da 125 cc può sembrare una cosa da disagiati. Tra questi ci sono anche io e la spiegazione è che la cosa mi procura sensazioni particolari. Provo a raccontarle, anche se è difficile.
di Mario Ciaccia
Sento di non essere solo e che qualcuno potrebbe condividere le cose che sto per raccontare. Ma so anche che in parecchi mi diranno che sono scemo.
Io ho iniziato ad andare in moto a 14 anni con un Moto Guzzi Trotter 50 che stava male. D’inverno pativa il freddo e non si metteva in moto facilmente, d’estate si surriscaldava e dovevo fare soste refrigeranti e, in generale, era lento, lentissimo, tipo 30 km/h quando si impegnava.
Dal 50 alla 125: bello
Per cui quando, a 17 anni, ho comprato la mia prima moto il balzo in avanti in termini di qualità della vita è stato quantico, anche se era una vecchia Gilera Arcore 125. Era il 1984, a Milano c’erano i paninari, la 125 troppo giusta era la Zündapp KS raffreddata ad acqua e la mia Gilera era oggetto di prese per il culo a non finire, ma per me era paradisiaca.
Si metteva in moto, non si rompeva, superava i 100 km/h e, in poche parole, mi permetteva di partire da Milano e andare a fare i passi di montagna, cosa che desideravo fare fin dai 12 anni.
Qui sono nella Valle di Guspessa, sulla strada che passa per le pendici del monte Padrio, in Valtellina (SO), tra i passi dell’Aprica e del Mortirolo e a sinistra si vede la Honda XL 125SD di mio fratello.
Quello che mi sconvolgeva era che i paninari quassù non ci venivano, perché loro con le Zündapp giravano soltanto in città. E io mi domandavo, inventando uno scioglilingua (con la “g” del Nord Italia): «ma è più figa una moto figa che non fa giri fighi o una moto sfigata che però fa giri fighi?»
Viaggiare con moto 350 cc
Poi è successo che i 100 km/h e i 20 secondi per fare i 400 metri da fermo non mi sono più sembrati così fotonici e a 19 anni mi sono comprato una Moto Morini 3 ½ Sport da 39 CV e 170 km/h. Quella sì che correva! Così in tre mesi ci ho fatto due incidenti, ho distrutto la moto e per mancanza di soldi sono tornato all’Arcore. Adesso sì che mi stava stretta anche se, grazie ai suoi consumi tra i 28 e i 38 km/l, potevo fare giri più lunghi a parità di spesa.
Se ti abitui a una 350 e all’autostrada, i viaggi con l’ottavo di litro diventano insopportabili perché sei costretto a stare sempre in statale: se devi fare un trasferimento e hai fretta, non ti passa più. I sorpassi dei camion sono pericolosissimi, durano chilometri perché non hai cavalli e sei solo un po’ più veloce di loro. In montagna vai pianissimo, se sali in prima è troppo corta e il motore urla a passo d’uomo, se metti la seconda non la tiene.
Morale, appena ho avuto i soldi ho rinnegato quel mondo e ho iniziato la mia scalata verso cilindrate più corpose. Anche perché, entrando nel mondo delle riviste specializzate, mi sono ritrovato a guidare ogni genere di moto, comprese le 125 a due tempi da 34 CV tipo Cagiva Mito.
La moto più grossa su cui sono salito è stata una Boss Hoss Big Block con motore a 8 cilindri a V da 8.300 cc, con 355 CV e 503 kg di peso. Purtroppo mi ci fecero solo salire ma senza il permesso di provarla, mannaggia.
In seguito, alla Boss Hoss hanno capito che 8.300 cc era una cilindrata esagerata e hanno messo la testa a posto: oggi, la più grossa delle sue moto ha appena 8.100 cc. In compenso, la potenza è arrivata a 600 CV.
La TranSicilia fu galeotta
Nel 2005 è successo che dovevo andare in Sicilia a seguire un motorally di tre giorni e l’unica moto disponibile in redazione era una Yamaha DT 125 a due tempi con 15 CV. Dovevo andare a Genova facendo 160 km di statale, imbarcarmi insieme ad altri concorrenti, quindi andare da Palermo a Nicolosi, sulle pendici dell’Etna.
In statale, passando per Enna, erano 280 km molto tortuosi. Siamo sbarcati all’ora di cena: i concorrenti hanno imboccato l’autostrada, mentre io sono rimasto solo e ci ho messo la bellezza di cinque ore, arrivando a notte fonda. In autostrada, con una moto potente, ce ne avrei messe due.
