Monetti e Tartarini oggi, dal documentario "1 Mappa per 2"
Monetti e Tartarini oggi, dal documentario "1 Mappa per 2"

Giorgio Monetti: il mondo prima di altri

Chiacchierata con uno dei “padri” del motociclismo d’avventura, non solo nazionale. Giorgio Monetti, riservato ma coriaceo e appassionato motociclista, racconta di un viaggio epocale che, grazie anche alla trasposizione cinematografica, è diventato leggenda.

di Donato Nicoletti


Giorgio Monetti, classe 1932, insieme al compianto Leopoldo Tartarini, è il protagonista di 1 Mappa per 2, documentario che racconta di una vera e propria impresa motociclistica, d’altri tempi e con altri tempi. Portato a termine, non senza intoppi e problemi, tra il 1957 e il 1958, il giro del mondo dei due appassionati bolognesi è stato trasposto in pellicola grazie al paziente e determinante lavoro dei registi Roberto Montanari e Danilo Caracciolo.

Abbiamo rintracciato lo schivo, ma comunque disponibile, protagonista di quella fantastica e impavida cavalcata di 100.000 km attraverso paesi, continenti e strade spesso nemmeno degne di questo nome. Una vera e propria avventura ante litteram, compiuta con due piccole Ducati 175. Le moto vennero messe a disposizione direttamente dalla casa di Borgo Panigale per quella che oggi verrebbe definita operazione di marketing e che servì, effettivamente, per veicolare commercialmente il marchio bolognese e ampliare la sua rete di assistenza internazionale.

I due protagonisti viaggiarono con cinepresa da 16 mm e macchina fotografica al seguito per testimoniare il loro vissuto on the road. Ciò ha consentito, fortunatamente, che le loro gesta venissero rese immortali e potessero arrivare fino ai giorni nostri, sessant’anni dopo.

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RB: Negli anni che fecero seguito alla fine del secondo conflitto mondiale, il Paese si stava risollevando dal catastrofico epilogo bellico. Buona parte dello stivale non era che un cumulo di macerie, le infrastrutture ridotte all’osso e le strade forse in condizioni anche peggiori. Come avviene il suo avvicinamento al mondo della moto, o della motorizzazione, in un contesto così drammatico?

GM: Il mio avvicinamento al mondo della moto avvenne unicamente per il fatto che si trattava di un ottimo mezzo per poter viaggiare liberamente. Non vi ero particolarmente affezionato, lo consideravo solo un mezzo di trasporto.

RB: Lei ha sempre dimostrato interesse verso la scoperta e la conoscenza di altri luoghi, altre culture, che l’hanno portata a muoversi sulla strada precocemente. Ci racconta le sue prime esperienze di viaggio?

GM: La prima esperienza di viaggio la feci alla scoperta del Nord Europa, raggiunto con ogni mezzo, dall’autostop a moto prestate da amici – ricordo quella del fornaio dello Sterlino, una vecchissima Matchless targata BO142 che si disintegrò dopo circa un mese in Norvegia. Viaggiai anche con una Fiat Topolino Belvedere, nella quale dormivo con un sacco a pelo in quanto era una delle primissime familiari disponibili sul mercato; la pagai 762.000 lire, grazie ai risparmi accumulati con i regali di Natale di mia zia Emma Pasquini.

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RB: L’Emilia-Romagna è la “terra de mutòr”, dei miti Ducati, Ferrari, Maserati, Lamborghini. La passione per tutto ciò che si muove su ruote, a propulsione endotermica, è da sempre radicata nella popolazione. Non fecero eccezione nemmeno i giovani della sua generazione. Tra questi vi era anche Leopoldo Tartarini: come avvenne il vostro incontro?

GM: Poldino – Leopoldo Tartarini – era un amico d’infanzia. Lui correva in moto e io con le vetture turismo da me preparate. Ricordo che cominciai con una Fiat 600, alleggerita al limite massimo della rottura, con quasi un quintale di peso in meno.

RB: All’epoca, come oggi, guidare una motocicletta sottintendeva spesso un desiderio di cimento agonistico, di sfida coi propri sodali per dimostrare bravura e ardimento. Praticamente nessuno aveva ancora preso in considerazione l’idea di utilizzare la motocicletta per ampliare i propri orizzonti cognitivi ed esperienziali, lanciandosi all’avventura oltre i confini nazionali. Come nacque l’idea del giro del mondo e come riusciste a coinvolgere Ducati nel progetto?

