Bagdad Café. Se lo conosci, lo cerchi

Ci sono film che colpiscono l’immaginario, diventano emblematici di situazioni e stati d’animo fino a diventare modi di dire, e Bagdad Café è uno di questi. Ma c’è, da noi, un posto simile?

di Mario Ciaccia


Se avete visto il film, questo articolo sarà di facile comprensione. Altrimenti, cercherò di spiegarlo. È stato girato quasi 40 anni fa (1987) dal regista tedesco Percy Adlon (morto lo scorso marzo) e la protagonista è un’attrice tedesca, Marianne Sägebrecht, che interpreta una donna tedesca.

Ma la location, che è la vera protagonista del film, di teutonico non ha nulla. Non sappiamo cosa questa tizia stia facendo nel deserto del Mojave (California), sulla mitica Route 66: è in auto con suo marito e la pellicola inizia con una litigata piuttosto violenta tra i due, tanto che si separano. Lui prosegue con l’auto, lei viene abbandonata in mezzo al nulla con la sua valigia.

Cammina per un po’ e arriva in una stazione di servizio composta da pompe di benzina, bar e motel. Stop.

Intorno non c’è assolutamente niente: è una tipica situazione americana, tanto più che il signore che vive lì e di cui la nostra tedesca diventerà amica è interpretato da un divo dei film western, Jack Palance.

La ricetta del “vero” Bagdad Café

Lei arriva in questo posto e finisce per viverci. Ma lo spettatore è subito ipnotizzato dal concetto di “cellula abitativa confortevole in ambiente ostile” che rende così affascinanti i rifugi di montagna, le stazioni scientifiche in Antartide, le piattaforme petrolifere in mezzo all’oceano e la vostra tendina piantata sotto una tormenta di neve, ma con voi già belli caldi dentro al sacco a pelo. La ricetta di questo film consta di ingredienti tipici della mitologia on the road che ci piace vedere tutti insieme.

  1. È un luogo confortevole nel deserto.
  2. È l’unico posto abitato nel raggio di decine di km.
  3. È il punto di riferimento e una tappa obbligata per chiunque stia attraversando quel deserto, quindi non può fare a meno di fermarsi per la benzina, il cibo, l’acqua, il sonno.
  4. Molta della gente che passa di qui vive nei dintorni, quindi conosce bene la donna che gestisce la stazione di servizio. Sono quasi amici, si fermano per chiacchierare volentieri, c’è quindi una situazione di sintonia, complicità e fratellanza dovuta al fatto che è l’unico luogo di ritrovo in mezzo a una natura ostile.
  5. Questa condizione di rifugio in mezzo al nulla affascina alcune persone, che si sono stabilite a vivere nel motel. Alcuni fuggono da qualcosa, altri sono eremiti.

Una tipologia umana particolarmente sensibile a questa pellicola è quella dei motociclisti. Ci scommetto un paio di bretelle in platino che almeno una volta nella vita vi siete resi conto di essere in un Posto simile, con la P maiuscola: isolato, necessario, protettivo, vissuto e affascinante.

A me e alla mia compagna, Paolina, il film è piaciuto tantissimo: per la trama, per com’è girato, per la struggente canzone Calling you di Jevetta Steele, bella sia come musica sia come testo. Per cui, quando ogni tanto finiamo in un posto simile, ci guardiamo e diciamo: «Questo è un Bagdad Café».

Ma dove sono questi posti? Non sono (ancora) stato al Bagdad originale, che si trova a Newberry Springs in California. Con Google Earth lo si vede così, lungo la Route 66. Pensate che in Siria, sulla strada tra Palmira e Damasco, c’è un posto molto simile. Non per caso, si chiama Bagdad Café 66.

In Marocco, io e Paola siamo approdati al bagdad café che vedete qui sopra. C’erano 43 gradi all’ombra e noi stavamo viaggiando in bicicletta tra Ouarzazate e Boumalne Dades, per cui eravamo cotti e c’è sembrato veramente di arrivare a un’oasi nel deserto. Ma un bar rinfrescante o un rifugio col camino fumante non bastano per fare di un posto un bagdad café.

È anche difficile dare una definizione esatta. È una cosa che “senti” e che non stabilisci ragionando freddamente. Dev’essere un posto necessario per andare avanti, quindi con benzina e rifornimenti, e dove sia obbligatorio fermarsi, per riprendere morale ed energie. E dev’essere il punto di riferimento di un ampio spazio vuoto.

L’Argentina, specie nella Ruta 40, m’è sembrata la tesi di laurea dei bagdad café. Questo di seguito è Bajo Caracoles come l’abbiamo visto scollinando durante una traversata in fuoristrada. Un villaggio sorto intorno a una stazione di posta per cavalli, che oggi vende cibo e benzina. La parola magica: emporio.

Son quei posti dove arrivano ‘sti camion spettacolari, pieni di bestiame. Soprattutto, ci arrivano motociclisti di questo genere: è un lupo solitario che era partito mesi prima da Londra e stava andando a Ushuaia, con una delle moto da viaggio che più mi mandano gli ormoni in circolo, la KTM 640 LC4 Adventure.