Il tracciato era pieno di curve, i paesini erano deserti, ho trovato una strada franata e ho aggirato il problema buttandomi su una sterrata stupenda; ho cenato in un chiosco, in un paesino sperduto in mezzo alle montagne. Morale: da una parte ero affranto per averci messo cinque ore, dall’altra avevo un senso di appagamento e soddisfazione che non avrei mai provato in autostrada.
Mi sono reso conto che questa moto, così piccola e lenta, aveva un fascino bestiale proprio per i motivi che mi avevano portato a rinnegare le 125: l’essere costretto a fare solo statali aveva reso la cosa un viaggio, vissuto e avventuroso, e non un trasferimento. Una sorta di “si stava meglio quando si stava peggio”.
Finito il rally, dove la moto mi ha divertito molto, anche il ritorno a Palermo è stato memorabile. Qui sono a Portella dell’Obolo (ME), un valico ancora coperto di neve sui Nebrodi, a quota 1.503 m. Mi piace più dell’autostrada.
A questo punto m’è venuta voglia di usare altre 125 cc per fare i miei servizi. Non sempre, eh! Una volta ogni tanto. Tipo un articolo sui cercatori d’oro del fiume Elvo dalle parti di Biella con una Derbi Mulachen o una motocavalcata in Valle d’Aosta con un’altra Derbi, la Terra Adventure. In quella occasione feci sterrate fin da Milano.
La Derbi Terra Adventure m’è piaciuta così tanto che l’ho usata anche per un servizio sulle Alpi Bresciane, nel 2008, come si evince da questa foto in cui si vede il famoso Dosso dei Galli con la base Nato ACE High (ne parlo nello Speciale Luoghi Misteriosi).
Questa Derbi era una piccola maxienduro fatta e finita, con cerchio anteriore da 21”, carena protettiva, borse laterali in alluminio opzionali. Aveva un motore Piaggio bialbero poverissimo di coppia, anche a confronto con le altre 125, ma consumava poco, fino a 43 km/l.
Viaggiare con i cinquantini
Si potrebbe pensare che anche viaggiare con moto da 50 cc procuri le stesse sensazioni e per buona parte è così, ma i gusti sono gusti e io preferisco le 125.
I monomarcia e gli scooter non mi sembrano moto e quelli a marce hanno delle erogazioni difficilissime, vanno tenuti perennemente a settantamila giri, altrimenti si ingolfano, perdono giri e bagnano la candela. Ho fatto diverse comparative con loro e mi sono anche divertito a usare quei due tempi, ma non per viaggiarci.
A proposito di comparative, ogni tanto capitavano anche quelle con le 125 cc, quindi non si trattava di scegliere un’ottavo di litro al posto di una moto “vera”, però notavo che si divertivano anche gli altri.
Una cosa che abbiamo scoperto è che in discesa, giù dai passi di montagna, queste piccole moto sono divertentissime grazie alla ridotta inerzia degli alberi motore, agli interassi corti, alle gomme strette, al basso peso e alla possibilità di spalancare il gas e di usare il motore fino al limitatore senza il timore di raggiungere velocità ingestibili. La sensazione è che le curve siano meno strette, con le 125.
La 24 Ore delle Alpi
Nel 2013 mi venne l’idea di attraversare tutte le Alpi, da Ventimiglia a Trieste, a botte di 24 ore da fare a ottobre e giugno di ogni anno. In ciascuna di esse provavamo quattro moto diverse, pescandole tra quelle che ritenevamo ideali per fare una prova simile. In tutto facemmo questa cosa sei volte, fino al 2016.
In una di esse ci dicemmo: “Perché non usare delle 125?”. Al momento di sceglierle, io pensai di fare la pagliacciata di chiedere alla Honda una MSX, altrimenti nota come Grom: una moto buffissima, con le ruote da 12” e una carrozzeria squadrata.
Ricordava un mezzo ancora più assurdo della stessa Honda, la Z, nata nel 1961 e uscita di produzione nel ’99. La Z era chiamata Monkey perché era talmente piccola che il pilota sembrava una scimmia, sopra di lei.
La MSX aveva un monocilindrico orizzontale a 4 marce, alimentato a iniezione (oggi la fanno a 5 marce). Il nostro programma prevedeva di affrontare i passi Monteceneri, Lucomagno, Flims, Fluela, Stelvio, Gavia, Vivione e Presolana. L’idea era partire da Milano venerdì sera, montare la tenda sul Lucomagno e poi farci il resto del percorso tra sabato e domenica, senza più andare a nanna.
