Appunti – Esotismo al contrario

di Donato Nicoletti


L’ermetica riservatezza che mi porto dietro dall’adolescenza ha sempre indotto il sottoscritto ad affrontare la promiscuità e i luoghi di pubblica frequentazione come i camaleonti: immobile e silente con il preciso scopo di camuffarmi con l’ambiente per il timore di sentirmi inadeguato al momento e al contesto.

Il fenomeno ha sempre avuto una pesante ascendenza sul mio modo di affrontare la socialità, facendomi erroneamente brancolare nel buio laddove, spesso, era la luce abbagliante a impedirmi di vedere.

Questa “disfunzione comportamentale” ha seguito la mia ombra ovunque mi sia trovato a interagire con altri bipedi senzienti, o presunti tali, portandomi a considerare questi atteggiamenti come parte integrante del mio bagaglio antropologico, della mia caratterizzazione sociale.

L’avvento della motocicletta ha contribuito, seppur in maniera molto lenta e dilatata nel tempo, a snellire quella pesante corazza difensiva di cui mi ero irragionevolmente dotato.

Meta dopo meta, viaggio dopo viaggio, il dover interagire con gli altri in prima persona per necessità mi ha portato ad affrontare contesti culturali differenti, per non parlare delle barriere linguistiche, con il risultato di palesarmi agli interlocutori, a Dakar, Ulan Bator o a Java, come un moderno cavaliere di ventura che sfida l’ignoto delle strade (dove ci sono) alla ricerca di chissà quale perigliosa e vana gloria.

Ai loro occhi diventavo il soggetto esotico che avanzava tra mille insidie su uno sbuffante cavallo di ferro. Ciò infondeva al contempo ammirazione e tenerezza, perché costoro faticavano a spiegarsi come mai il tizio che avevano davanti non si fosse procurato, come farebbe chiunque, un più comodo e conveniente biglietto aereo per arrivare al loro cospetto.

Invece, spinto dall’inesauribile sensazione di leggerezza e consapevolezza che la moto mi ha sempre donato, ho percorso la strada per sovvertire i luoghi comuni che vogliono inquadrare la motocicletta come giocattolone per bambini maggiorenni e non come potenziale strumento di crescita.

Dover interagire con gli altri in prima persona per necessità

Ed è stata proprio la strada a portarmi a vestire i panni di soggetto esotico al contrario. Accade in Thailandia, quando durante la Phuket Bike Week mi venne assegnato il premio di motociclista arrivato da più lontano con il proprio mezzo.

In quel frangente, su un palco davanti al pubblico mentre spiegavo chi ero, da dove venivo e cosa ci facessi da quelle parti, mi resi conto di essere il punto di messa a fuoco di centinaia di occhi, uno che arrivava da un’altra dimensione culturale portando con sé un’aurea inusuale, appunto esotica.

E, mentre parlavo, sentivo di aver perso gran parte dell’imbarazzo, del timore, della paura di sentirmi al centro dell’attenzione: evidentemente la moto mi ha fatto percorrere molta più strada di quanto potessi immaginare.

Cose Che Capitano pubblicato su RoadBook 47