Appunti – Musi ispiratori

di Marco Manzoni


Qualche giorno fa ho riletto il Cose Che Capitano di Luigi pubblicato sul numero 27 e mi ha fatto ancora ridere nonostante lo ricordi praticamente a memoria.

Quindi ho pensato che avrei potuto raccontarvi anche io qualcosa di esilarante, romanzando un aneddoto degli ultimi tempi. Ad esempio, avrei potuto confidarvi di quella volta che arrivato al benzinaio, dopo un paio di manovre, pensando di avere già estratto il cavalletto laterale ho steso una moto del parco stampa davanti alle pompe di benzina.

Oppure di quando una sera, in un alberghetto di montagna, ho appoggiato a terra accanto al letto casco e completo da moto, ritrovandoli la mattina successiva pieni zeppi di formiche, migliaia di formiche! Ci ho messo circa un’ora per toglierle tutte.

O ancora, avrei potuto dirvi di quella volta che ho sbagliato a verificare le misure di un completo sul sito del produttore e ho dovuto poi realizzare un servizio vestito con l’abbigliamento di tre taglie più grandi…

Insomma, ci stavo ragionando su, ma poi ho guardato l’ultimo episodio di sempre di The Grand Tour su Amazon Prime ed è stato spazzato via tutto. Certo, si tratta di una trasmissione di automobili, ma insieme al precedente Top Gear è stata protagonista della mia vita di appassionato di motori praticamente da sempre. Non potevo non parlarne.

In questo episodio finale, intitolato One For The Road, Jeremy Clarkson, Richard Hammond e James May, dopo ventidue anni di collaborazione raccontano un’ultima grande avventura insieme attraversando lo Zimbabwe. Piccolo spoiler: sul prossimo numero di RoadBook, ci sarà un nostro racconto che finisce esattamente nello stesso luogo in cui finisce il loro, allo stesso baobab!

Non posso esimermi dal fare un’ode all’eccellenza qualitativa di tutta la produzione, semplicemente perfetta. Tecnicismi a parte, anche l’aspetto emotivo ha giocato una parte rilevante e sono inesorabilmente caduto preda dell’effetto nostalgia. Mentre scorrevano le immagini rivivevo gli innumerevoli ricordi e le grandi emozioni che i tre conduttori hanno saputo regalare a me e ad altri milioni di persone in tutti questi anni.

In questo vortice di commozione malinconica, oltre a sentirmi ovviamente molto invecchiato rispetto al me ventenne che guardava i primi episodi, ho iniziato a fantasticare su una sorta di parallelismo con RoadBook.

La nostra non è una rivista di moto

Consapevole delle dovute proporzioni, mi sono ritrovato a ragionare sul fatto che noi replichiamo su questa rivista un format analogo: raccontando di avventure in sella, divertenti, avvincenti e apparentemente spensierate. Ci prodighiamo per regalare un po’ di quello stesso svago dall’attitudine sognatrice che Clarkson, Hammond e May hanno interpretato e trasmesso egregiamente negli anni.

Chissà se riusciremo ad avere una carriera altrettanto longeva ed entusiasmante: pensandoci, il nostro “Capitan Lento” ce l’abbiamo, quello entusiasta che si fa male ce l’abbiamo (anche se a turno questo ruolo ce lo siamo girato tutti) e non manca il leader burbero e rompiscatole… Anche lo spirito con cui realizziamo queste pagine è il medesimo del trio inglese, un insieme di entusiasmo, professionalità e voglia di raccontare quanto di bello è possibile incontrare per strada.

Certo, il loro piglio, il carisma e lo humor britannico sono qualcosa di inimitabile, ma analogamente a Top Gear e a The Grand Tour, quello che ci contraddistingue nel mercato delle riviste di moto è che la nostra non è una rivista di moto, come la loro non era una trasmissione prettamente di automobili. Raccontiamo viaggi, esperienze e avventure… in moto.

Cose Che Capitano pubblicato su RoadBook 45