La prima scommessa fu quindi bagagliare la piccola Grom, riducendo il bagaglio all’osso e ci riuscimmo. La foto UomoMezzo è stata scattata in riva al Lago Nero, sul passo Gavia (2.621 m). Le altre 125 erano la Yamaha MT, la KTM RC e il Suzuki Burgman, tanto per mettere alla frusta anche uno scooter.
La prova fu sorprendente. La Hondina era la meno potente in alto (8 CV alla ruota) ed era quella con la prima più lunga, avendo solo 4 marce, ma in salita era quella che tirava di più ai bassi regimi. Facemmo lo Stelvio (2.758 m) alle tre di notte e lei, in salita, staccò le altre moto.
Inoltre percorse qualcosa come 48 km con un litro, eravamo increduli. La Yamaha superava i 120 km/h effettivi e percorreva 43 km/litro. La KTM andava veloce uguale, faceva 32 km/litro ma era l’unica con l’ABS e noi trovammo tanta pioggia.
Il Burgman era noioso, come tutti gli scooter, ma andava forte come le altre, percorreva 30 km/litro, era comodissimo (e in 24 ore di fila la cosa ha molto senso) e in curva era molto efficace. Scoprimmo che bagarre pazzesche si possono fare, in discesa, con moto così piccole senza prendere i rischi enormi che correremmo a fare altrettanto con delle motone. Insomma, tra tutte e sei le 24 Ore delle Alpi quella con le 125 è stata, forse, la più divertente.
Céf Adventure, roba da supermotard
Si tratta di uno degli eventi adventouring più belli, come spiegavo nel mio articolo del 18 aprile 2025. Per l’edizione 2018 il mio amico Luca Nagini era senza moto e l’unica disponibile era una Aprilia SX 125, ovvero una supermotard equipaggiata con gomme stradalissime da 17” e lo stesso motore Piaggio della Derbi Terra Adventure.
La Céf prevedeva molte pietraie e tratti fangosi, quindi le gomme da strada da 17” erano assolutamente inadatte, ma Nagio voleva partecipare e così ha detto «Meglio così che niente». L’ego mio e di molti altri partecipanti è sprofondato perché, con questa moto, lui andava più forte di noi che avevamo i tasselli e motori da oltre 40 CV.
Se il pilota è bravo e la moto è bassa e leggera, si può assistere a veri miracoli. Questa è la curiosa Pietra Borghese sul Passo della Spingarda, in Liguria.
Il ritorno della Monkey
Io mi ero innamorato della Grom, ogni tanto avevo la tentazione di comprarla, ma poi Honda ha presentato la Monkey, che non era la riedizione della Z 100 del ’61, ma una Grom travestita. La prima Z aveva le ruote da 5” ed era stata ideata come moto da giostra. Poi è diventata una moto da usare veramente, con le ruote da 8” e il motore da 50 cc a 4 tempi. La Monkey del 2018 aveva il motore 125 e le ruote da 12” della MSX, ma la sospensione posteriore tradizionale e un’estetica completamente diversa.
L’abbiamo provata sul passo San Iorio, sopra il Lago di Como (le foto sono di Marco Marini) e la moto m’è piaciuta ancora più della Grom, perché è una vera e propria poltrona a rotelle. È comodissima di sella e di postura, con le gambe poco piegate: è incredibile usare il termine “spazioso” per un trabiccolo simile.
In curva era agilissima, un divertimento incredibile, e ha percorso fino a 55 km/l, ancora meglio della MSX. Difetti: era omologata per uno e la sospensione posteriore era molto peggiore rispetto al monoammortizzatore della Grom.
Nel 2019, Gianclaudio Aiossa è andato dalla Calabria a Capo Nord, per poi tornare indietro fino a Roma, con una Monkey, impiegando appena 18 giorni per fare 10.000 km, alla media di 560 al giorno. Trovate il racconto di quest’impresa su RoadBook 19.
L’apoteosi del viaggio in moto 125
Dopo undici Elefantentreffen cercavo nuovi stimoli e Nagio mi ha detto: andiamo a quello alternativo, l’Altes Elefantentreffen, che si tiene al Nürburgring e usiamo due 125.
Ho risposto di sì con entusiasmo perché mi esaltava l’idea di attraversare Alpi, Svizzera, Francia e Germania tutto per statali. Ma abbiamo avuto una doccia fredda quando abbiamo riflettuto sul fatto che il divieto di andare in autostrada con le 125 è un’anomalia italiana, perché in buona parte dell’Europa si può. A questo punto, non andare in autostrada sarebbe stata una forzatura, con conseguente crollo della poesia, ma siamo partiti lo stesso. E una delle due moto avrebbe dovuto essere una Monkey, che ve lo dico a fare?
