È stata inaugurata il 10 ottobre a Mies, sul Lago di Ginevra, la nuova sede della FIM (Fédération Internationale de Motocyclisme); alla cerimonia hanno partecipato, tra gli altri, il pluricampione del mondo Giacomo Agostini e l’amministratore delegato della Dorna Carmelo Ezpeleta.
di Klaus Nennewitz
L’evento si è svolto alla presenza di circa 400 ospiti, ai quali i costruttori e gli operatori hanno ripetutamente sottolineato la sostenibilità dell’intero progetto. Sono stati utilizzati prevalentemente materiali riciclati e rispettosi dell’ambiente, che soddisfano i severi standard ambientali svizzeri.
Nelle parole del presidente Jorge Viegas «La nuova sede permette a tutti coloro che lavorano in FIM e al motociclismo in tutto il mondo di beneficiare di una struttura che soddisfa le loro esigenze. L’architettura è dinamica e vibrante, come l’esperienza del motociclismo; le volute trasparenze della costruzione riflettono la mia visione della FIM: un edificio che respira, uno spazio dove più sogni possono diventare realtà». Il nuovo edificio, costato circa 17 milioni di euro, ospita anche il FIM Tech Lab, dedicato allo sviluppo della tecnologia e della sicurezza in moto.
La Federazione è stata fondata nel 1904 e da oltre 30 anni ha la sua sede operativa a Mies, rappresenta 121 federazioni nazionali ed è l’autorità suprema per gli eventi motociclistici internazionali. In quanto tale assegna oltre 150 titoli mondiali e premi ed è responsabile di oltre 600 gare ed eventi ogni anno.
Nella sede centrale lavorano 54 dipendenti fissi in ambito amministrativo, mentre 400 sono le persone impegnate nelle varie commissioni e sui circuiti. CEO della FIM dal 2021 è la Svizzera Françoise Emery.
Abbiamo approfittato dell’occasione per porre qualche domanda al presidente Jorge Viegas, classe 1956, ex pilota e fondatore della Federazione Motociclistica portoghese; dopo aver ricoperto diversi ruoli nelle commissioni FIM, ne è diventato presidente nel 2018. Nel 2022 è stato confermato per un secondo mandato e potrebbe arrivare al terzo (e ultimo) turno nel 2026.
RB: Presidente Viegas, qual è la sua ambizione per la nuova sede della FIM qui a Mies?
JV: La nuova sede era necessaria perché siamo cresciuti molto e avevamo bisogno di un laboratorio tecnico per le omologazioni: non possiamo essere la federazione internazionale di uno sport di altissimo livello e rimanere come 50 anni fa.
Il precedente edificio diventerà un museo di moto da corsa di tutte le discipline; l’inaugurazione sarà il 6 dicembre 2025 perché voglio invitare tutti i campioni del mondo che quel giorno saranno a Losanna per i FIM Awards. La prima esposizione ospiterà la collezione di moto da cross di Giuseppe Luongo.
RB: Qual è la missione della FIM?
JV: La federazione si fonda su tre pilastri principali: lo sport, il turismo e la mobilità. Per quest’ultimo abbiamo una rappresentanza a Bruxelles che ci permette di essere vicini al Parlamento europeo e aiutare le moto a “sopravvivere”.
Siamo coinvolti in tutte le legislazioni che riguardano le moto e questo è molto importante anche se non è visibile. Inoltre facciamo lobbying per la sicurezza stradale, che è il lato meno conosciuto della FIM.
Come nuovo progetto, inizieremo un processo di omologazione delle moto da corsa d’epoca che è molto ambizioso. In tutto il mondo ci sono molti collezionisti di moto d’epoca ed è molto difficile dimostrare quali esemplari siano davvero originali: l’anno scorso a Goodwood ho visto sette repliche della Suzuki RG 500 di Barry Sheene, ma solo una era vera.
Stiamo creando una sorta di certificato per ogni moto da corsa e consegneremo un diploma ai proprietari delle moto.
RB: Quali sono stati i suoi progetti principali da quando è stato eletto presidente della FIM nel 2018?
JV: Volevo creare un’organizzazione trasparente, totalmente democratica e aperta perché siamo qui per servire tutti. Credo che il pubblico percepisca questa filosofia e che il nuovo edificio la rappresenti bene.
Riguardo ai numeri puri: quando sono subentrato nel 2018, la FIM aveva un fatturato annuo di 18,5 milioni di euro, oggi sono 33 milioni, mi pare un risultato piuttosto buono. Gli introiti della FIM derivano dai diritti commerciali e televisivi che vendiamo ai promotori, che in questo momento sono 15, dei quali è Dorna il più importante.
Il contributo delle federazioni nazionali alla FIM è forse l’1% del nostro budget, mentre le licenze dei piloti non raggiungono nemmeno il 10%. Viviamo di contratti commerciali, dei nostri sponsor e di progetti come l’omologazione dei caschi per le competizioni.
