Giro del mondo in moto: la Terra è una, le ricette tante

Desiderare di fare il giro del mondo in moto può essere per la caccia a un record, così come una lunga vacanza o addirittura una scelta di vita.

di Mario Ciaccia


Anni fa ho letto che esistono gli alpinisti da poltrona. Ovvero coloro che in montagna non ci vanno, ma adorano leggere di grandi imprese mentre stanno seduti comodi, con un cono di luce diretto sul libro, una tazza di tè bello caldo e biscotti tipo i Rigoli da intingere dentro. Bonus: un gattone sulle ginocchia.

Mi sono detto: ho tanti libri che parlano delle scalate agli ottomila (Aria Sottile soprattutto), ma non sono salito neanche sul Monte Bianco. Sono un alpinista da poltrona!

Poi mi sono reso conto che leggo dei rally africani fin da un Quattroruote del 1977, ma non ne ho mai fatto uno da pilota: sono un dakariano da poltrona. Infine, non posso nascondermi dietro a un dito. Finora ho letto dieci libri scritti da gente che ha fatto il giro del mondo, ma… che lo dico a fare? Avete già capito.

A essere sincero, c’è stato un periodo in cui ero sicuro che avrei fatto sia la Dakar sia il giro del mondo, ma sono entrato nella spirale del pochi soldi, poco tempo, figli, ecc. Quindi sono un world tourer da poltrona (non volevo ripetere “giro del mondo” troppe volte).

Siccome sono sicuro di essere in buona compagnia, immagino che non sarò l’unico a immaginarsi di poterlo fare, un giorno. Perché immaginare di poter fare una cosa, senza farla mai, è il segreto della vendita delle moto adventure. E se ti diverti a sognare di fare un viaggio simile, quale filosofia adotterai, dove passerai, quale moto pensi che potrebbe essere l’ideale?

Il segreto della vendita delle moto adventure

L’argomento mi acchiappa, godo proprio a leggere queste storie e mi immagino cosa farei al posto dei protagonisti. Ho letto dieci libri e articoli sulle riviste, ho visto documentari, ho vissuto in diretta il viaggio di Totò le Motò e penso, con una certa arroganza, di poter dividere i viaggiatori in tre categorie.

Giro del mondo in moto: “tacca sul fucile”

Alcuni vogliono fare questo viaggio perché subiscono il fascino della traversata da A a B, un po’ come se fosse un’impresa sportiva o una tacca sul fucile.

Massima fonte ispiratrice è il Phileas Fogg inventato da Jules Verne, che fece il giro del mondo in 80 giorni per scommessa (nella foto vediamo, da sinistra, Ibrahim Koma, David Tennant e Leonie Benesch, gli attori della miniserie del 2022).

A livello motociclistico, uno dei più rappresentativi di questa categoria è stato Lorenzo Piolini, che voleva fare anche lui il giro in 80 giorni, ispirato proprio da Fogg ed è partito nel 2013 con una Honda Transalp 600, ma ha sbagliato i conti e ce ne ha messi 79: 27.000 km alla media di 340 km al giorno.

Nello stesso anno Marcello Anglana s’è sparato un giro del mondo di 83 giorni e 34.000 km (410 al giorno) su una Honda Gold Wing.
E poi c’è Nick Sanders, una sorta di Ernest Shackleton: due esempi di avventurieri, separati da un secolo che, pur avendo una famiglia, non riescono a resistere al richiamo dei viaggi estremi.

Shacky viveva per il Polo sud, Nick per il giro del mondo. Ne ha fatti almeno sette, il più clamoroso dei quali in appena 19 giorni, su una Yamaha R1, nel 2005! Parliamo di 30.000 km, quindi 1.580 al giorno.

Quando ha fatto il record con la R1, come si vede, non ha percorso sempre autostrade. Invece la foto della Yamaha Ténéré si riferisce al mezzo giro del 2020. Mezzo perché, una volta arrivato in Australia, è stato blindato causa pandemia da Covid-19. Se trovate osceno il suo modo di bagagliare la moto, sappiate che lui fa così perché dice che le borse laterali rovinano l’estetica.

È chiaro che, a questi ritmi, la cosa che più ti interessa è fare in fretta, non puoi permetterti di approfondire luoghi o persone. Inoltre la scelta del percorso è la più logica e razionale per perdere meno tempo possibile.

Per cui Lorenzo Piolini, una volta tornato a casa, come reazione ha avuto quella di partire di nuovo, nel 2015, per un viaggio completamente diverso.

Ha preso una Honda Africa Twin 750 RD04 e ha attraversato le due Americhe, da sud a nord, impiegandoci un anno, senza fretta, andando in lungo e in largo e percorrendo 71.000 km. Nel 2020 ha raccontato a RoadBook un sunto dei suoi viaggi, quando si stava preparando per correre la sua prima Dakar.

Giro del mondo in moto: “poco tempo o pochi soldi”

La seconda filosofia è quella di chi vuole fare il giro del mondo perché vuole fare un bel viaggio e vedere tanti posti. Ma lo considera come una parentesi all’interno di una vita già stabilita, quindi ha esigenze di lavoro, di famiglia e di soldi, per cui deve porsi un limite.

I paletti sono dati da quanti soldi e quanto tempo ha per farlo, quindi anche in questo caso potrebbe cercare di fare la strada più corta possibile, ovvero limitandosi ad Europa, Asia e Nordamerica.