Come seconda 125 ho scelto la Brixton Felsberg, una moto ideata in Austria su base cinese economica, ma con un suo stile da viaggio randagio che mi piace parecchio: per dire, aveva già i telaietti laterali per le borse.
Costava quasi la metà della Honda, era rifinita peggio, si vedeva che la qualità era diversa e consumava di più (28-33 km/l contro i 39-50 della Monkey carica di bagagli), ma io me ne sono innamorato. Oltretutto il viaggio è riuscito maledettamente bene, nonostante in Germania e Svizzera usassimo le autostrade. Ma le 125 ci affascinavano pure in quel contesto.
Quattro tappe, 1.800 km. Abbiamo passato il Sempione sotto la neve e i Vosgi su piste sterrate dentro le foreste, siamo passati per Berna e Strasburgo, sempre con queste motine che ci facevano sembrare Yoghi e Bubu.
Marciavamo tra i 65 e i 120 km/h di tachimetro a seconda del vento e delle pendenze (a sfavore o favore) e siamo anche riusciti a percorrere 700 km in un giorno, senza fare fatica. Del resto, i TIR non possono superare i 90 orari, eppure in un giorno attraversano l’Europa, no? Marciando così piano stavamo in prima corsia (che è sempre vuota), ci guardavamo intorno e chiacchieravamo con gli interfono, perché non c’era il rumore dell’aria in corsa a dare fastidio.
Molti amici ci hanno detto che eravamo scemi o che la nostra era una forzatura, ma lo giuro, ci siamo divertiti più che con delle moto “normali”. È stato un viaggio epocale, anche perché la pandemia da Covid-19 si stava già scatenando e, poco dopo il ritorno, ci siamo dovuti tappare in casa.
Dite la verità: non è bellissima la Brixton? Causa pandemia, “purtroppo non sono riuscito” a restituirla fino a giugno, quindi la sentivo sempre più mia. Ho anche pensato di prenderla per mio figlio adolescente, ma quello non faceva la patente e io non avevo molti soldi. Per cui, a un certo punto, la Felsberg è tornata a casa sua. Un giorno, in pieno lockdown, la polizia mi ha fermato chiedendomi perché fossi in giro. Quando gli dissi che sono un giornalista, l’agente mi gelò: «Ok, vada. Ma ha una moto di merda. Io giro in pista con la Suzuki GSX-R 1000, quella è una vera moto. La sua è un triciclo per bambini».
Nel 2023 c’è stata un’altra impresa che ha visto una Monkey partire dall’Italia per Capo Nord: aveva un serbatoio Acerbis da 108 litri (contro i 5,6 di serie) e lo scopo era battere il record mondiale di km con un solo pieno. L’impresa è andata in porto: la moto è andata avanti senza rifornimenti per 4.184 km, alla media di 39 km/l.
Uganda con moto 100 cc
L’ultima volta (per adesso) che ho usato delle motine è stato nel luglio del 2023 in Uganda, per seguire i motociclisti locali che portano le donne a partorire in ospedale. A piedi è lontano, in auto è tortuoso, le moto sono il top.
I mezzi erano quasi tutti delle Bajaj indiane da 100 cc dotate di selle lunghissime e tre paia di pedane per ospitare almeno tre persone. La leva di avviamento era morbidissima, fatta apposta per le ciabatte. Se calciavo con forza non partiva, se appoggiavo soltanto il piede sì.
Gli ammortizzatori posteriori avevano due molle ciascuno, una dentro l’altra, per le strade sterrate. Quelle che abbiamo usato in Karamoja erano tutte senza freni: laggiù sono pazzi e frenano coi piedi (ovvero con le ciabatte sullo sterrato).
Usare delle motine simili è divertentissimo, perché vivi in un mondo dove quelle sono le moto più potenti in circolazione e dove le strade sono sterrate, strette e tortuose, quindi non ti viene mai da desiderare qualcosa di più potente. Che sia questo il segreto della felicità?
Ultimo minuto: coincidenza incredibile, appena ho finito di scrivere quest’articolo m’è arrivato il comunicato stampa della nuova Honda CB 125 F 2026, ultima erede di un modello nato negli anni ’70. Di nuovo ci sono il colore grigio, il sistema start&stop mai visto prima su una Honda a marce e altre cosucce. Non ha una linea che fa girare la testa, ma dichiara 67 km/l e sarei veramente curioso di provarla solamente per vedere se batte i 55 reali della Monkey provata 7 anni fa.