Quattro stagioni in quattro foto (più una)

La quinta è perché dovevo metterne una in copertina. Ma lo scopo è celebrare tutti i periodi dell’anno, ciascuno con un’immagine che provi a raccontarli.

di Mario Ciaccia


Ogni tanto faccio una specie di gioco a carte: siccome abbiamo quattro stagioni e ciascuna ha il suo perché, mi diverto a selezionare quattro foto che raccontino l’inverno, la primavera, l’autunno e l’estate, come se fossero quadri, cuori, fiori e picche.

Non devono essere le foto più belle, ma quelle che raccontano la stagione nella maniera più eclatante. Possono farlo con i colori oppure ricordandomi eventi che lego indissolubilmente al periodo dell’anno in cui sono accaduti. Adesso ne metto quattro, tutte legate a giretti in moto.

Inverno: quanto mi manchi

Inizio dall’inverno, che è la mia stagione preferita. Ma solo se fa l’inverno, quindi con la neve, il cielo cupo, i ghiaccioli, la nebbia. E un Agnellotreffen sotto la neve non fa primavera (ma che figata di battuta mi sono inventato?). Altrimenti, se non fa troppo freddo, non succede nulla che mi smuova gli ormoni.

Le giornate di bel tempo con temperature sopra lo zero le trovo orrende, con i colori smorti e il sole pallido. Nella mia città, Milano, ho sempre goduto di inverni fatti come si deve, ma ultimamente sono uno più squallido dell’altro. Quest’anno non ha mai nevicato e ha pure fatto poca nebbia. Sono disgustato.

Ecco, questo per me è come dev’essere l’inverno. Siamo in Francia, poco dopo Fix-Saint-Geneys, su un passo innominato a quota 1.120 e stiamo andando al Millevaches, uno dei raduni più profondamente invernali, nel cuore della Francia. Se godo a vedere questa foto è perché la neve fresca è una delle cose che più mi rendono felice al mondo, ma c’è altro.

Il Millevaches si svolge nella prima settimana di dicembre, a fine autunno, ovvero durante il sabato del villaggio dell’inverno. Deve ancora arrivare il Natale, siamo solo agli inizi di una stagione che ogni anno spero sia devastante. Per cui ritrovarmi a guidare in fresca durante un viaggio bellissimo, all’inizio della mia stagione preferita, mi mette in una condizione di benessere inaudita.

E non è finita: quei tre erano i miei migliori amici. Eravamo noi quattro: abbiamo fatto un sacco di cose memorabili, insieme. Ero convinto che saremmo durati in eterno. Invece uno è morto, uno s’è stufato e uno è diventato troppo papà. Per cui a questa foto attribuisco un significato enorme.

Primavera: deve esplodere

Amo l’inverno ma, a un certo punto, è bello che finisca e che la Terra si riprenda dallo shock. Conoscete tutti la sensazione gioiosa di quando il cielo torna a essere blu, i prati esplodono di verde, l’aria si fa mite, i fiori esistono e un calabrone vi si infila dentro gli slip. Per molti motociclisti ciò significa riattivare l’assicurazione e riportare la moto in superficie dopo averla mummificata per cinque mesi.

Ma solo chi va in moto tutto l’anno sa quale goduria immensa sia quello zik che ti fa dire «Non è più inverno, è primavera». Lo senti nell’aria e lo senti nelle gomme, che non devono più temere le chiazze di umido. In montagna tale momento è ancora più esaltante quando vedi che la primavera si scatena in basso, mentre in alto c’è ancora la stagione precedente.

Quindi, se penso a una primavera dirompente eccola qua: la Forcella Pani in Carnia, maggio 2021. Si tratta di uno dei passi più intriganti di quella che considero la zona più intrigante delle Alpi.

E ci siamo arrivati dopo un viaggio allucinante, in cui non abbiamo fatto altro che prendere pioggia battente sugli Appennini in Toscana, nel delta del Po e sui magredi del Friuli. Ma poi, la mattina del quarto giorno, ha smesso e lo spettacolo era questo.

Estate: le giornate lunghe

La cosa che più mi piace dell’estate è che le giornate si allungano e viene voglia di cenare all’aperto. Sembra banale, ma è meraviglioso perché sono quelle cose che ti fanno dire che la vita è bella. Il difetto di questa stagione è che, a differenza delle altre, quando ero ragazzino me la godevo molto di più.

Il 30 maggio finiva la scuola e avevo quattro mesi pieni di vacanza. Non avevo i soldi e la patente per guidare fino a Ulan Bator, ma era esaltante tornare a casa e sapere di avere davanti 120 giorni senza dover studiare. Adesso, che quando va benissimo le settimane sono tre, ho sempre rimpianti in stile Nanni Moretti con i pomeriggi di maggio che non torneranno mai più.

Ma anche tre settimane di ferie vanno bene per farsi un viaggio in moto. La foto è stata scattata in Albania nell’agosto 2005, quando non sapevamo nulla di questo Paese, non conoscevamo nessuno che ci fosse stato e giravano leggende assurde, tipo che ci fossero bunker dappertutto. Per me questa è l’estate: il mare, la moto, la spiaggia e un posto ignoto tutto da esplorare.

Ah, anche quella in apertura è una foto che celebra l’estate. Lì sono sulla spiaggia di Pinamar in Argentina, dove è normale andare in moto sul bagnasciuga senza che i bagnanti ti sputino addosso. Quei pescatori erano esaltati dalla Beta RR 450, rarissima laggiù (era il febbraio del 2005).

Autunno: il foliage

Foglie rosse a tutta manetta, da ricoprire un’intera strada. L’autunno sono i primi freddi, la speranza di un grandissimo inverno, l’inizio della stagione dei tè e delle cioccolate calde. Sta diventando la mia stagione preferita, visto che l’inverno tira sempre il pacco.

Questa foto è della fine dell’ottobre del 2018, perciò quando la mostravo agli amici facevano «Ooooh!». Adesso una buona metà di voi dirà «Ma è chiaro, è intelligenza artificiale».

In realtà un effetto simile lo si poteva ottenere anche con Photoshop e persino nel 2018. Comunque fidatevi, la strada era davvero così. Siamo tra Ponna e Boffalora, salendo al rifugio Venini, sopra al Lago di Como.

Vi è piaciuto il giochino? Pensate che figata sarebbe veramente giocare a carte usando le foto delle stagioni.