Era il 2005. Un mezzo così, con quelle gomme e così carica, non permette di affrontare un fuoristrada molto più tecnico rispetto a quello fattibile con una bicilindrica (anche se la targa potrebbe illuderci del contrario: Pio Mud). Ai tempi attuali, lui sarebbe in sella a una KTM 890 LC4c Adventure e se la passerebbe meglio. Ma perché se io vedo uno fare dei viaggi di tale livello con un mono mi commuovo?

Il mio bagdad café preferito si chiama La Siberia e lo amo perché c’ho dormito. La benzina te la vendevano in taniche. Gli edifici erano in lamiera ondulata azzurra. Il vento era perenne e faceva vibrare il metallo. Passavi il tempo accompagnato da questo tactactac perenne. La gente che si fermava erano camionisti del posto (“del posto”, in Patagonia, significa che magari vivevano 1.000 km più su) o viaggiatori di qualsiasi genere in auto, moto o bicicletta.

Un posto pazzesco. Come cucina asado, asado e ancora asado, la carne più buona che abbia mai mangiato. Ma c’era una povera pecora di nome Pepe che girava tra i tavoli in quanto animale domestico, dando confidenza a tutti, simpaticissima. Come può la Natura avere fatto diventare buono da mangiare un animale così adorabile?

Il mio bagdad café preferito si chiama La Siberia

Questa foto di 20 anni fa è un delirio, meriterebbe un articolo apposta. Il primo da sinistra è uno statunitense in tenuta da superpippo che sta viaggiando su una BMW R65. Insieme a lui c’è Pepe.

Il terzo è l’importatore delle Beta in Argentina che sta partendo in piena notte per una missione di soccorso con coperte, acqua, cibo e benzina perché deve gestire una spaventosa figura di merda: i clienti del viaggio da lui organizzato sono dispersi in mezzo alla pampa, perché la guida ingaggiata per portarli in giro è un deficiente.

Il quarto è il proprietario della Siberia. Io sono qua e non in mezzo alla pampa perché ho un mal di denti spaventoso e ho viaggiato nella notte in cerca di un antidolorifico.

Ma da noi ci sono i bagdad café?

È da quando ho visto il film che sto cercando un posto simile in Italia. Chiaramente da noi mancano i deserti sconfinati, quindi bisogna essere più sottili con il ragionamento, altrimenti da bagdad diventano bad gag (ah ah, ho fatto la gag).

Ci vuole un posto che si trovi comunque al centro di una zona spopolata e che sia un riferimento per i viaggiatori di passaggio. Ma non dev’essere un rifugio o una pizzeria, non solo quello… Beh, per adesso ne ho identificati due, che m’è venuto da inserire nella categoria soprattutto per il contesto.

Questo è il motoraduno più nevoso che mi sia mai capitato, nel febbraio 2016, su al passo del Sempione in Svizzera, a 2.005 m di quota. Già di suo il passo presenta le caratteristiche del bagdad café, ma tutta quella neve spingeva i motociclisti a stare fermi lì e a scaldarsi dentro l’albergo circolare.

Un pollo arrosto è per sempre

Quella sotto invece è la stazione di servizio che si trova sul Passo Tascusì (NU) in Sardegna, a circa 1.220 metri di quota, sulle pendici del Gennargentu. Ci sono passato almeno tre volte, tra il 2004 e il 2024.

La prima volta ero da solo, stavo facendo una traversata coast to coast in fuoristrada per i fatti miei.

Nel tardo pomeriggio arrivai da questo benzinaio e ci trovai un ragazzo che mi fece una festa grandiosa. Disse che ero la prima persona che si fermava lì in tutta la giornata. Moriva dalla voglia di fare due chiacchiere e mi offrì un pollo arrosto. Mi fece sentire a casa, mi venne voglia di stabilirmi in qualche nuraghe dei dintorni e di passare da lui periodicamente sia per fare benzina, sia per vedere un amico.

Nel 2009 ci sono ripassato, il ragazzo non c’era più e non è passata neanche un’auto. E poi ci sono tornato nel 2024, in occasione della traversata delle tre isole con le Honda Africa Twin. Ho scoperto che accanto al distributore è sorto un ristorante, quindi è ancora più un bagdad café. E anche in questa occasione non abbiamo incrociato automobili.

Infine, una mia amica trova che l’area di servizio del passo Citerna, sul vecchio tracciato dell’Autostrada del Sole tra Bologna e Firenze, stia diventando anche lei degna dell’elenco, perché non ci passa più nessuno, essendo stata aperta la più veloce Variante di Valico (un po’ come succede nel cartone animato Cars).

A suo dire, la gente che lavora lassù ha un atteggiamento diverso rispetto a qualsiasi altro autogrill d’Italia. Non so cosa dire a riguardo perché io, colpevolmente, ogni volta che passo di lì ho in mente di fare la vecchia autostrada, invece cedo al mito del FrettaFretta e passo di sotto.