Abbiamo gli standard più alti al mondo per i caschi: se i produttori vogliono la nostra certificazione devono contribuire economicamente al progetto. Cerchiamo di vivere con i nostri progetti e non con le licenze dei piloti: se confrontate con quelle delle auto, le nostre sono molto più economiche.
RB: Qual è il Paese al mondo con il maggior numero di licenze nelle corse motociclistiche?
JV: La Francia conta il maggior numero di piloti ed eventi, seguita da Italia e Spagna. Questi tre Paesi rappresentano quasi il 75% dei piloti nelle gare internazionali.
Per interesse personale tengo conto di tutti i punti conquistati ogni anno dalle nazioni nei campionati mondiali di tutte le discipline: negli ultimi cinque anni la Spagna è stata la migliore quattro volte e l’Italia una volta. Il conteggio parte dal 1949 e all’inizio i migliori erano spesso l’Inghilterra, la Germania o gli Stati Uniti.
RB: Come forse saprà, gli sport motoristici non sono più percepiti in modo positivo dall’opinione pubblica in molti Paesi. Cosa state facendo per contrastare questo sentimento?
JV: Si può fare molto, ad esempio abbiamo iniziato tre anni fa con la Mini GP. Sono solo i primi passi, ma servono a convincere la gente che questo sport diventa sempre meno pericoloso. Il mio obiettivo è quello di rendere il motociclismo accessibile e molto più sicuro, dando a chiunque la possibilità di correre.
Abbiamo circa 10.000 licenziati nei Campionati del mondo, di cui circa il 16% sono donne; la percentuale è molto aumentata negli ultimi anni e tutte le discipline principali hanno ora classi dedicate alle donne.
RB: A partire dal 2035 nell’Unione Europea non si potranno più immatricolare nuove auto con motore a combustione interna…
JV: … se le cose non cambiano. Sono molto scettico sul fatto che i motori a combustione interna saranno aboliti nel 2035, perché la cosa potrebbe rivelarsi un grande disastro. In questo momento l’industria sta soffrendo molto, parliamo di centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Credo nel cambiamento climatico, al quale tutti dobbiamo reagire con soluzioni diverse, anche i politici. Penso che si debba andare nella direzione delle emissioni zero, certo, ma utilizzando anche l’idrogeno e i carburanti sintetici che permettono alle auto di rimanere come sono, perché i soli propulsori elettrici non possono essere la soluzione.
Continueremo a organizzare le gare per le moto elettriche, ma sono consapevole che l’interesse del pubblico è parziale: quando la MotoE scende in pista durante gli eventi della MotoGP gli spettatori sono meno attratti rispetto alle altre categorie. Questo perché mancano i suoni e gli odori che sono una parte importante delle corse.
RB: Quando avete firmato il contratto con Dorna fino al 2060 avete considerato gli scenari futuri con la possibilità di cambiamenti molto importanti ?
JV: Quando Dorna mi ha contattato perché stava negoziando un’acquisizione avevamo già un contratto fino al 2043; con loro c’è una collaborazione molto buona e stiamo attraversando tempi estremamente difficili, chi può sapere cosa succederà nel 2043 o addirittura nel 2060?
L’accordo che abbiamo siglato ha rappresentato un gesto di fiducia che mi permette di lasciare la FIM in una buona situazione finanziaria e con un contratto a lungo termine. Si tratta del nostro accordo più importante, visto che normalmente con i promotori facciamo contratti di 5+5 anni.
RB: Molti anni fa c’è stato un atto di liberalizzazione che ha permesso ai piloti di partecipare a eventi nazionali senza una licenza della federazione nazionale. Si trattava di uno sforzo per promuovere il motociclismo come sport popolare?
JV: In Portogallo (come in altri Paesi, n.d.r.) avevamo iniziato a dare licenze giornaliere che permettevano ai piloti di partecipare a singoli eventi senza la necessità di una visita medica. Per chi voleva provare a correre a livello amatoriale c’era un’assicurazione speciale creata per questo scopo; ciò che non dovremmo permettere sono quelle che io chiamo “corse pirata”.
Definisco così le gare dell’Isola di Man e Macao, le gare internazionali del campionato su strada come quella in Germania dove a settembre è morto un noto pilota e giornalista italiano. Insieme ai gestori dei circuiti investiamo milioni di euro per rendere le piste più sicure, non dovremmo permettere che si svolgano gare senza i minimi requisiti di sicurezza.
Perché, quando muore un pilota, tutti poi cominciano a dire che «le moto sono pericolose». Dobbiamo stare attenti alla sicurezza e per questo, in ogni gara di MotoGP, mandiamo sul campo decine di persone che costano tanto: il direttore di gara, i commissari, lo staff medico, il responsabile della sostenibilità. Lo facciamo perché le gare devono essere corrette e sicure.
RB: Signor Viegas, sarebbe felice di accettare un terzo mandato come presidente della FIM nel 2026?
JV: Questo lavoro è molto impegnativo, sono in viaggio circa quaranta fine settimana all’anno per seguire le gare sui circuiti. Se avrò ancora cose da fare, e se sarò motivato e in buona salute mi candiderò per un terzo mandato.