Tra i viaggi “non a scopo di record” più corti mi viene in mente quello di Anne-France Dautheville, che nei primissimi anni ’70 fece 20.000 km in un anno in sella a una piccola Kawasaki GA5 da 100 cc a due tempi: la prima donna della storia a fare il giro.

Mentre gli attori Ewan McGregor e Charles Boorman, nel 2004, hanno fatto 30.000 km in appena tre mesi e mezzo, ma non per battere record: avevano solo fretta. E avrebbero preferito stare in giro più a lungo.

Davide Biga si era dato un anno di tempo (tra il 2011 e il 2012) e tre punti di passaggio obbligatori: Capo Nord, Ushuaia e la traversata sud-nord del continente africano.

Da Capo Nord aveva fatto una sorta di diagonalone attraverso la Siberia fino al Giappone, mentre la maggior parte di chi fa il giro preferisce passare più in basso, ovvero Iran, Pakistan, India… Poi è sbarcato in Alaska, ha fatto due coast to coast tra Canada e USA ed è sceso giù giù fino alla Patagonia.

È andato tutto bene fino a Ushuaia, poi ha finito i soldi in maniera inaspettata e l’Africa l’ha affrontata soltanto dal Senegal in su. Aveva stimato di percorrere almeno 80.000 km, ma erano decisamente pochi se considerate che, pur tagliando via due terzi dell’Africa, ha superato i 90.000.

Tra i redattori di RoadBook ce n’è uno che ha tentato un giro del mondo, nel 2014: Antonio Femia, che ha viaggiato con la sua Fata Ignorante seduta dietro. I due in realtà sono noti presso i globetrotter come Totò e Peppina.

Come spiega lui: «Volevamo unire la mia curiosità sul mischione antropologico eurasiatico a quella di Peppina per il Sud America. I sud del mondo sono la parte del pianeta alla quale entrambi ci sentiamo più vicini e che, presumibilmente, ospita la più alta concentrazione di umanità, intesa come eterogeneità di pensiero e stili di vita. Entrambi abbiamo il prurito di vivere e vedere con i nostri occhi com’è davvero il mondo, andando oltre a quanto propinato dai media. Ed è anche la parte di mondo più economica da girare, per nostra fortuna».

Il programma era, quindi, abbastanza originale, se considerate che tagliava via il Nord America: Asia, Sud America e Africa. Nella foto sopra sono nel Kurdistan.

Giro del mondo in moto: “non voglio tornare a casa”

La tipologia più affascinante e “maledetta” è quella di chi non si dà limiti di tempo. Il viaggio non è più un mezzo (per andare da A a B) ma un fine, uno stile di vita. Ti piace viaggiare, è così che vuoi vivere. Oppure hai dei problemi a casa che non sai o non vuoi risolvere e il viaggio diventa una fuga, perché qualsiasi posto è migliore di casa tua.

Elspeth Beard si era appena laureata in architettura ma non sapeva cosa fare nella vita, era inquieta, non capiva la sua famiglia e viceversa, aveva un ragazzo ma ne rimpiangeva un altro. Così partì, nel 1982, senza avere ben chiaro quando sarebbe tornata, tanto che si fermò sei mesi in Australia a lavorare in uno studio di architettura.

Alla fine ci mise due anni e 56.000 km, ma a casa ci tornò. Ed è stata la prima donna della Gran Bretagna ad affrontare un viaggio simile.

Ted Simon è il fuoriclasse della categoria, non solo per i giri che ha fatto – clamorosi, ma non è stato l’unico – ma per la capacità che ha avuto di ispirare altri viaggiatori a fare come lui, tanto da creare una fondazione apposita.

Di “circumnavigazioni” del globo ne ha fatte due: una l’ha iniziata nel 1973, a 43 anni ed era chiaramente una fuga dalla realtà che stava vivendo in Europa, ma era anche molto interessato al rapporto umano e non aveva alcuna fretta di finire, tanto che appena poteva si faceva ospitare per intere settimane da perfetti sconosciuti. È stato uno dei pochi a toccare tutti e cinque i continenti e ha percorso 103.000 km 4 anni.

Nel 2000, 27 anni dopo, ha rifatto il viaggio, a 70 anni, ufficialmente per vedere com’era cambiato il mondo: e gli è piaciuto di meno quasi dappertutto. 95.000 km in 3 anni, ripassando per gli stessi posti.

Uno dei viaggi più impressionanti è stato quello di Gionata Nencini, toscano che, a 21 anni, in preda a una crisi esistenziale, ha comprato una Honda Transalp di terza mano a 800 euro ed è partito per un viaggio attraverso l’Asia fino al Giappone, quindi Australia, Nuova Zelanda e Americhe, per un totale di 8 anni e 298.000 km.

Un viaggio talmente lungo che si è fuso con la vita reale, dato che si è fermato più volte per lavorare, che il lavoro a un certo punto è diventato lo stesso andare in moto (come guida) ed è pure finita che in Cile s’è innamorato e ha avuto un figlio, cosa che non gli ha impedito di proseguire fino all’Alaska… senza ripudiare la famiglia.

Per ora mi fermo qui, ma capite bene come sia un argomento che si presta a infinite disquisizioni…