Freedom, libertà

Durante il periodo di confinamento causato dall’emergenza epidemiologica, Giuseppe sfoglia una copia di RoadBook sul divano e la sua compagna Chiara dipinge ad aerografo sul muro di casa le riflessioni che fanno ad alta voce. Le riportiamo integralmente, insieme a qualche scatto dell’opera e a un video della lavorazione.

di Chiara Moramarco


Esiste un tipo di libertà molto difficile da individuare, talmente sottile che a malapena si riesce a cogliere. Si pensa sia una libertà che caratterizza in particolar modo i motociclisti, che siano proprio le moto che aiutino a sfiorare questa sensazione, che siano i viaggi perlopiù lunghi e lontani. Ma questa volta è stata soltanto un’illusione. Il Covid-19 ha messo a nudo molti dei limiti umani, molte delle cecità che ci ostinavamo a non abbandonare, quelle vecchie e rozze credenze che appesantivano il viaggio personale più importante della nostra vita: la vita stessa.

La quarantena ha praticamente raso al suolo quella libertà che ci si illudeva di godersi ogni qualvolta si saliva in sella. Ha fatto crollare ogni concetto di fusione tra noi e quello spudorato senso liberatorio che si ravviva a ogni cambiata di marcia, a ogni tornante, guado, sterrato, panorama, paesino fantasma, capre sui tetti, lupi sui monti e tutto quello che sul momento non viene mai in mente a parole ma solo a immagini.

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Eppure, questa libertà molto difficile da individuare esiste ancora. Non cade come un castello, non scompare con un virus mondiale, non si frantuma con una sporadica quarantena. È una libertà che fa paura anche a chi la raggiunge, perché raggiungerla significa stare molto attenti a non volerla possedere: semmai dovesse esserci un minimo impulso a volerla fare prigioniera del proprio piacere, allora non può più definirsi libertà e noi non potremmo che cadere vittime di un’altra menzogna.

Quello spudorato senso liberatorio che si ravviva a ogni cambiata di marcia

Le regole ci impongono di seguire una determinata linea, una visione collettiva che deve ridimensionare una parte del nostro ego per il bene di tutti. Le regole che ci sono state dettate nel periodo di emergenza epidemiologica hanno avuto lo stesso fine: il bene per tutti. Il prezzo che abbiamo pagato è stato sopportare un netto sradicamento dalle nostre abitudini, anche quelle sulla sella.

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Quando questo avviene con un senso di coscienza, quando si ha consapevolezza che le regole sono fatte per il bene di tutti, allora siamo molto vicini a quel tipo di libertà. Quando le regole – restrittive in questo caso – non ci demoralizzano, non ci annoiano, non ci rendono nervosi o dispersivi, rabbiosi e risentiti, allora sì, potremmo essere persone libere. Quando tutte le regole, qualunque esse siano, giuste o sbagliate, non vanno a intaccare la nostra integrità, la nostra fermezza interiore, ebbene, siamo persone libere.

È come andare in moto: bisogna rimanere concentrati su ogni tipo di strada, bella o brutta che sia. La strada che percorriamo può subire interruzioni, deviazioni, imprevisti, ma non arreca danno al nostro stile di guida. Il danno si crea nel momento in cui vogliamo imporre il nostro stile di guida a una stradina che del nostro stile di guida se ne frega: che ci piaccia o no, siamo noi costretti ad adeguarci al suo andazzo. Su una bella strada, invece… beh, lì è sufficiente respirare e la strada si srotola da sé.

Il danno si crea nel momento in cui vogliamo imporre il nostro stile di guida a una stradina che del nostro stile di guida se ne frega

La nostra integrità morale non può che giovarsi di ciò, anzi si rafforza e ci spinge sempre più a cercare un equilibrio tra la regola e noi, tra la strada e noi. Questo tipo di libertà non viene violata da nessuna deviazione, perché ha alla base una solida fermezza d’animo, una preparazione, un allenamento a rimanere sempre ricettivi e concentrati, magari in piedi sulle pedane; a essere focalizzati su un tragitto, una meta, col bacino in linea al motore, il petto in avanti a seguire i moti del cuore e le ginocchia flesse per tenere unite entrambe le parti del nostro corpo, quella salda e quella selvaggia.

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Quando si ha coscienza di questa così sottile libertà, ci si sente liberi persino in gabbia, persino in quarantena. Perché questa libertà forse l’abbiamo persa molte volte in passato cadendo e sbucciandoci le ginocchia, ma l’abbiamo sempre riconosciuta in qualche modo innata dentro di noi, altrimenti non avremmo nemmeno provato ad alzarci in piedi su quelle pedane. Proprio perché è (in)nata libera, è una libertà che non appartiene a nessuno ma la possono avere tutti.

Ci si sente liberi persino in gabbia

C’è stato un momento molto intimo dove mi ero resa conto che il Covid-19 non mi aveva imposto in definitiva alcuna regola, non ci aveva interrotto nessuna strada. Il dipinto sul muro non era ancora completato, il mio compagno lo guardò e con tono pacato e silenzioso come quei lunghi giorni di quarantena, disse: «hai portato in casa quello che facciamo fuori».

«Hai portato in casa quello che facciamo fuori»

Ebbi timore di rimanere senz’aria, perché le prigioni dell’ego non aspettano altro che un passo falso del nostro abboccare. Così obiettai: mancano gli scoiattoli che rosicano le ciabatte, le volpi a rubare il cibo di notte, le notti insonni perché l’ululare era a valle e non più sui monti, i cani pastore a far da guardia alla tenda, persino la tenda era troppo grande per stare lì nel corridoio. Mancavano queste immagini nel dipinto, esso stesso era un’illusione, un inganno.

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In quel momento particolare mi resi conto di aver raggiunto quel tipo di libertà. Smisi di strutturare quelle immagini come dei ricordi da dover pescare al primo campanellino di nostalgia e li lasciai non schedati in qualche parte isolata della mente. Perché i ricordi, così come la natura stessa, ogni tanto hanno bisogno anche loro di rimanere un po’ da soli, di essere lasciati in pace con la loro riservatezza.

La strada che stavamo percorrendo era bella, seppur con l’interruzione epidemica, così semplicemente respirai e davanti a noi si srotolò la strada che non avremmo mai smesso di percorrere assieme perché c’è solo un’unica meravigliosa regola che seguiremo nonostante le deviazioni della vita: la vita stessa.

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