GM: Io consideravo la motocicletta un mezzo per poter evadere. L’idea del giro del mondo venne a Poldino il quale, non potendo più correre in moto per un gravissimo incidente, mi propose di prospettare alla Ducati un giro eccezionale. La quale accettò, anche perché Leopoldo Tartarini aveva un negozio nel quale vendeva le moto Ducati per Bologna e provincia. La proposta venne posta direttamente all’amministratore delegato Giuseppe Montano, carattere dittatoriale ma entusiasta per le imprese fuori dal comune.

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RB: Quanto tempo vi occorse per la pianificazione/preparazione dei mezzi? Come vi organizzaste in ambito logistico e burocratico in un’epoca in cui le comunicazioni erano molto difficoltose, la tecnologia a un livello primordiale e le strade veramente impegnative?

GM: La preparazione durò 7-8 mesi, in collaborazione con il reparto corse Ducati da un punto di vista tecnico. Invece dal punto di vista logistico e burocratico venne coinvolta l’agenzia di viaggi Salvadori, che già collaborava con Ducati per la spedizione di moto all’estero. Realizzammo con Anconelli e Bortolotti – espertissimi meccanici del reparto corse – un prototipo che tuttora conservo, mai targato, con il quale feci le prime prove tecniche; è, di fatto, il primo prototipo di scrambler.

RB: Viaggiavate da soli attraverso alcune aree del pianeta che vivevano, in subbuglio, forti trasformazioni sociali. Avete mai corso rischi, vi siete mai trovati in situazioni di pericolo?

GM: Abbiamo corso rischi di tutti i generi, dall’incolumità personale fino alla galera. Viaggiando da soli, senza alcuna organizzazione alle spalle o informazioni, è il minimo che potesse capitare. Ma la fiducia nel prossimo è stata la medicina che ci ha aiutato a superare qualsiasi difficoltà.

RB: Il rapporto diuturno con Leopoldo ha mai avuto momenti critici? Siete mai stati sul punto di rompere il sodalizio e far fallire il progetto? Come avete fatto a superare i momenti negativi?

GM: Il rapporto con Poldino ebbe molti momenti critici, anche perché vedere sempre la stessa persona tutti i giorni per 24 ore, ti costringe a ingoiare parecchi bocconi amari. L’amicizia e la fiducia reciproca ci fecero superare qualsiasi momento, tanto che non abbiamo mai pensato di interrompere il sodalizio o di far fallire l’impresa.

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RB: Come gestivate l’aspetto economico, burocratico e tecnico in viaggio? Frontiere ostiche, problemi di fondi, difficoltà nel reperire i ricambi o provvedere a riparazioni per strada?

GM: L’aspetto economico veniva gestito da Ducati, la quale ci inviava dei dollari, tramite banca, nelle capitali dei Paesi che via via attraversavamo. Il difficile comunque era programmare le spese. Molte volte, a metà del viaggio tra una capitale e l’altra, restavamo senza una lira.

RB: Durante l’anno trascorso per strada c’è stato un accadimento, una situazione, che ha influito marcatamente sulla sua vita, che ha modificato la sua rotta esistenziale?

GM: Sicuramente l’incontro, al Consolato italiano di Melbourne, con quella che sarebbe diventata mia moglie. Vidi la sua foto sulla scrivania dell’allora console generale – era suo padre – e dissi a Poldino: vuoi scommettere che me la sposo? E, una volta tornato in Italia, così fu.

RB: Siccome i sogni non hanno età, così come lo spirito di chi li insegue, che cosa vorrebbe realizzare ancora Giorgio Monetti dopo aver visto il mondo prima degli altri?

GM: Ricordo che sulle scale di casa mia, all’età di sei anni, dicevo a mia nonna: non mi interessa niente della morte, perché ho la certezza di andare a stare meglio. Ho sempre pensato a questo episodio e, a maggior ragione, lo penso tutt’ora che ho ampiamente passato le ottanta primavere. Ora la morte comincia a farmi paura, per cui il sogno ricorrente che ho è di nascere con l’esperienza degli anziani e morire con la gioia e la spensieratezza dei bambini. Chissà che nell’aldilà non si possa riavvolgere il film della propria vita.

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Informazioni

Il documentario 1 Mappa per 2 dura 70 minuti e racconta lo straordinario giro del mondo in motocicletta di Tartarini e Monetti attraverso 5 continenti, 35 nazioni e 4 rivoluzioni; il trailer è disponibile cliccando sul pulsante play in alto. Può essere acquistato in DVD dal sito POPCult, oppure è disponibile come video on demand su Vimeo per lo streaming o il download.