Appunti – Piste azzurre e piste nere

di Dario Tortora


Su questo numero di RoadBook vi racconto della 1000 Sassi, un evento che si svolge su strade a fondo naturale – come tanti altri – ma con la caratteristica di essere studiato per essere accessibile anche a chi è alle prime armi e si trova nella condizione di voler provare a guidare fuori dall’asfalto, ma non vuole rischiare di farsi male o di provocare costosi danni alla moto.

Scrivendo l’articolo ho netto il ricordo di quanto fossero semplici le tracce proposte dagli organizzatori, ma ho anche ben in mente diverse scene di partecipanti impacciati su tratti che a me sembravano tutto sommato privi di difficoltà. Lungi da me il pensiero di canzonarli, visto che era comunque superiore il numero di coloro che in sella erano assai più disinvolti di me, ma questa semplice osservazione mi ha stimolato un parallelo con la pratica dello sci alpino.

Per indicare il crescente livello di difficoltà, nei vari comprensori sciistici si usa classificare le piste con tre gradazioni di colore (azzurra, rossa, nera) e qualsiasi sciatore è tenuto a valutare in anticipo se è in grado di affrontare la discesa in base alle proprie competenze. Certo il sistema non è infallibile, essendo lasciato all’autogiudizio del singolo e non tenendo conto di fattori variabili come le condizioni dell’innevamento o l’affollamento di persone, ma è un buon punto di partenza.

Non si pensi che la classificazione sia una decisione arbitraria delle varie località turistiche; al contrario vanno seguiti i parametri stabiliti dal D.Lgs. 40/21 relativo alla gestione delle aree sciabili attrezzate, che elenca i criteri con cui valutare le piste (fondamentalmente le pendenze medie longitudinali e trasversali).

Va in questa direzione una recente iniziativa del CER Lombardia – Escursionisti Lombardi Su Ruote, un’associazione che promuove diverse attività legate al mondo del fuoristrada su due ruote improntate a valori di legalità, educazione e buonsenso.

Davide Rota, il presidente e principale animatore dell’associazione, sta proponendo la diffusione di una “scala di difficoltà enduristica” basata su diverse caratteristiche del percorso: è articolata in dieci livelli di difficoltà a seconda del tipo di fondo, della pendenza del tracciato e della presenza di eventuali ostacoli.

È una proposta sicuramente suggestiva e ricordo che tempo fa un lettore ci chiese qualcosa di simile per le tracce che pubblichiamo sulla rivista. Temo però che la cosa sia difficilmente attuabile con dei criteri oggettivi e quindi condivisibili per tutti.

Una scala di difficoltà enduristica basata su diverse caratteristiche del percorso

Innanzitutto le piste da sci sono un ambiente circoscritto, controllato e curato regolarmente, a differenza delle strade a fondo naturale o, peggio, dei sentieri nei boschi; perché la classificazione si mantenga coerente nel tempo sarebbe necessario un lavoro di sopralluogo e manutenzione che nessuno si prenderebbe la briga di fare: ricordo infatti che le società che gestiscono gli impianti di risalita si sobbarcano questo onere perché poi vendono gli skipass.

A questo si aggiunge l’estrema soggettività delle difficoltà, in un ambiente molto variegato e quindi più difficilmente categorizzabile: c’è chi è terrorizzato dal fango e chi dalle discese, chi guarda i guadi con sospetto anche se sono profondi pochi centimetri e chi – come il sottoscritto – sulla sabbia non sa proprio cosa fare e inizia a zampettare senza vergogna (sì, lo so che “basta andare a più di 80 km/h”, ma il mio problema è arrivarci, a 80).

Insomma, troppi fattori in gioco e troppe sensibilità personali per riuscire a giungere a un risultato accettato universalmente. Però l’idea di partenza rimane allettante e la discussione è sempre benvenuta: chissà che non si riesca a individuare una formula utilizzabile per la nostre scampagnate motociclistiche.

Editoriale pubblicato su RoadBook 44