di Donato Nicoletti
Buona parte della potenza economica del Giappone è dovuta alla ferrea disciplina con cui vengono allevati i suoi sudditi, per i quali l’efficienza del Paese viene prima di tutto, anche della propria vita privata, delle aspirazioni, dei desideri.
Ognuno segue alla lettera i rigidi dogmi educativi imposti fin dalla tenera età, perché un giapponese non può cadere in fallo, pena lo screditamento personale ma soprattutto la deplorevole e inaccettabile dequalificazione della comunità professionale e sociale a cui appartiene.
Questo può spiegare perché in Giappone vi sia un numero ingente di persone in lotta contro l’alienazione, la depressione e il desiderio di togliersi di mezzo. La disperazione è il prezzo che paga chi non è in grado di sottrarsi a questo status quo che alimenta un meccanismo contorto e dispotico, annichilente e ben poco umanitario.
Ma, come ovunque, ci sono le anomalie – non necessariamente deleterie – e Makiko Sugino è una di queste. La incontro mentre vago per il Giappone in moto; ella mi scrive invitandomi a passare qualche giorno da lei a Takashima, prefettura di Shiga. Makiko vive in un campo dentro una serra autocostruita senza elettricità, acqua corrente o riscaldamento. A farle compagnia ci sono Buchi e Shiro, due vetusti cavalli che la mia ospite ha salvato dal macello.
Se la sua casa è anomala, la storia di Makiko non è da meno: impiegata alla Sony, era una presenza costante nel campionato nazionale di motocross. Poi, dopo un brutto ruzzolone, i medici le consigliano di lasciar perdere la moto; lei molla tutto, inforca la sua Kawasaki 250 e gira il mondo per tre anni.
Lasciata la verdina defunta per strada torna in Giappone, recupera un altro trabiccolo di pochi cc e riparte; via per altri due anni. Rientra per la morte del padre, vende tutto quello che ha e parte per la Mongolia, vivendo con i nomadi locali per diversi mesi.
Una serra autocostruita senza elettricità, acqua corrente o riscaldamento
Tornata in Giappone decide di stare ai margini della società, perché per lei la libertà di pensiero e di azione sono più importanti di ogni altra cosa, anche della socialità spesso artefatta e vuota dei nostri tempi.
Rientrato in Italia ho mantenuto nel tempo i contatti con Makiko che, dopo aver esaurito il suo interesse per la vita bucolica agreste, due anni fa ha letteralmente mollato gli ormeggi salpando su una piccola barca verso il Pacifico meridionale. Le sue ultime notizie la danno in Indonesia, intenta a seguire la sua coerenza in direzione ostinata e contraria.
Cose Che Capitano pubblicato su RoadBook 44